Chapter 5 - Part1

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Non sentivo nulla. Proprio nulla.

 Ed era così bello. Era proprio ciò che desideravo. Era il paradiso, e io credevo di stare per raggiungerlo.

Dio, quanto ero idiota.

La porta della mia camera si spalanca subito dopo, lasciando entrare Alicia. Eravamo già in crisi a quei tempi, e tutta quella situazione non fece che allontanarci ancora di più.

-Mikey! – urla subito, correndo verso il me sdraiato sul letto, ignorandomi totalmente. Capisco che sono completamente invisibile, e in un certo senso non so se esserne grato o infastidito.

Vorrei dire ad Alicia che mi dispiace. Vorrei abbracciarla e dirle che mi dispiace, mi dispiace tantissimo.

Ma non posso fare nulla di tutto questo, perciò mi limito a guardarla mentre cerca di sollevarmi dal letto, piangendo e urlando e cercando a tentoni il cellulare sul comodino. La guardo digitare il 911 con dita tremanti e aspettare una risposta.

-Pronto... sì, mio marito... credo... credo che lui...  è sul letto, non riesco a svegliarlo, sembra... sì, credo... c'è della cocaina sul tavolo, credo sia in overdose, non lo so, io... d'accordo, la ringrazio – Alicia chiude la chiamata e si lascia cadere sul letto accanto a me, sospirando e portandosi le mani al viso per asciugarsi le lacrime.

La vedo inspirare ed espirare a fatica, cercando di calmarsi. La vedo voltarsi verso di me e scostarmi una ciocca di capelli dagli occhi, e poi provare a rianimarmi invano spingendo ritmicamente con le mani sul mio petto.

Oh, Alicia.

Quanto ti ho fatto soffrire.

So che i soccorsi arriveranno a minuti, e che verrò trasportato in una stanza d'ospedale dove miracolosamente riusciranno a rianimarmi. Non voglio rivedere tutto questo.

Non voglio.

Chiudo gli occhi, scacciando via il dolore, ed esco da questa stanza degli orrori.

So che non voglio assolutamente, so che non devo e che al contrario la cosa da fare è cercare una dannata uscita, perché è ovvio che queste porte non conducono da nessuna parte, se non negli angoli bui del mio passato.

Ma lo faccio.

Apro un'altra porta e mi ci infilo dentro.

Questa volta, la stanza in cui mi trovo non la riconosco a prima vista. Poi, man mano che mi guardo intorno e mi abituo all'ambiente circostante, inizio a capire.

Sono nella clinica di disintossicazione, e questa è la stanza dove ho passato il mese più orrendo della mia vita.

C'è un letto al centro, con le lenzuola pulite e immacolate e un paio di fumetti impilati sul comodino affianco ad esso. C'è una valigia nell'angolo, il che significa che questo è il giorno in cui sono arrivato.

Lo ricordo, lo ricordo molto bene.

Il vecchio me è alla finestra, a guardare il giardino ben curato che circonda la clinica, quel giardino che ho odiato inizialmente e che poi è diventato pian piano l'unico luogo in cui potessi sentirmi ancora libero.

Ricordo tutto così bene. In fondo sono passati soltanto due miseri anni.

E poi entra Gerard, il Gerard di due anni fa, e attraversa la stanza lentamente, quasi con timore che io mi accorga della sua presenza.

Eppure, me ne accorgo.

-Come avete potuto farmi questo?

Gerard si immobilizza di colpo, poi sospira. Ricomincia a camminare e mi raggiunge alla finestra, posandomi una mano sulla spalla.

EntropyWhere stories live. Discover now