"Ti porto in un posto."

5.1K 275 166
                                    

“Posso stà sicuro che non me salti addosso?”

Le possibili opzioni di risposta sono due: o riderci su, dargli una pacca sulla spalla e cambiare discorso o sfoderare la faccia tosta e punzecchiarlo più di quanto faccia lui.
Sarà il caos alcolico che domina la situazione ma scelgo la seconda.

“Ti piacerebbe.”

La sua espressione muta in una smorfia di compiacimento, che forse non se lo aspettava ma allo stesso tempo non desiderava altro che questo.

“A me? Quando mai.”

Può ritrarre quanto gli pare ma il modo in cui ha accorciato le distanze dei nostri volti e l’immediato gesto di appoggiare le sue mani sul bordo del lavandino dietro di me, dicono tutt’altro, continuano a stuzzicare.

“Se dici una cosa è perché la pensi, se la pensi la vuoi, quindi tu puoi starne sicuro, piuttosto mi preoccupa il contrario.”

Nell’esatto momento in cui mi ha posto quella domanda ha dato vita ad un gioco a cui mi piace giocare, posso persino dimostrare di essere più bravo di lui, se mi ci impegno il coltello dalla parte del manico diventa mio.

“Che io te salti addosso? Ma te l’hai vista Giulia che fregna è?”

Ha toccato il mio tasto dolente, rischio di perdere tutti i punti guadagnati.

“Carina, niente di speciale.”

Spiattellare la carta dell’eterosessualità non mi farà demordere, soprattutto se la butta in tavola così, con un tono estremamente provocatorio ed un sorrisetto malizioso celato dall’aria da spavaldo

“Se vede che de femmine non ce capisci un cazzo Simò.”

“Tu invece l’hai visto Alex che fregno è? In fondo un po' di maschi ne capisci, giusto?”

“Hai rotto il cazzo con sto Alex.”

Adesso l’ho toccato io il suo di tasto dolente, tutte le cose che non riuscivo a spiegarmi acquistano un senso come quando gli ho parlato di lui la prima volta, la sua reazione al campo da rugby, la sceneggiata in spiaggia, la cena saltata, il mettersi in mezzo e le battutine…

“Che c’è, sei geloso?”

“Geloso di te? Perché dovrei. Però me fa strano che te piace lui dopo che te so piaciuto io.”

“Che avresti tu più di lui?”

“Questo me lo devi dire tu, no?”

“Niente più di lui, a me Alex piace, pure assai, mi sa che ti tocca accettarlo.”

“Te non hai capito che io non devo accettà proprio niente.”

“Ah no?”

Mi sa che ci siamo spinti troppo oltre, siamo talmente vicini che il suo respiro irregolare si mescola col mio, con un filo di fiato corto pronuncia un’ultima parola, non la ascolto ma la sento vibrare su tutto il corpo perché ormai le sue labbra sono già sulle mie.

“No.”

Ritorna il suo sapore, non avrei mai immaginato di poterlo riavere indietro ancora una volta, ha il gusto dolce di chi ritrova la strada di casa dopo averla cercata spasmodicamente nei vicoli di una città sbagliata, il retrogusto amaro di chi non si riesce ad abbandonare perché nel frattempo ne ha costruita un’altra.

“Manuel non possiamo, è sbagliato.”

“Sti cazzi se è sbagliato.”

Non passa nemmeno un secondo dall’emissione di voce finale al bacio successivo, è un turbinio di sensazioni inspiegabili che fanno a cazzotti con il frammento di lucidità che fa fatica ad andar via.

Quello sguardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora