9. Il pescatore e la monaca - Pt. 2

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Lo raggiunsi a passo svelto. «Dove vuoi portarmi?»

«Hai detto di volermi conoscere, o sbaglio?», puntualizzò, mi allungò una mano, con quella libera afferrava la scaletta per scendere sugli scogli.

«Vorrei, sì», risposi sùbito. Era la cosa che più volevo, ma in quel momento non ne ero pienamente consapevole.

«Ti porto dove sono cresciuto. Ho già avvisato i tuoi, ora andiamo.»

«In che senso hai già avvisato i miei?»

«Sì, ho detto loro che saresti venuta con me e ti avrei riportata intatta così, sapendo che sei con il sottoscritto, non si sarebbero preoccupati troppo», mi guardò.

«E si sono fidati?»

«Certo, principessa. All'apparenza sono affidabile», mi sorrise, sornione.

«All'apparenza...», gli feci notare, «Strano che mio padre non ti abbia linciato o lanciato in mare.»

Lui rise, mi aiutò a scendere sugli scogli e raggiungemmo il pontile. Riccardo si sistemò i capelli, camminò al mio fianco.

«Allora? Dove sei cresciuto?», mi strinsi nelle spalle, oscillando con le mani intrecciate sul ventre.

«Sono cresciuto al Porto. Dovremo usare il mio motorino, spero non ti dispiaccia. È a pochi minuti da qua, senza traffico.»

«Ci abiti ancora lì?», domandai, voltandomi a fissare le sue espressioni.

«Solo alcuni parenti che, però, non vedo da tantissimo tempo. Abbiamo venduto la casa molto tempo fa.»

«Oh...», annuii, «Tua mamma?», lo guardai, attraversammo una mole di ragazzi della nostra età, perlopiù turisti, pronti a passare una lunga serata. Il mio braccio a cercare il suo, involontariamente, ma non ebbi il coraggio di incontrarlo.

«È una storia complicata.» Era inespressivo.

«Non ti va di raccontarmene giusto un pochino? Solo un po'. Non voglio sapere tutto stasera», gli sorrisi, sperando di rassicurarlo.

Infilò una mano in tasca. «Ti sei mai chiesta come mai avessi intrapreso il lavoro di spacciatore?», mi guardò, sperando in una risposta positiva.

Non mi stupii di quella domanda, tutt'altro, ero contenta. Stavamo parlando veramente, per la prima volta, senza ironia, senza battute o scontri. Una semplice chiacchierata da amici. «Io non lo definirei lavoro, però sì, me lo sono chiesta molte volte», voltai il mento verso di lui, alquanto incuriosita della piega del discorso.

L'aria serale ci girava attorno densamente, facendomi rizzare i peli delle braccia. Lui scimmiottò la mia voce, "io non lo definirei lavoro", ricevette una gomitata. Continuò: «Ti ho anche detto che ho lavorato sin da quando sono ragazzino... giusto?»

«Giusto.»

«E non ti ho mai parlato di mamma o di papà...»

«Giusto anche questo», strinsi le labbra, attenta a dove volesse andare a parare.

«È molto più semplice di quanto sembra in realtà. Sai cosa significa fare la vita?», incrociò il mio sguardo.

Domani sarò albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora