13. Ghiaccio

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Con la fine dell'estate la temperatura stava iniziando a scendere, pur rimanendo piacevole. La luna era piena e lucente, l'aria immobile e silenziosa. Insomma, una serata stupenda. Eppure Rhian si rigirava nel letto, sudato come un maratoneta e incapace di addormentarsi. Guardava la luna, in cerca di conforto. Il suo viso bianco e luminoso gli diede un minimo di serenità ma, dopo il senso di meraviglia iniziale, la sua vista non gli bastò a sciogliere il senso di inquietudine che gli impediva di rilassarsi. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che poteva capire come si sentiva. Si girò, rivolgendosi al lato opposto della piccola stanza, e osservò la massa informe che si muoveva nell'altro letto, incerto sul da farsi. Poi, ricordando che di solito Rafal dormiva come una statua, si decise finalmente a disturbare il suo non-sonno.

«Rafal!» bisbigliò. «Sei sveglio?»

Ricevette in risposta un mugugno infastidito.
«No.»

«Quindi anche tu non riesci a dormire?»

«Sono chiaramente addormentato.»

«Scusa. Volevo solo parlare.»

Rafal sospirò rumorosamente. Non aveva alcuna voglia di improvvisarsi confidente a quell'ora, ma se non lo avesse fatto avrebbe dovuto navigare il giorno dopo tra l'ansia di Rhian e il senso di colpa per non aver ascoltato i suoi problemi. Sperava solo che non ci sarebbe voluto troppo tempo. Si girò verso suo fratello: «Cosa c'è?»

«È per domani.»

Rafal si aspettava quella risposta, ma non era comunque sicuro di come replicare.
«Domani è il nostro grande giorno, l'inizio del nostro futuro. Dovresti essere felice.»

«Lo sono, davvero» spiegò Rhian. «È proprio perché è una cosa importante che sono preoccupato. Se andasse tutto storto? Se non fossi bravo abbastanza?»

«Semplice, ti trasformeranno in un comodino»

Rhian afferrò il suo cuscino e lo lanciò al fratello.
«Non sei divertente!»

Solitamente Rafal si sarebbe arrabbiato davanti a una dimostrazione del genere. Ma quella sera, per qualche motivo, scoppiò a ridere. Rhian, in principio, si fece ancora più offeso, finché gettò via la maschera e si mise a ridere a sua volta. Quando si ricomposero, Rafal parlò di nuovo: «È inutile che ti preoccupi. Siamo dei maghi: abbiamo il sangue di nostro padre e soprattutto il nostro talento dalla nostra parte. Ce la caveremo. Anzi, sono sicuro che saremo i migliori.»

«Ma non saremo insieme.»

Fu un sussurro, rapido e sfuggente, come se fosse scappato dalle labbra di Rhian senza il suo consenso. Rafal tacque, disorientato dalle parole spontanee e dal tono vulnerabile con cui erano pronunciate. Era stato così concentrato su se stesso e suoi progetti che non aveva completamente considerato quell'aspetto: era la prima volta che avrebbero fatto qualcosa di importante separati. Si chiese da quanto tempo Rhian ci pensasse. Rafal non aveva di certo il cuore tenero, ma fu colpito da un senso di empatia nei confronti di suo fratello. Forse la mancanza di sonno gli stava già dando alla testa... O forse anche lui stava iniziando a realizzare ciò che l’Accademia avrebbe significato solo in quel momento.

Il Proprio Sangue Where stories live. Discover now