33. Roma, Amor

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ALBA
Roma, primavera.





"Il vero amore non smetterà mai di legare coloro che ha legato una volta"
— Seneca.















Bollino rosso.
🔴



















SEI MESI DOPO





A Roma, quella mattina che ricorderò per sempre, c'era un cielo terso, di un blu cobalto etereo.

La primavera stava per finire, il caldo asfissiava il cuore della città e l'estate era imminente.

Avevo aperto le finestre per far prendere aria all'appartamento. Avevo appena finito l'ultimo corso di aggiornamento, a settembre avrei saputo a quale scuola mi avrebbero assegnato. Accarezzai Luce, mi accomodai sul divano e mi portai una mano sulla fronte.

Le cose tra me e Riccardo continuavano.

Era stato assegnato a Latina, a qualche ora di macchina da Roma, partiva di casa il mattino presto e tornava prima di cena. Avevamo intenzione di cambiare casa dopo aver saputo la mia città, la mia zona lavorativa, così da non far faticare troppo nessuno. Non era stato complicato per lui ambientarsi, mi aveva confessato che gli ero stata molto d'aiuto.

Dopo la mia laurea, lo portai con me in ogni angolo di Roma, che conoscevo a memoria. Gli avevo anche detto che avevo espresso un desiderio alla Fontana di Trevi, anni prima.

Il desiderio prometteva: "Voglio vivere con Riccardo"

E lui mi aveva detto che ne voleva esprimere uno, così lo trascinai con me, nel freddo febbraio, in una sera tranquilla, fino alla fontana. Gli avevo chiuso gli occhi, mettendo le mie mani sulle sue palpebre, lui mi aveva suggerito di baciarlo, e così lo feci. Lanciò la monetina di dieci centesimi.

Tra i vicoli di Roma gli avevo stretto la mano, lui mi aveva baciata di sfuggita, lo guardavo e pensavo che la mia città lo rendesse ancora più bello.

Eravamo andati a cena fuori, proprio come una coppia normalissima. Avevamo cantato in macchina, ci eravamo sfiorati le mani sul tavolo, avevamo condiviso il dolce. Usciti dal ristorante mi aveva dato la sua giacca e poi, d'un tratto, mi aveva trascinata dietro ad un portone aperto di una palazzina ed io avevo riso, lo avevo ammonito dicendogli che sarebbe potuto passare qualcuno, chiunque, ma il tempo di farlo che già mi aveva incollata al muro, le mani sulle mie cosce e le sue labbra planarono sulle mie, baciandomi con una potenza che mi spaventò e mi rese felice allo stesso tempo.

«Dimmi che desiderio hai espresso», gli avevo chiesto una volta tornati a casa mia, casa nostra, quando eravamo sotto le coperte nel letto matrimoniale, attaccati.

Io sul suo petto e il suo respiro a cullarmi, le fusa di Luce rannicchiata ai nostri piedi erano l'unica cosa che udivo chiaramente.

Riccardo aveva sfiorato il mio naso con le sue labbra, aveva sorriso appena e negò col viso, «Non si può dire.»

Io sbuffai, «Però io te l'ho detto il mio.»

«Ma lo hai espresso anni fa», disse, «E poi a me pare che si sia avverato, o sbaglio?»

«Dai, dammi un indizio!»

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now