06 - In viaggio verso Hogwarts

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«Forse io andrò contro la tradizione» ghigna ora il secondo «Dove vorresti finire, se potessi scegliere?»

«Grifondoro... culla dei coraggiosi di cuore! Come mio padre.» recita di rimando l'amico dai capelli scarruffati, imitando il gesto di sguainare una spada invisibile.

Io li guardo sempre più confusa; non capisco un fico secco dei loro discorsi. Serpeverde... Grifondoro... Che cosa diavolo vogliono dire? Vorrei chiederlo a Severus, ma è troppo impegnato a scrutare i nostri - non proprio simpatici - compagni di scompartimento con evidente disprezzo per prestarmi attenzione.

Il ragazzino spettinato se ne accorge e si volta verso di lui con aria di sfida.

«Qualcosa non va?»

«No. La Casa di Grifondoro è perfetta per chi preferisce i muscoli al cervello...» ribatte Severus con sdegno.

«E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?» interviene caustico il secondo ragazzino. Il suo amico esplode in una risata fragorosa.

Per istinto, mi giro di scatto a guardare entrambi indignata. Il primo ragazzino è talmente occupato a tenersi la pancia dalle risate che nemmeno si accorge della mia occhiataccia; il secondo, invece, mi ricambia con un obliquo sorrisetto beffardo e una nuova ondata di brividi mi investe non appena incontro il suo impenetrabile sguardo d'argento.

Questi due mi danno l'impressione di essere dei veri piantagrane, perciò decido che è meglio allontanarsi da loro il prima possibile.

«Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento».

«Ooooooooh...» mi fanno il verso gli altri due, soffocando altre risate. Ma io li ignoro di proposito e mi avvio veloce verso l'uscita a testa alta, non degnandoli nemmeno di uno sguardo. Severus mi imita e in un batter d'occhio siamo finalmente fuori dallo scompartimento.

«Ci si vede, Pivellus!» ci grida alle spalle uno dei due ragazzini, una volta che abbiamo oltrepassato la soglia della porta scorrevole.

Senza dare importanza alla frecciatina, entrambi ci incamminiamo di gran passo lungo il corridoio che si estende per tutto il treno, tuffandoci alla ricerca di altri posti liberi dove accomodarci. Ma l'impresa si rivela ben presto molto ardua, dal momento che ogni vagone straripa di studenti, molti dei quali ciondolano in giro per le carrozze, rendendo così il tragitto simile a un percorso a ostacoli.

All'improvviso, qualcuno mi urta bruscamente. Ad occhio e croce si tratta di una ragazzina della mia stessa età la quale, senza minimamente preoccuparsi di chiedermi scusa per l'urto, prosegue dritto impettita per la sua strada, come se non mi avesse nemmeno notata.

«Ehi, guarda dove metti i piedi!» sbotto, infastidita da un atteggiamento tanto maleducato.

La ragazzina arresta il passo e getta un'occhiata superba al mio indirizzo.

«Guarda tu dove metti i piedi!» mi rimbecca con aria sprezzante. Non appena incrocio il suo sguardo non posso fare a meno di trasalire. È pressoché identica al tizio che se ne stava mollemente abbandonato sul sedile dello scompartimento da cui Severus ed io ce ne siamo appena andati; stessi capelli neri, stessi occhi grigi e glaciali. Persino il cipiglio arrogante e altezzoso è lo stesso. Sbatto più volte le palpebre, convinta di avere le traveggole. Eppure la ragazzina è ancora lì, in piedi a neanche un metro da me e Severus, scrutando entrambi dall'alto al basso, con un'espressione di sufficienza tale da suscitarmi un immediato senso di avversione e antipatia. Ma chi si crede di essere questa qui?

«Non perdere tempo con questi qui. Proseguiamo!» la richiama una delle sue amiche, una biondina dagli occhi azzurri e acquosi, come quelli di mia sorella Petunia, e dall'aria immensamente snob. La ragazzina che mi è venuta a sbattere contro piroetta, quindi, plateale su se stessa, voltandomi le spalle e si rimette in cammino.

I was Lily EvansTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang