26. Bisnonna Silvia, sei eterna

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Un uomo mi aprì la porta e, dopo averlo ringraziato, uscii dal ristorante. Di corsa mi precipitai alla prima fermata che avevo davanti. Pestai una pozzanghera sul marciapiede, formata dal diluvio della sera precedente. In tram pensai a tutte le possibili cose che avrebbero potuto dirmi. Il solo pensiero mi preoccupò e mi suscitò ansia.

Salii le scale di casa in fretta, gli anfibi a slittare sulle mattonelle. Infilai le chiavi nella toppa, sistemandomi i capelli mossi, sistemati in un taglio balayage. 

«Mamma? Papà?», borbottai, poggiai la borsa e le chiavi sul comò accanto all'entrata.

Mamma spuntò dalla cucina, aveva gli occhi rossi dal pianto e le guance paonazze. Io mi spaventai all'istante.

Era strano che piangesse, «Mamma...», sussurrai, lei mi venne vicino e mi abbracciò, la strinsi a mia volta. «Cosa... cosa succede? Mi stai spaventando», corrugai la fronte.

Lei trattenne un singhiozzo. Si allontanò e si toccò i capelli raccolti in una coda leggermente disordinata, i primi capelli bianchi a spuntare più evidentemente, qualche ruga più scoperta e le labbra increspate, le ciglia umide. Mi sorrise debolmente, mi accarezzò la guancia con le dita tremanti.

La guardai con il cuore a mille. I suoi occhi si riempirono di lacrime, «La bisnonna...», singhiozzò prima di poter terminare la frase. 

Mi pietrificai.

Smisi di respirare.

Deglutii.

Un brivido mi catturò le braccia da sotto i tessuti dei vestiti.

«... No...», sussurrai, portandomi la mano sulla bocca, scossi il capo. Trattenni le lacrime, ma quando mamma annuì, scoppiai in un pianto isterico. «Non è vero», mi strinse a sé per proteggere quel mio cuore tumefatto. 

«Stamattina», sussurrò, piangendo, «Ci ha avvisati Tonio, poche ore fa», mi disse, le mie lacrime si confondevano con la sua voce. 

Quella mattina l'ultimo pezzo della mia anima era andato in frantumi.

Quella mattina, quando il cielo piangeva, nel frattempo, un altro angelo ascendeva con le sue ali dorate.

Quella mattina, capii che niente sarebbe tornato più come prima.

La bisnonna Silvia mi aveva lasciata.

Non c'era più.

Non le avevo dato alcun bacio, nessun abbraccio e non le avevo detto quanto le volevo bene.

Non avevo fatto altro che scappare da Ischia, piuttosto che passare gli ultimi tempi con lei. 

«Papà sta molto male», mi accarezzò i capelli. «Andiamo da lui», suggerì.

Annuii, mi asciugai le lacrime invano, e, mano nella mano, raggiungemmo la loro camera da letto.

Papà, steso con il viso umido e il respiro calmo sotto le coperte, dava le spalle alla porta. I ricci neri e un po' grigi erano sparsi per il cuscino bianco, si ripercosse quando sentì i nostri passi, ci riconobbe: «Venite qui», sussurrò senza voce, la gola secca.

Allargò le braccia, mamma si posizionò in una ed io in un'altra. Affondai il viso sulla sua spalla e sentii il suo cuore battere flemme. Mi accarezzò i capelli, aveva le labbra poggiate sulla fronte di mia mamma, quest'ultima gli carezzava il mento con il pollice. 

Ci strinse a sé. Come se fossimo l'unica cosa che lo tenesse veramente in vita.

Avrei tanto voluto scusarmi con lui. Per tutto.

Domani sarò albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora