Under Pressure

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Bobo si sente una sensazione strana non è nel suo grembo artificiale. Vede il suo corpo su un letto ospedaliero ma poi è sulla sua moto. Sfreccia nelle strade affollate dopo il caldo del giorno.
Molta gente è in giro dopo che il sole a picco dell'ora di pranzo aveva portato ad un innalzamento delle temperature, la maggior parte ha preferito stare o al fresco dei condizionatori o in spiaggia. I suoi pensieri gli rimbombano. Ferma la moto perché è arrivato ed adesso i pensieri e le immagini del passato lo travolgono.
<<Quante volte ha creduto di aver raggiunto il top in un collegamento virtuale, ho speso diversi stipendi nel perfezionamento della mia sex body. Sono partito da una tuta di gomma da sexy shop di alta gamma. L'ho progressivamente innervata con bioconduttori e sinapsi artificiali. Mi ricordo quando ho aperto la cassa dove custodisco e nutro la mia creatura, risento le mie parole mentre guardo la mia creazione <<"Vedi Marcel la caratteristica della tuta è che usa la elettricità residua corporea per fare funzionare la sua rete neurale e che in questo modo comunica con quella del corpo.">> Mentre gli mostravo questo ero già in ansia.
Abbiamo fatto sesso tutta la settimana ma ci conosciamo oramai da due mesi ma non so niente di lui tranne che lui è il mio Dio.
Gli sto offrendo la mia vita, mostrandogli questa cassa.
I suoi occhi nocciola sono resi multicolori dagli innesti che ne hanno potenziato le capacità. Lo osservo e aspetto le sue parole.
Non parla, mi sento prendere da un tremito, crollo in ginocchio.
Comincio a piangere, alle lacrime si aggiungono i singhiozzi. Sono scosso da una tristezza enorme, il mio stomaco si contrae.
Forse ho sbagliato a mostrargliela, lui non capisce!
<<Dunque cucciolo, la tua tuta galleggia in un gel colturale che la impregna e nutre la rete neurale?>>
<<Si Signore! La struttura colloidale del gel si rapprende sulla tuta per poi ritornare semiliquida con le vibrazioni della scatola o della doccia che ho realizzato per pulirmi dopo l'uso. Le sensazioni che si possono ottenere non sono commisurabili. Quello che si ottiene con i visori a realtà virtuale o con i guanti di comando è primitivo. Qui tutto il corpo riceve e trasmette e la rete neurale funge da transponder di quello che riceve per cui lei puoi trasmettermi non solo parole ma puoi comandare la mia rete per trasmettermi sensazioni corporee. >>
Il dolore alla bocca dello stomaco è forte e potrebbe richiamarmi.
Eppure non voglio ritornare alla realtà  Come un anguilla che sente che la si vuole catturare si dimena e scivola da chi cerca di afferrarla.
La visione si riaccende, ritorno alla notte del primo appuntamento su al Faro.
Lascio la mia moto in basso, nascosta in un avvallamento nel boschetto sotto il recinto militare. Il mio giubbotto da moto è in uno zaino, nascosto, appeso ad un albero. Per salire corro cercando di non calcare i miei stivali militari sull'asfalto. Ho timore di arrivare tardi all'appuntamento. Lui è lì con un casco e in full leather. Mi sento ridicolo nei miei jeans e maglietta. Siamo sull' altopiano tra il faro e il forte. Due monti che formano un lungo pianoro traforato da gallerie, fortini,  pozzi di aereazione per altri cunicoli molto più profondi che portano ad altre gallerie o a camminamenti esterni spesso residui di guerre dimenticate e sconosciuti anche ai militari. So che periodicamente si cerca di censirle e si trovano nuovi percorsi mentre se ne chiudono altri per lavori di consolidamento delle frane. Qando la catena di quel guinzaglio mi si avvolge al collo come un collare non mi ribello. Non una parola tra di noi. Il mio sentire si acuisce, sono condotto per un sentiero sterrato tra bassi cespugli, alle nostre spalle il faro.
Le stimolazioni date dai sensori non mi hanno dato quella sconvolgente sensazione di abbandono che sto provando. Lui è M forse l'iniziale del nome forse come Master. I luoghi virtuali mi lasciano una sensazione di vuoto dovuta all' interruzione che segue il soddisfacimento di uno. È come vedere una tavola imbandita ed essere affamato. Il solo vedere non soddisfa, non mi sazia. Ho solo sognato di farlo. Qui la sensazione di pericolo mi agita e mi eccita dall'arrivo in questa zona desolata e selvaggia. Altre volte di giorno avevo letto questo posto come carne ferita punteggiata da incrostamenti medicativi di cemento e le suture di ferro avevano supurato in ruggine. Ad un tratto mi accorgo che siamo ai piedi di uno di questi cheloidi. Dei pini mediterranei alcuni in piedi altri rovinati dal vento nascondono la zona. Il punto su cui sono nel sentiero è in alto. Ho una immagine dell'insieme come di un elsa di un pugnale disegnata dai pini mentre l'avvallamento è la lama ma è rovesciata ed è cava. Un ingresso ad una installazione militare profonda. Oramai sono dentro.  Un mucchio di calcinacci ruota alzandosi liberando una soglia di un portale di ferro scopro che le pareti e il pavimento sono lisci e lucidi come metallo di un pugnale e si immergono in profondita nel cuore di questa zona. Nuova porta che da su un luogo antico, con un che di sepolcrale forse un ipogeo romano. Nuova porta in qualche punto il cemento è più sabbioso e si disfa sbriciolandosi in sabbia che crepita umida sotto i nostri scarponi. Incrociamo qualche galleria laterale con qualche rifiuto. Io non ho altro riferimento al mio avanzare che il fascio della sua luce tonda che illumina i suoi stivali. Il suo respiro è regolare non ansimante come il mio. Siamo diverse decine di metri sotto il livello da cui siamo entrati. Adesso percepisco sempre più forte il rombo delle onde poi improvvisamente  intravedo da una largissima fenditura nella parete un fessura e di li una grotta che guardo da un punto nel soffitto. Quella fessura è una garritta per sentinella. Per guardare inciampo ma il colare mi strattona indietro. Mi dibatto per la sensazione di dolore elettrico del collare. Una risata rimbomba mentre mi dibatto. Mi ritrovo trascinato sino a che non riesco ad alzarmi. Giusto in tempo di riprendere la discesa. Ci ritroviamo in una lunghissima galleria. Alla fine apre un'altra porta di ferro. Rischio di sbattere contro un masso che la nasconde. Più avanti sento odore di mare ma niente onde. Solo odore di carburante. Dietro un altro masso un altra porta. Altra galleria. Infine una grande stanza con loculi e residui di casse. Da delle soglie forse di altre stanze arriva il rumore delle onde. Non faccio a tempo a girarmi una seconda volta che mi trascina verso una parete ci sono quattro ganci ad occhiello nella parete, due per parte. Mi ritovo sbattuto al muro. Pezzi di corda rapidamente mi bloccano. Una palla come una gag si infila nella mia bocca appena la apro per protestare. Una cinghia di cuoio si stringe attorno al mio capo prima di essere coperto da un cappuccio di gomma industriale ancora vergine e profumato. Non vedo . Impovvisa sento una sua mano tirare la mia girocollo. Sento una lama fredda scorrere dalla sua parte cieca sulla mia pelle mentre il suo filo incide e lacera la tela. Cerco di dibattermi. Si allontana da me prima che senta abbattersi sulla pelle i morsi sferzanti della frusta lunga. Capisco che debbo fermarmi. Tutto é silenzioso. Da quando siamo partiti, non una parola. Solo il rumore dei nostri passi, il mio ansimare, il suono delle porte a volte frusciante a volte clangore di metallo contro metallo. Il crepitio della polvere calpestata e la risata che esplode crudele a vedermi dibattere come un pesce per le scariche del collare. Poi solo il rombo di onde. Adesso le sferzate si succedono . Silenzio.  Lo sento, lo percepisco si è riavvicinato mi strappa sqartando  in numerosi pezzi la maglia. Sicuramente le mia pelle deve essere non livida ma rossa credo anche sanguinante.
Adesso pizzica i mie jeans. La lama riprende il lavoro.
-"No!!! Maledetto." Il mio grido mi scappa di bocca. Nessuna voce in risposta. Il collare oscilla sul mio petto mentre muove i legami e mi gira di petto. Questa volta sono fruste a più lacci che dalle mie cosce risalgono sui miei pettorali. Percepisco che il movimento non è disordinato. A volte mi accorgo che ha corretto la traiettoria di impatto della frusta per salvare un suo disegno sulla mia pelle. A un tratto dal mio cervello una esplosione del dolore, bianco forse seguito da  nero?
In quel momento devo essere svenuto.
Adesso apro gli occhi non sono nel passato.
Sono in una stanza vuota dove sensori e apparecchi monitorano le mie funzioni. Ma ho le palpebre pesanti. Le richiudo

Quando dopo molte ore sono uscito da quel budello di cemento armato, la catarsi era avvenuta. Sono uscito con una tutina di gomma liscia, lucida come pvc.  I miei peli sono scomparsi i tiralatte che mi sono stati applicati per un tempo infinito hanno morso i miei pettorali e i capezzoli premono turgidi sopra la carne indurito dai traumi
I lividi i morsi le abrasioni sono tutti sotto la gomma. In alcuni punti il sudore sotto la gomma comincia a bruciare. Comincio a correre, non rotolo, scendo per un sentiero e corro a balzi verso il monte diffronte perchè debbo ritornare alla mia moto.
Quando arrivo, colgo la mia immagine in uno specchietto della moto. Ho le occhiaie ma sono sereno, sono felice e soddisfatto.

Una fitta sul petto. Una voce metallica, ovattata.
-"Ritmo sinusale normalizzato." Non sono in piedi capisco di essere sdraiato. Altre voci non più metalliche. Non riesco a sollevare le palpebre.
-"Bisogna svegliarlo. Qualche cosa incide sulla sua fase rem: sembra che non riesce ad uscirne rimane imprigionato nei suoi sogni.
-"Si! Il suo organismo si sovracarica molto velocemente senza riuscire a scaricare come facciamo solitamente. "
Una pausa come se stessero pensando, vorrei vederli.
-"Facendo un paragone il sistema si sovraccarica e poi resetta spegnendosi con un collasso delle sue funzioni. "
-"Esatto al momento, non ci sono grossi traumi circolatori o cardiaci ma è come se il cervello agisse, su tutto ciò che dipende da lui, sino a determinare anche sul cuore che è indipendente un rallentamento del battito. A questo punto si va in stallo perché non riesce a normalizzare e noi dobbiamo rianimarlo.

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