CAPITOLO 6 - L'INDAGINE, PARTE 1

20 2 0
                                    


Un ventilatore da soffitto spargeva per la stanza il fumo delle mille sigarette fumate.

Fred Campanile era oramai chiuso in quell'ufficio da quasi sette ore.
L'aria s'era fatta pesante, così come i toni dell'interrogatorio. Formalmente, nient'altro che una conversazione: non avevano infatti niente contro quella donna e si sa che, fino a prova contraria, si è innocenti. Spesso, però, una confessione va spremuta fuori con la forza e con l'astuzia, come il succo di un'arancia poco matura: la si stringe tra le mani finché non resta una poltiglia biancastra informe e il liquido colante gocciola nel bicchiere.

Era questo che Fred provava a fare...da quanto? Sette, forse otto ore.
Le lancette dell'orologio a muro continuavano a ticchettare incessantemente ma il detective non ricordava più quando avevano iniziato. Certo era che il sole s'apprestava a completare il suo giro. Dalle veneziane lamelle di luce s'infiltravano nell'ufficio spalmandosi sul cartongesso delle pareti. La tonalità al mattino era bianca, luminosa; poi s'era accaldata sempre più fino a raggiungere un colorito arancio polvere.
Il portacenere di cristallo faticava a contenere nuove cicche, tra la montagna di Winston blu fumate da Fred e le sottili Sobranie fumate dalla donna. Sigarette russe, d'importazione. Bianche come la sua carnagione ed esili come le sue dita.
Le unghie, smaltate d'un rosso vivo, fresco, tamburellavano sul legno della scrivania. Le gambe accavallate frusciavano le calze di nylon che le coprivano. Tutt'altro che un caso, pensava Fred allungando l'occhio di tanto in tanto; più per metterla a disagio che per un vero interesse.
Il tallone di lei fuoriusciva da un paio di tacchi rossi, come la blouse che le copriva il busto, meno un paio di bottoni slacciati nel corso dell'interrogatorio. 

Fred trovava sospetto il fatto che quella donna non si fosse scomposta davanti un evidente abuso di potere: nessuno dava il diritto a lui di trattenerla, mentre piloni di fogli e documenti davano a lei tutto il diritto di raccogliere la pochette ed andarsene in qualunque momento. Eppure, eccola ancora lì mentre scattava il tappo di uno Zippo in ottone e ci accendeva l'ennesima sigaretta. «Curioso» era la parola che più balenava nella mente del detective.
Forse non aveva nulla da nascondere e voleva assicurarsi di chiarificare tutti i dubbi che la polizia potesse avere su di lei, in modo da non dover tornare in quello spiacevole edificio in centro città. O forse aveva tutto da nascondere e desiderava evitare il cliché del 'conosco i miei diritti'.

Fred glieli stava calpestando uno dopo l'altro per toglierle il terreno sotto i piedi, ma per ogni mattonella che rompeva, quella donna ne cacciava un altro paio dalla borsetta.
È proprio vero che le borse delle donne non hanno fondo.

«Vede – diceva sorseggiando l'ennesimo caffè nero del giorno – nessuno crede che lei sia colpevole di qualcosa. Gliel'ho già detto e glielo ripeto: lei, come quella povera ragazza, è la vittima in questa storia. O potrebbe diventarlo. Lo capisce, vero? Io non sto facendo altro che provare a rassicurarla, ma lei non mi sta dando niente indietro. Capisce il problema? Do ut des. Sa cosa vuol dire?»

«È latino»

«Esatto»

«Una lingua morta» Fred si ritrovò suo malgrado a sorridere. Sarcasmo?

«Sa detective – prende la parola spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio – Si tende sempre a parlare dei morti con chi non lo è ancora»

«Già, è perché non si può farlo con i diretti interessati. Altrimenti il mio lavoro sarebbe molto più semplice»

«C'è chi lo fa, però»

«Intende i ciarlatani che guardano nelle palle di vetro?»

«Intendo i medium. E si dà il caso che appartenga anch'io a quella...»
«Ah già! – la interrompe Fred, che ricordava benissimo gli squallidi modi con cui quella donna si guadagnava da vivere – Lei è una sensitiva. Devo averlo scritto qui da qualche parte – prende a sfogliare un bloc notes fitto di appunti e disegni – Mi deve scusare sa, è che mi ha raccontato tante di quelle cose. Siamo chiusi qui da quanto...quattro, cinque ore?»
«Che importa? Il tempo passa e noi lo utilizziamo come meglio crediamo...lei, detective, com'è che riempie il suo, di tempo?»
«Ecco qua! – batte un dito su una pagina ignorando volutamente la domanda – Professione: cartomante, sensitiva, prostituta. È corretto? Me lo conferma?» chiude il quadernetto con uno schiocco e alza lo sguardo carico di sfida, incrociando i profondi occhi verdi della donna.
«Non mi definirei proprio così, ma...»
«Oh, mi scusi – le tarpa ancora le parole di bocca – qual è il termine più corretto? Sa, oggigiorno...non si capisce più niente. La lingua evolve ma la testa di un vecchio rimane quella di sempre». La donna sogghigna, sfregandosi l'orecchino di perle e smeraldi.
«Allora? – la incalza lui – Sex worker? Professionista del sesso? Escort? Donna di Strada? – la guarda per un attimo in silenzio – Vado avanti coi sinonimi? Sa, me ne balenano molti in testa ma non vorrei rischiare di offenderla, proprio adesso che sta scattando qualcosa» le fa l'occhiolino, provocatorio.
«Non si preoccupi, sono abituata. A dire il vero lei è uno dei miei clienti migliori. Tutti quei soldi per una chiacchierata...è raro che succeda. All'inizio pensavo si trattasse di qualche gioco di ruolo, ma inizio a pensare che si sia calato un po' troppo nella parte, detective» si sporge in avanti ammiccante. Fred sogghigna e socchiude gli occhi.

«La vita è una storia infelice proprio a causa dei soldi, mia cara»
«Può darsi. Però è così costosa...si vive certamente meglio con il portafoglio pieno»
«Non necessariamente. Non è una regola adottata da tutti quella dei soldi»
«Già. Ma se si è senza la linea tra la vita e la morte si fa sfocata, non crede?» ammicca.

Fred schiocca l'osso del collo, sorridendo sornione.

«Trovo divertente il suo spirito davanti ad una così macabra situazione – la pillola sfrigolava nel liquido nero del caffè – Una ragazza, vittima di un animale che popola, ahimè, il nostro mondo. E lei fa dell'ironia. Dev'essere rilassante sentirsi così bene con sé stessi».

La luce iniziava a scarseggiare e il volto roseo della donna s'incupì d'ombre artificiali.

«Già...ma stamattina leggevo la pagina dei necrologi sul giornale e, sa, il mio nome non c'era. Quindi, tutto sommato, posso dire di stare abbastanza bene».

Fred sbatte il pugno sulla scrivania. Le iridi della donna tremolano.

«Una donna è morta per errore! Uccisa in un bordello dalle carezze di un animale. Lei potrebbe essere la prossima e se ne sta qui a fare battutine» grida trangugiando il caffè.
«Vittima di un mostro che non si riesce a sconfiggere».
Fred digrigna i denti. «Che cosa sta insinuando» sibila.
«Insinuando? Nulla. Anzi, al contrario. Mi sembra abbastanza evidente: lei ha insultato il mio lavoro da quando sono entrata in quest'ufficio, io ora le sto solamente restituendo la stessa moneta. Non mi dirà che se l'è presa per così poco...»
«Stia attenta. Sono pur sempre un pubblico ufficiale e anche se questo non è un interrogatorio io...»
«Sa perché la mia frase l'ha colto sul vivo? - lo interrompe schioccando le labbra - Lei ha insultato tutti i medium, dicendo che non fanno altro che abbindolare la gente; io ho insultato lei e soltanto lei. Ho insultato il modo becero ed irresponsabile con cui fa il suo lavoro. Mentre un serial killer lì fuori pianifica la prossima mossa, lei segue le orme di un cane randagio. E intanto gente innocente continua a morire»
«Innocente?! Lei non...» Fred si interrompe. Si porta una mano alla fronte massaggia le tempie con piccoli movimenti circolari. Espira. Un cerchio gli attanaglia la testa e non riesce più a pensare lucidamente. Rischia di parlare troppo. Non deve rivelare elementi interni all'indagine; quella donna rimane pur sempre una sospettata, dannazione! E gli Affari Interni gli stanno con il fiato sul collo. Dopotutto, sarebbe stato meglio un lavoro dietro la scrivania. Anche se ci è finito comunque, in un modo o nell'altro. Ma che sia dalla parte della scrivania?
Quella donna cercava di rigirare la frittata. «Curioso» pensa di nuovo. 

Il sole ha ormai abbandonato il cielo. Il ventilatore continua ad agitare il fumo delle milleuno sigarette fumate. Il tacco della donna bussa a ritmo sul parquet. Le lancette dell'orologio a muro ticchettano senza più alcuna direzione. Il tempo s'era fatto insignificante.
Doveva uscire di lì. Lo stava perdendo, quel tempo. Doveva fare qualche indagine sul campo.
Si alza di scatto dalla sedia girevole e ringrazia la donna per la sua pazienza e per il suo tempo. Come se ce ne fosse bisogno...d'altronde, le aveva pagate tutte quelle ore, anche se non sapeva più quante fossero state. Forse erano andati lunghi. «Dannazione». Sperava non le chiedesse più soldi.

«Figurati. È stato un piacere. L'ho fatto volentieri»
«Non siamo un po' fuori orario?»
«Non preoccuparti. Mi ha fatto piacere, ti ho detto. Chiama quando vuoi!».
Esce con uno scalpitio di tacchi mandandogli un bacio da lontano. 

Fred tira su le tapparelle. Il manto nero della notte aveva avvolto la città. I led dei lampioni, le luci delle auto e quelle delle finestre su in alto nei grattacieli, illuminavano chi s'apprestava alla vita notturna.
Nell'oscurità i malvagi tessono le loro trame e quella notte Fred avrebbe trovato la spola attorno alla quale s'avvolgeva quella brutta storia.

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Mar 14, 2022 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Le Cronache della Superstrada 622 - La Melodia della NotteWhere stories live. Discover now