𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 18

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Smettila di cercare la
felicità nello stesso
posto in cui l'hai persa.

Sto facendo avanti e indietro sul pianerottolo di casa sua.
Sono sincera, ho paura ad entrare, scontarmi con lui, soffrire ancor di più.
Vorrei tanto sapere cosa ha in serbo per me oggi.
Mi brontolerà per come mi vesto? Per il mio aspetto fisico? Per come ho bevuto il caffè oggi?
È esilarante.

Faccio un respiro profondo chiudendo gli occhi e dopo aver pregato tutti i santi, in un momento di stordimento, pigio il campanello di casa Tomlinson.
Stringo i denti appena sento dei passi avvicinarsi alla porta, ma non è Louis ad aprirmi.
Harry tentenna sulla soglia sorpreso di vedermi.

"Ciao, come mai la tua visita?" chiede baldanzoso, per poi bere un sorso di birra dalla bottiglia che tiene nella mano destra. Sento una nota di speranza nella sua voce, ma non capisco il perché.

Sto per rispondere quando odo la sua voce inconfondibile da dietro le spalle di Hazz. "E' con me", gongola con disprezzo il ragazzo dagli occhi glaciali. Noto Harry serrare la mascella a tale parole.

"E' tutta tua tranquillo", ironizza con un accento di crudeltà, dopodiché farmi spazio per raggiungerlo. Non mi guarda nemmeno quando gli sorrido.

Ma che hanno tutti in questo periodo?

"Sveglia, non ho tutto il giorno", Louis sprizza acidità da tutti i pori come al solito. Senza aspettarmi, si indirizza verso camera sua.

"Beh, allora ciao", sussurro timidamente verso Harry, mentre rimango imbambolata nel mio posto.

"Si, ci si vede", parla deglutendo un altro sorso di birra, come se non volesse prestare attenzione a me.

Storco la bocca non contenta, ma mi limito lo stesso a salire al piano superiore per andare da quel cafone.

Le scale sono in legno, colorate di bianco, come la maggior parte della casa. E' uno stile abbastanza classico che non si addice di certo a questi bad boys. Poi arrivi in camera di Louis dove sembra un posto a parte, visto che dominano solo colori scuri.

"Sei in ritardo", sentenzia quest'ultimo, una volta che mi affaccio nella sua stanza. E' a sedere sulla sua sedia di pelle girevole, con una pallina da tennis che fa continuamente rimbalzare nella sua mano sinistra. L'altro braccio è appoggiato sulla scrivania, anch'essa nera, in una posizione alquanto scomoda.

Controllo l'orologio che tengo al polso annoiata. "Sono le quattro e dieci", affermo, sbadiglio senza farlo apposta, questo accenno sembra dargli parecchio fastidio.

Anche se muovo un dito non va bene.

"Infatti ti ho detto di venire alle quattro, non alle quattro e dieci" sbuffa.

Stabilisco di non rispondere, mentre arrivo verso la scrivania per aprire il mio zaino e prendere il materiale per quella benedetta ricerca che ci hanno affidato.

"Vedo che non sei migliorata con la calligrafia", ride in modo scontroso, dopo che ha osservato i miei appunti scritti in modo arruffato. Subito dopo lancia quella maledetta pallina dall'altra parte della stanza creando un rumore raccapricciante. Mi siedo nella sedia accanto alla sua alzando gli occhi al cielo.

Si, scrivo male e allora? Vuole fare una questione di stato anche su questo?

Mi giro completamente verso di lui e punto immediatamente le mie iridi nelle sue. "Senti, si può mettere da parte tutti i nostri disaccordi per una cavolo di ora? Non so te, ma vorrei aver un buon voto al mio primo esame, per piacere", sibilo sicura di me continuando a fissarlo profondamente. Sembra che lo abbia colto alla sprovvista, vedo le sue pupille allargarsi impercettibilmente e le sue labbra schiudersi. Continuiamo a contemplarci per quelle che sembrano ore sin quando quest'ultimo distoglie la sua attenzione annuendo contingente.

"Bene, ehm...a che punto sei con la tesina? Posso vederla?" domando dopo essermi calmata dal suo sguardo, per questa volta benevolo.

Si schiarisce solamente la voce, successivamente prende il computer e imposta una pagina di Word con le sue mani affusolate.
Mentre lo accende inizio ad adocchiare il suo profilo perfetto con la coda dell'occhio.

Faccio finta di niente quando appoggio il gomito sulla scrivania e la testa sulla mia mano mentre continuo a spiarlo, faccio finta di niente quando inizio a sentire una leggera pressione nel mio basso ventre, faccio finta di niente quando per poco mi manca il fiato mentre ripenso ai suoi singhiozzi, alle parole strascicate e a tutti i suoi 'ti amo'.

"Stai male?" domanda il fulcro dei miei pensieri. Solo ora noto il suo esaminare il mio volto e sembra, preoccupato?

"No, come mai?" chiedo fin troppo velocemente.

"Hai una faccia costernata...sembra che tu stessi per piangere", mormora aggrottando le sue sopracciglia scure, ma il suo sguardo resta duro. Quello penso che non cambierà mai più. Anche se vorrei che tornasse il mio Louis di un tempo.

Il senso di colpa si impossessa di me, mentre ripenso a ciò che mi ha riferito:
"Ed è proprio qui che ti sbagli Hayley, hai preso una parte di me senza nemmeno chiedermelo, qui l'unica egoista sei tu".
"L'unica cosa che so f-fare è amarti con t-tutto il mio cuore...che adesso non ho più per colpa tua. Sei una stronza!".

"Sto bene", sussurro, dirigo il mio sguardo verso il monitor cercando di cambiare momento.

Provo a concentrarmi su ciò che ha scritto di statistica, correggo a volte degli errori, che lui prontamente cambia con la tastiera.

Ma le voci non si fermano, continuano a rimbombare nella mia testa senza un attimo di sosta, il suo pianto, le sue grida...
Mi sento così debole quando si tratta di lui, perché come mi ha visto lui non mi ha mai visto nessuno.

Sento la sua grande mano appoggiarsi sopra la mia. Scatto immediatamente all'indietro impaurita dal suo tocco, spaventata da quello che potrei provare.

"Perché cazzo tremi?" mi squadra da capo a piedi, notando il mio sguardo vuoto.

"Sto bene", ripeto dura, senza scontrarmi con i suoi occhi. Se lo facessi, probabilmente cederei.

"Ma chi pensi di prendere per culo?" ride apatico e in modo sarcastico, con quel cuore che sembra stato scalpellato sul ghiaccio. Vede che non rispondo così continua. "Senti, fai come cazzo ti pare, non ne ho voglia" sbuffa riportando la mano sul mouse, scorrendo dopodiché la tesina.

So che non è giusto, perché continuo a non rispondere, ma mi fa lo stesso male il fatto che lasci perdere subito. Un tempo stava ore intere ad aspettare che gli dicessi i miei drammi e ad ascoltarmi.
Sono patetica, lo so, l'ho lasciato io ed è giusto che mi prenda le conseguenze. Ma io non volevo rincontrarlo, volevo lasciarmelo alle spalle, e a volte il destino è uno stronzo.

Passiamo dell'altro tempo riguardando la sua ricerca per poi prenderle entrambe e unirle insieme. Si fanno alla fine due ore piene fin quando non siamo sfiniti.

"Allora ci vediamo la prossima settimana e poi direi basta, ok?" propongo una volta che mi sono messa il cappotto e lo zaino in spalla.

"Ok", borbotta semplicemente, smettendo di guardarmi, inizia ad accendere la play station e a prendere il joystick.
Ovviamente non si degna di salutarmi.

Arrivo sulla soglia di camera sua quando mi pianto sul posto e mi giro verso di lui con un impeto di coraggio.

"Mi dispiace" sussurro senza rendermene conto. Non ci credo nemmeno io di ciò che ho detto.

Sono stupida o cosa? Mi sta facendo soffrire in ogni modo possibile e ho anche il coraggio di chiedergli scusa?

Lui sembra sentirmi, gira il volto verso di me, sembra alquanto perso.

"Per cosa?" è confuso e come non dargliene atto.

Sto per scappare via, ma ovviamente i mie pensieri ricadono a quella giornata nella quale mi sono autodistrutta, sentendo come ho distrutto lui.
Sospiro senza farmi notare per poi mormorare le uniche parole sincere che sono stata in grado di dirgli oggi.

"Per tutto".

𝓣𝓻𝔂 𝓽𝓸 𝓼𝓽𝓸𝓹 𝓶𝓮 - 𝓛𝓸𝓾𝓲𝓼 𝓣𝓸𝓶𝓵𝓲𝓷𝓼𝓸𝓷Où les histoires vivent. Découvrez maintenant