CAPITOLO 4

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Bologna, 2 dicembre 1956
Asia
È passata una settimana da quando mi hanno portato via Evan, ed io non ho ancora realizzato. Passo le mie notti a piangere e a rigirarmi nel letto, nella speranza che sia tutto un brutto sogno ma purtroppo so benissimo che non lo è.
Inizio a pensare che forse è meglio così, quando uscirà da là dentro si rifarà una vita e troverà una ragazza migliore, con meno guai. Magari Dafne, lei è davvero innamorata di lui, non che io non lo sia ma lei è molto meglio di me, in tutto e per tutto. Proprio in questo momento, mia madre arriva in camera mia. "C'è una visita per te" mi dice, per poi uscire dalla stanza. Mi chiedo chi sia a quest'ora, sono le 10 del mattino. Qualche minuto dopo vedo una figura entrare in camera e ci metto poco a capire che è proprio Dafne. Che cosa ci fa lei qui? "Ciao!" mi saluta lei energicamente. Ma come fa ad essere così felice dopo quello che sta succedendo? "Ehm, ciao" ricambio il saluto, un pò in confusione. Lei si siede sul letto di fianco a me, che sono ancora beatamente in pigiama. La guardo, in attesa che lei inizi a parlare per darmi spiegazioni. "Come stai?" mi chiede, ma che domanda è? "Come vuoi che stia?" le rispondo in tono sgarbato, e subito dopo mi riprendo mentalmente per il tono che ho usato. Vedo lei rimanirci male e mi pento di averle risposto così. "Si, è comprensibile. Siamo tutti più scossi ultimamente" mi dice tristemente. "Scusami, io non volevo risponderti così. È solo che tutta questa situazione sembra surreale, non ho ancora realizzato" mi scuso, spiegandole il motivo del mio atteggiamento. "Non fa niente, tranquilla. Anzi, forse non ti aspettavi nemmeno una mia visita" mi giustifica lei, fissando il basso. Visto? Lo dicevo io che è migliore di me. "Che cosa ci fai qui?" vado dritta al punto io e, dicendo questo, vedo lo sguardo di Dafne tornare su di me. "Volevo semplicemente vedere come stessi, dopo il caos che è successo al matrimonio non ti ho più vista, così volevo accertarmi che fosse tutto ok" risponde tentando di fare un sorriso che dovrebbe essere rassicurante. Lei si preoccupa ed io le rispondo male, mi sto sentendo veramente una brutta persona in questo momento. Io ricambio il sorriso, dovrò pur rimediare la situazione, giusto? "Diciamo che sto valutando la situazione in modo diverso, forse questa cosa farà bene ad entrambi. Quando lui tornerà a casa si farà una nuova vita e troverà qualcun altro, chissà, magari proprio te" dò voce ai miei pensieri. "Perché dici così? Lui è innamorato di te, non di me" mi chiede, ed io vorrei sprofondare a quest'ultima affermazione. "Si, però cos'ha portato questa relazione? Solo guai. Invece con te avrebbe una vita molto più serena che con me, d'altronde lo hanno deciso i vostri genitori di farvi stare insieme. E poi non credo di essere la ragazza adatta a lui. Non sono ancora riuscita a trovare un modo per farlo uscire da quel posto, nonostante io glielo abbia promesso. Sarebbe il minimo che potrei fare, è anche per colpa mia se lui ora si trova lì, dico bene?" rispondo, ed in tutto ciò non c'è alcun tono di cattiveria o di malizia, solo di stanchezza verso questo enorme problema. Dafne continua a guardarmi come se fossi una barbona per strada. "Ascolta, io so che tu ora la pensi così perché ti stai quasi rassegnando, ma non devi. Tu lo tirerai fuori di lì, ed io ti aiuterò." questa sua ultima frase mi fa rimanere di sasso, in che senso lei mi aiuterà? "Che cosa intendi?" le chiedo con uno sguardo interrogativo. "Intendo che stasera, alle 22, ci sarà un treno che va direttamente alla stazione più vicina a quel posto infernale dove sta Evan. Come potresti rifiutare una proposta del genere?" ha ragione, come potrei rifiutare? Io e Dafne ci guardiamo con uno sguardo complice, per poi iniziare a pianificare come non destare sospetti. Evan, arrivo.

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