Chapter 5 - Part1

Comincia dall'inizio
                                        

Lui continua a fissarmi, e all'improvviso sono anche io a corto di parole.

I due dietro di noi cominciano ad ansimare, e trattengo l'impulso irrefrenabile di scavarmi una fossa e seppellirmici per sempre.

-Dobbiamo... uscire di qui. – riesco finalmente a dire, e Gerard annuisce debolmente.

Apriamo la porta bianca dalla quale lui è entrato, e ci chiudiamo per sempre quella scena alle spalle.

O quasi.

Rimaniamo fermi, immobili nel bel mezzo del corridoio accecante e vuoto. Io ho lo sguardo piantato sui miei piedi nudi, come se fossi più interessato alle linee del mio alluce che a ciò che succede attorno a me.

Gerard è davanti a me, e mi sta fissando sicuramente. Non lo so cosa vuole dio ma perché deve sempre volere qualcosa da me io non ho niente da dargli non ho niente io non sono niente e lui non è niente per me, assolutamente.

Sto di nuovo andando alla deriva.

Fermatemi.

-Frank, anche tu ti eri ritrovato in un corridoio simile a questo?

D'accordo, una domanda semplice. Posso farcela. –Sì – dico, riuscendo ad alzare lo sguardo e ad incontrare per una frazione di secondo i suoi occhi.

-Cosa... cosa hai visto?

Non voglio dirgli cosa ho visto. Non voglio.

-Ho visto il giorno in cui ci siamo conosciuti – balbetto infine tutto d'un fiato, sputando fuori le parole.

Qualche istante di silenzio. Posso sentire la tensione, posso quasi toccarla. Aleggia tutt'intorno a noi, e ci opprime pesando sulle nostre spalle.

Alla fine lo vedo annuire. – Dobbiamo trovare gli altri. – è quello che dice soltanto, e comincia a camminare su e giù per il corridoio, con le mani dietro la schiena, riflettendo.

Lo conosco, e so che quando Gerard pensa è come se il mondo si fermi. C'è soltanto lui nella sua testa, che cerca di collegare i pezzi del puzzle, e guai se lo interrompi anche soltanto respirando un po' più rumorosamente.

Perciò rimango in silenzio ad osservarlo parlare ad alta voce.

-Il fatto è che se io provenivo da una porta opposta alla tua, i nostri corridoi dovrebbero essere paralleli, e se c'è una stanza che ha messo in comunicazione noi due, deve esserci anche una stanza che ci mette in comunicazione con Ray e Mikey, giusto?

Annuisco piano, non sapendo cosa dire. Siamo passati dall'imbarazzo più totale a me che assecondo i suoi pensieri, ma è sempre meglio di affrontare l'argomento di ciò che abbiamo visto qualche minuto fa.

-Perciò dobbiamo solo trovarla! – esclama alla fine, come se avesse ricevuto l'illuminazione.

Lo guardo, poi guardo le decine e decine di porte che ci aspettano.

Uh, beh, la fa facile lui.

Poi Gerard viene verso di me, e mi prende per mano. Mi prende per mano, stringendomela forte, e mi guarda dritto negli occhi. –Andiamo.

E lo seguo. Certo che lo seguo. Come potrei non seguirlo.

Non so dire quante porte apriamo nell'ora successiva. So soltanto che non ci fermiamo un attimo, correndo da una stanza all'altra, evitando di soffermarci troppo sulle scene del passato.

In una stanza ci ritroviamo ad un nostro concerto ai tempi della danger days era, con Gerard e il suo fisico pazzesco e i capelli rosso fuoco e quell'aria da pervertito che non vedo nei suoi occhi da una vita.

Ci ritroviamo proprio lì, in mezzo alla folla, mentre sul palco ci siamo noi che suoniamo The Only Hope For Me Is You, e il Frank del passato lancia sguardi al Gerard del passato, e c'è Ray che è epico e Mikey fighissimo ed è tutto troppo bello perché possiamo rimanerci anche soltanto un secondo di più.

In un'altra stanza ci siamo noi nel nostro vecchio van, con un Gerard appena sveglio che tira giù dal letto Mikey e il vecchio me che prepara il caffè e Ray che dorme sul divano ed è una scena troppo intima, troppo nostalgica, troppo troppo troppo.

Non c'è nemmeno bisogno di dirlo, non c'è nemmeno bisogno di guardarci. Ci richiudiamo la porta alle spalle e ne cerchiamo un'altra. E no, non ci voltiamo a guardare indietro.

Nell'ennesima stanza che apriamo, c'è il mio matrimonio con Jamia. In un'altra, poco tempo dopo, c'è il matrimonio di Gee con Lynz, dietro le quinte di uno dei concerti dei Linkin Park, e poi ancora io e Ray e Mikey che andiamo a casa di Gerard per portare regalini a Bandit appena nata, e poi ancora Gerard che gioca con i miei figli, e poi ancora un'intervista ai tempi di bullets, e poi di nuovo avanti nel tempo, nella danger days era, in un'intervista in cui parliamo di MCR5 e dei nostri progetti futuri.

Non so come faccio a sopportare tutti questi ricordi. Non so come faccio a non crollare, a non inginocchiarmi e prendermi la testa tra le mani e urlare basta basta basta, è troppo e non posso reggere più.

Non so come ci riesco. Forse è perché Gerard non mi lascia mai la mano. Me la tiene stretta per tutto il tempo, e oh dio, gliene sono così grato. Ci facciamo forza a vicenda, e mi rendo conto, mentre lo guardo trascinarmi verso l'ennesima porta, che non succedeva da anni.

Non succedeva da anni. Io e lui, insieme, che ci sosteniamo l'un l'altro.

L'ultima porta che apriamo è diversa dalle altre.

Non so dire cosa la differenzi, ma lo sento. Lo sento non appena mettiamo piede nella stanza. Lo sento dall'atmosfera cupa e pesante che respiriamo appena entrati, e poi lo capisco vedendo le altre due porte bianche una di fronte a noi e l'altra sulla parete di sinistra.

È questa.

È la stanza che collega tutti noi.

E quando vedo entrare anche Mikey e Ray, e quando i nostri sguardi si incrociano e poi ritornano sulla scena che si sta svolgendo sotto i nostri occhi, è impossibile non capire.

Era ovvio che questa fosse la fine della nostra ricerca.

Questa è la fine, in tutti i sensi.

Questo è il giorno in cui i My Chemical Romance si sono sciolti.

EntropyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora