Riccardo mi spiegò tutto ciò che sapeva, mi parlò dei piombatoi e delle monache di clausura, mi parlò delle leggende che circolavano dall'antichità su di esso e altre vicende interessanti, vicende di paese. Fu interessante sentirlo parlare di qualcosa di così antico, sembrava conoscere a memoria anche i kilometri che ci distanziavano dai fondali.

«Qual è il tuo posto preferito?»

«Posto preferito?» Fece da eco.

«Sì, di Ischia. Qual è il tuo posto preferito?»

«Forio», sorrise, «Si vedono i meglio tramonti.»

Facemmo il bagno dopo esserci ancorati a pochi metri dalle alte mura frastagliate del Castello e dagli scogli, nuotammo a pancia all'aria, così da perderci nel il cielo e lasciarci trasportare dal mare. Ci stendemmo sui materassini, prendemmo il Sole mentre sulla barca riecheggiavano le canzoni di Gino Paoli, come Sapore di sale.

Riccardo si era nascosto sulla barca, dopo essersi fatto un tuffo — sembrava volersi isolare dalla famiglia, come se si sentisse estraneo davvero, questa volta — i suoi capelli si fecero salmastri, ricoperti di ricciolini e le bollicine del mare si estesero sulla sua pelle mediterranea. Con le ginocchia al petto, si sedette a fumare una sigaretta in silenzio, gli occhi socchiusi e il mento rivolto al cielo. Per un attimo supposi stesse pregando.

Riportai l'attenzione sulla mia famiglia. La superficie dell'acqua sembrava ricoperta da mezzelune brillanti, mille spilli che pungevano l'acqua seguendo un ritmo incalzante, dettato dal Sole.

«Riccà! Puoi andare a comprà la frutta?» Sentii Geppa urlarlo sulla barca, col suo costume floreale e la sua pelle sempre abbronzata, i capelli marroni legati in uno chignon ordinato.

«Mo' vado», spense la sigaretta nel posacenere accanto a sé. Si portò i capelli all'indietro alzandosi, si protese dalla ringhiera della barca con le mani su di essa; quando mi cercò, e mi trovò, non si stupì del fatto che lo stessi già guardando.

«Alba, ti va di accompagnarmi?»

Annuii, forse troppo in fretta, stranamente contenta che me lo avesse chiesto.

Si gettò in mare, con le gambe ben unite e le braccia distese, dato che per raggiungere il pontile dovevamo farcela a nuoto, lo seguii, attenta — anche adesso — a non sfiorarlo manco per sbaglio.

Mi prese in giro per quanto nuotassi lentamente. Lo schizzai e lo insultai. Raggiungemmo la scaletta con il respiro affannato. «Prima le principesse», mi fece un cenno con il capo di proseguiremo per prima.

«Non ti lascerò guardarmi il culo.»

«Come se non lo avessi fatto da stamattina», mormorò facendomi spalancare la bocca.

«Smet-ti-la», lo schizzai in faccia, di nuovo. Si strofinò il viso, le ciglia lunghe bagnate, le labbra carnose erano umide e arrossate, le guance ancora più arrossate per via del Sole preso la mattina stessa. I suoi tatuaggi sembravano prender vita sott'acqua.

«E va bene, vado per primo.»

Riccardo si agganciò alla scaletta di ferro e con uno slancio la salì. La sua pelle appena uscita dall'acqua sembrava oro colato. L'acqua gli scivolò da dosso come se fosse olio, ne rimasero le scintille ovunque.

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now