𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 2.

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«No, grazie. Posso farcela da sola.»

Le sue labbra carnose sono distese in un'espressione che mi viene da definire bizzarra.
Il ragazzo che ho davanti vanta sicuramente una bellezza unica, ma anche in qualche modo inquietante.

La sua risata riempie le mura e per un momento mi stranisco, guardandolo confusa.
Qualcuno ha fatto qualche battuta?
Nel corridoio ci siamo solamente noi, e io non ho aperto bocca.

Il castano fa un passo avanti, risultando ancora più imponente.
Io sono un metro e settanta e mi sono sempre sentita alta, ma in confronto a lui sono un tappo.

Riprovo ad aprire l'armadietto ma questo sembra aver deciso di farmi fare una pessima figura, perché ancora una volta non si apre.

«Sicura che non-»

«Ce la faccio, grazie.»

Ma il maledetto armadietto colorato di blu non sembra volersi aprire.

Sbuffo. «Piccolo stronzo.» sussurro sottovoce, maledicendo quel dannato metallo.

Un colpo secco spezza improvvisamente l'aria, provocandomi un lieve sussulto.
Una mano grande e bianca mi sfiora il viso e si scontra con il metallo, facendo così in modo che quest'ultimo si decida ad aprirsi.

«Ecco.» accompagna quella semplice parola con un tono che a me appare quasi compiaciuto.

Osservo prima l'anta aperta, poi la soddisfazione sul suo viso pallido. «Ce l'avrei fatta anche da sola.» specifico, prima di prendere il libro che mi serve e richiudere l'anta con uno schiocco veloce.

Trattiene un sorriso. «Non ho nessun dubbio al riguardo.»

I suoi occhi affilati mi fissano senza esitazione, eppure non riesco a sentirmi a disagio.
La sua presenza mi provoca uno strano senso di calma, diversamente dal suo sguardo compiaciuto che mi irrita parecchio.

So che si chiama Damian, perché ho sentito pronunciare il suo nome durante qualche appello, ma non ricordo il suo cognome.

Noto dopo pochi istanti che il castano ha allungato una mano verso di me, mantenendo il palmo aperto.
Dovrei stringergliela ma impiego qualche secondo per allungare la mia.

Lui spezza il silenzio, facendo risuonare la sua voce roca e profonda per le mura del corridoio, riempito solo da noi e alcuni studenti che conosco solo di vista. «Damian Barnes.»

Allungo la mano e i nostri palmi si incontrano. Vengo una scossa da un leggero brivido a causa della freddezza della sua pelle.

«Ci conosciamo già, no?» lo fisso.

«Come?» sembra aver capito male.

«Frequentiamo alcuni corsi insieme.» specifico.

Rilassa le spalle ampie, coperte dal tessuto grigio topo del maglione a collo alto che indossa. «Oh, certo, certo. Ma non abbiamo avuto modo di presentarci nel modo giusto.»

Annuisco. «Amabel.»

Damian mi guarda, in attesa. «Amabel ... ?»

«Hunt. Amabel Hunt.»

«È un piacere conoscerti, Amabel.» pronuncia il mio nome come se lo stesse assaporando.

Una ragazza dai capelli ricci e voluminosi ci passa accanto e mi rivolge un sorriso in segno di saluto. È Jasmine, la cugina di Raya. Frequenta il primo anno ma è già molto conosciuta a scuola per il suo carattere frizzantino e allegro.
Ricambio il saluto, prima di riportare lo sguardo su Damian, rendendomi conto che quest ultimo mi sta praticamente fissando.

Sono sicura di non averlo mai visto prima, perché onestamente non è poi così semplice scordarsi di un ragazzo alto quasi due metri e dai tratti non tipici americani. Eppure...

«Hai un'aria familiare» rifletto ad alta voce. «Ho come l'impressione di averti già visto prima, ma non ho la minima idea di dovrei potrei averlo fatto.» ammetto.

Lui non sembra particolarmente sorpreso dalla mia domanda, però aggrotta le sopracciglia.

«Io sono sicuro di non averti mai vista prima, Amabel Hunt. Anche perché, in tutta onestà...» si umetta le labbra carnose. «Non credo sarei in grado di dimenticare una come te.»

«Una come me?» ripeto, confusa. «Cosa intendi?»

All'improvviso sento il cellulare vibrare nella tasca. Quando lo tiro fuori, trovo un messaggio da parte di Sarah.

Dove sei?

Mi sono totalmente scordata della lezione.
Parlare con Damian mi ha rapita a tal punto da dimenticarmi del motivo per il quale mi trovavo qui. Assurdo.

«Dovresti andare a lezione, ci vediamo presto, Amabel Hunt.»

E così come è apparso, se ne va, mostrandomi la sua schiena ampia allontanarsi sempre di più, fino a scomparire del tutto.

Ci vediamo presto? Frequentiamo la stessa scuola, è ovvio che ci rivedremo.

Questo Damian Burnes è un tipo tutto da scoprire, ma al momento non ho il tempo o la voglia di captare cosa cela dietro il suo carattere enigmatico.

Raggiungo la classe, giusto in tempo prima che arrivi la professoressa e raggiungo il posto accanto a Sarah.

«Come mai ci hai messo così tanto?» domanda curiosa.

«L'armadietto non si apriva.» mi limito a dire, senza farle sapere del mio incontro con il nuovo arrivato.

La mia amica annuisce, dopodiché la lezione inizia e cerco di prestare attenzione alle parole della donna alla cattedra.

Black as my soulWhere stories live. Discover now