IV

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Beverly Nesselman era nata in un paesino della campagna tedesca al confine con l'Austria. L'inglese perfetto era merito della mamma americana, la quale aveva conosciuto suo padre durante un viaggio a Vienna. Era stato amore a prima vista e lei era tornata negli Stati Uniti quanto bastava per mollare tutto, studi compresi, e tornare dal suo amore. Poco istruiti ma tremendamente innamorati, si erano trasferiti in campagna e avevano aperto un agriturismo, dove lei e le sue tre sorelline erano cresciute. Mi raccontò della vita semplice a cui era abituata, di come il canto del gallo la svegliasse troppo presto ogni mattina, di come desse una mano ai genitori nella gestione dell'agriturismo, di come facesse colazione ascoltando il brusio degli ospiti e talvolta li conducesse lei stessa in giro per la proprietà. Mi disse che era così che aveva imparato a non aver paura di parlare davanti agli altri, neppure agli adulti, perché spesso doveva relazionarsi con loro e loro stessi, trovandola così spigliata, spesso cercavano la sua compagnia. Mi parlò del suo pony (sì, aveva un pony), dei giochi che faceva con le sue sorelle, in particolare con Peggy, che aveva appena un anno meno di lei, e di come a volte, quando aveva bisogno di stare sola, si rifugiava all'ombra di una vecchia quercia e di come durante la bella stagione, se portava con sé un libro e una ciotola di mandorle, potesse restare lì ore ed ore a leggere indisturbata. Mi parlò anche di questo, del suo amore per la lettura: leggeva qualunque cosa, letteratura tedesca, inglese, francese e italiana, ma anche libri di scienze, biologia, fisica e tantissimi romanzi. Era l'unica in casa ad apprezzare la lettura e per questo, solo grazie a lei, le loro librerie si erano riempite di volumi che non fossero i libri di cucina di sua madre. Snocciolò una valanga di  nomi, spesso in tedesco, di attività, luoghi, persone, autori e tutto ciò che era stato parte della sua infanzia.
Era andata nella scuola del paese fino alle medie, ma era così portata per lo studio che i professori suggerirono ai suoi di mandarla a studiare in città e così, appena quattordicenne, aveva iniziato a fare da pendolare per frequentare il miglior Gymnasium (così si chiamavano le superiori austriache, mi spiegò) che Vienna potesse offrire.
A sedici anni era abbastanza grande da vivere da sola, così, pur con grande dispiacere, decise di trasferirsi perché non riusciva più a tenere il ritmo delle tre ore di treno avanti e indietro ogni santo giorno. Tornava a casa ogni fine settimana ed era una vera festa, era così bello rivedere la sua famiglia, farsi coccolare dai genitori, giocare ancora con le sorelle e fare il pieno dei rumori, dei sapori e degli odori a cui era abituata e che tanto le mancavano nel suo appartamento in città.
Ma nonostante ciò la vita in città le piaceva: per la prima volta in vita sua poteva visitare musei, chiese e gallerie d'arte, perdersi nei milioni di volumi di enormi biblioteche, confrontarsi con persone con i suoi stessi interessi e imparare sempre di più. Mi disse che si sentiva come una spugna in quel periodo, pronta ad assorbire tutto ciò che stimolava la sua attenzione e curiosa di scoprire, di imparare. Aveva degli amici simpatici e arguti e un ragazzo, Johann, ed era felice. Erano stati gli anni più felici della sua vita, ammise.
E poi, quasi inaspettatamente, il liceo era finito, le cose erano cambiate e lei aveva deciso di volare lontano. Cosa intendesse dire con "le cose erano cambiate" mi sarebbe stato chiaro solo tempo dopo, in quel momento non mi feci molte domande sul perché avesse deciso di venire a studiare in Canada, e fui sorpreso piuttosto dal sentirle dire che scegliere cosa studiare era stata una vera sfida. Per me c'era stata sempre e solo una strada possibile, ma per una come lei, che aveva dimostrato di essere predisposta per tutto, ma proprio tutto, la decisione non era stata altrettanto obbligata. Mi spiegò che poteva sembrare una fortuna, e forse lo era, ma allo stesso tempo l'idea di poter essere qualunque cosa l'aveva fatta sentire un po' come non essere assolutamente nulla.Alla fine aveva scelto di studiare astronomia. Perché le piacevano le stelle, mi disse.
Aveva preso in considerazione di andare in Arizona, dove aveva ancora la nonna e qualche altro parente, ma poi aveva preferito un posto nuovo e più lontano possibile da chiunque facesse parte della sua vecchia vita.
Quello era il suo secondo anno lì ed era felice della sua scelta: le piaceva la città e l'università, si trovava bene nel campus, le piacevano tutte le materie e la maggior parte dei professori, così come lei piaceva a loro. Aveva un'amica stretta, una certa Emily, tra le ragazze che vivevano con lei e andava d'accordo con tutti gli altri. Sentiva i suoi genitori ogni giorno, anche se non sentiva più la mancanza di casa come un tempo. Ogni tanto andava a trovare sua nonna a Phoenix e ogni tanto una cugina veniva a trovare lei lì, ma per il resto passava la maggior parte del tempo a studiare e le andava bene così.
- Mi piace qui. Tutto sommato, sono felice.
Concluse il suo racconto, mi guardò negli occhi per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare e fu allora che realizzai. Fu allora che capii perché non avevo potuto fare a meno di passare il pomeriggio con lei e perché mi sentivo attratto da lei in modo così singolare, diverso da tutti i tipi di attrazione che avevo provato prima. Realizzai che in fondo lo avevo sempre saputo, già quel giorno al supermercato, quando (ora lo capivo) avevo desiderato ardentemente di proteggerla da me e da quello che le avevo fatto senza volerlo.
La conoscevo davvero solo da qualche ora, ma non ero mai stato così certo di nulla in vita mia. Mi ero totalmente, irreparabilmente perso nella bellezza dell'anima quella ragazza. Mi ero innamorato di Beverly Nesselman.

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⏰ Last updated: Sep 10, 2022 ⏰

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