Piccolo flashback.

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Immergiamoci nel lontano 1864 quando i nonni di Amara avevano rispettivamente vent'anni e che Vivienne aveva nel grembo il piccolo Nick e di come entrambi hanno affrontato la separazione dei due a causa della guerra.
Arrivai primo all'inizio della mia nuova vita.
Sono Robert Wilson, maggiore dell'esercito inglese. Ho una moglie splendida, con occhi e capelli autunnali e una dote musicale che ipnotizza anche il tempo. Finalmente ho iniziato nuovamente la mia vita, lasciando il passato nel dimenticatoio e dare il benvenuto al nuovo me.

Dopo ogni due anni dal ritorno di mio marito, uomo gentile, che ama far divertire e giocare i bambini, ama fare giochi di magia e ama restare fuori al balcone almeno 5 minuti prima dell'alba, che gli si illuminano gli occhi, color Luna. Ha la completezza di essere un soldato leale che protegge la propria patria. Con sé porta sempre le lettere che gli scrivo giorno dopo giorno, ogni singola parola, per lui è oro colato, ogni fiore di carta uscito male, che ha nella tasca del giubbino, rappresenta il mio amore per lui e per ogni bacio rubato, per ogni bacio del "torno presto" per me era un "tornerò tutto intero". Nel frattempo, qui la vita a Londra è monotona, leggere, suonare e comporre, non mi bastano più, così ho iniziato a scrivere lettere per il mio Robert.

Altre due settimane e torno a casa, dalla mia lei, che aspetta impaziente il mio ritorno. Qui in caserma è tutti tranquillo, niente imboscate o esercitazioni.
Ma c'era qualcosa che non quadrava. C'era quella lettera che speravo di non scrivere mai. I fiori non erano più di carta, e non i classici fiori. Quelli erano i "non ti scordar di me". Aspettai l'arrivo a Londra prima di consegnarla a Vivienne, ormai tornato a casa e questa volta per sempre, le lessi il contenuto.

Infransi la promessa fatta o meglio la scommessa persa e sparai al cielo, guardai con occhi lucidi quel cielo limpido come pochi qui a Londra, e sparai il secondo colpo. Lui se ne era andato per sempre a causa di una malattia che io nemmeno sapevo che avesse, mentre io ero lontano kilometri, lui affrontava tutto questo da solo. Quella malattia come è che si chiamava... Ah giusto. Fu quello il giorno in cui inizia a percepire tutti i suoni attorno a me, i cinguettii degli uccelli, le voci delle persone, i loro pensieri, le loro sensazioni, emozioni, addirittura riuscii a percepire, quel rumore atroce che si immetteva nella testa facendomi piegare in due ogni volta.
Capii.
«Un giorno ti scrivo una lettera, l'altro mi sforzo per ricordarmi chi sei»

Arrivai al capo linea di quella che ormai era una vita consumata.
*Vivienne*
15/9/1864
"Ei amore, come stai? Come va la missione? Sai mi manchi, mi manchi così tanto che nemmeno la musica mi risolleva più. Mi manca la tua presenza qui con me. Mi manca il tuo profumo, sai dormo ancora sul tuo cuscino, e scusa se lo troverai umido. Mi manca la tua voce. Il suono così tranquillo che dal primo mattino metteva una quiete quasi spaventosa. Mi manca il modo in cui mi chiami. Mi mancano le piccole lettere di carta. E mi mancano i piccoli gesti, qualsiasi, pensane uno, ecco quello mi manca.
Dalla tua V."
*Robert*
"Non ti scordar di me. Non lo fare, ricordami. Fallo finché puoi. Ricorda cosa siamo stati, chi siamo diventati, come ci siamo arrivati. Ricorda me e ciò che ho fatto per te. Ricorda, ricorda, ricorda. E se la memoria ti inganna, tu guarda la luna e farai vedere chi deve comandare. La luna è l'oggetto per il quale ti aiuterà a ricordarmi. Fidati di lei, sarà l'unica a non ingannarti e sarà l'unica ad aiutarti a ricordami. E se quella brutta malattia ti far scordar di me e neanche la luna potrà aiutarti nonostante fosse fedele a te, leggi le mie lettere, leggi ciò che scrivo, che sia anche una frase piccola, purché possa rinforzare il mio ricordo. Ricordami quando vedrai quella foto sul comodino e si proprio quella che ora stai guardando, la nostra foto, guarda come siamo belli, guarda come eravamo felici. Se stai leggendo questa lettera vuol dire solo una cosa, io non sono qui, e tu stai cercando di ricordarmi.
Fallo stellina mia, ricordami
Dal tuo M".

*Vivienne*
16/10/1864
C'è un vuoto nella mia mente che non riesce a riempirsi. Ecco che arrivava la pazzia più totale, si ricordava di me un giorno sì e uno no. Il cuore non reggeva più, ero arrivata al limite, non potevo sopportare il fatto che l'uomo che ha amato e che amo tutt'ora, non si ricorda di me.

Andammo avanti così per anni, ormai nostro figlio è cresciuto, siamo nel 1880 e Nick ha incontrato una ragazza è così adorabile, com'è che si chiamava? A si giusto Elle.
Nick era l'unico che Robert ricordava. Era un bene, altrimenti io ora non sarei qui a parlare con voi cari lettori, anzi penso che sia in qualsiasi manicomio dalla pazzia.
Ma eccomi qui, viva, vegeta e soprattutto ancora sana di mente.

*Robert*
Inizia a scrivere, su qualsiasi cosa mi veniva tra le mani, pezzi di carta, sulla pelle, sui muri. Era l'unico modo per sfogarsi in quella piccola stanza buia e fredda. L'unica cosa che speravo era di una lettera di "V", avevo bisogno di lei per ricordare, ma più gli anni passavano e più i ricordi si annebbiavano. Poi vidi mio figlio, il piccolo Nick e per come fosse un miracolo, riuscivo a ricordare grazie a lui, era la mia ancora.

"Mia cara,
È da un po' che non ci sentiamo e io non riesco a non pensarti.
Sono passati ormai 15 mesi che non ci vediamo, non posso aspettare oltre, non vedo l'ora di vederti.
Sai ho trovato quei fiori, sono proprio quelli che hai sempre voluto, strano che anche sulla neve si trovino le rose.
Ma forse è solo una mia illusione e io non saprò neanche chi sei, tra qualche minuto. Cerco di combattere di non dimenticarti, ma tu cerca di ricordare quando ogni mattina ti portavo un pezzetto del tuo dolce preferito, di ricordare di quando ogni notte ti lasciavo un pezzo in più della coperta così da non morire di freddo, non ti ricorderai di quanto io, ti ho amata durante quel festival di primavera mentre ballavi tra gli alberi e seguivi il cinguettio degli uccellini cantando insieme a loro.
Sai col passare dei mesi, molte di queste cose le ho visto così tante volte che ormai ho il presentimento che non siano così tanto speciali.
Oppure lo erano se fatte insieme a te, ti ho sempre detto:
"Non permettere che tanta intimità diventi comune".
Non permettere che quel festival, quella coperta e quella torta diventi il gesto più comune di tutti.
Mettici il tuo essere romantico, il tuo essere unico, speciale, mettici il tuo cuore, così vedrai come non sarà più ordinario.

*Vivienne*
Robert è tornato a casa finalmente è di là che gioca con Nick, ormai lui ha diciannove anni e l'anno prossimo nel 1900 si sposerà con la dolce Elle.
C'è una cosa che mi terrorizza, non è la guerra, non è Nick che si sposa, è il tempo e di come ti porta via le persone che ami in un batter d'occhio. E Robert lo sapeva, infatti nel 1899 mi scrisse per la prima volta ricordandosi di me:
"A volte la paura del tempo, ti divora pian piano amplificando così ogni tipo di sensazioni belle o brutte.
Il tempo ti divora perdendo sé stesso, pur dedicandosi a te.
A me che ho paura di lui, lui stesso cerca di mangiarmi pezzo dopo pezzo fino a scomparire nel nulla più assoluto.
Il tempo ti fa vedere cose che mai potevi immaginare prima. Immagini che ti gironzolano per la testa giorno e notte, non riesci a scacciarle, allora che fai? Vaghi anche tu alla ricerca del tempo.
Il tempo che ti divora facendoti aprire gli occhi, sulla realtà che ti sta attorno, con quella voce roca ti urla tutto quello che ha passato.
Dopo tutto, anche il tempo soffre insieme a te e scompare nel nulla, ritrovandosi nel nulla insieme a te. Hai temuto di lui senza accorgerti di quanto anche lui si stesse divorando per dimostrare quanto anche lui avesse paura di sé stesso."

Sono state poche pagine intese, almeno per me che scrivo e spero per te che leggi, ti lascio altr'altra lettera da parte di Robert.
"Forse sto scrivendo fin troppe lettere, ma è più forte di me. Ho bisogno di scrivere, ho bisogno di scriverti e ho bisogno di te. Di stare accanto a te, in questo momento, tra un'ora, domani, dopodomani, tra un mese anche tra un anno.
Stare a fianco a te sempre per sempre. So perfettamente che non esiste un sempre che completi il nostro amore. Tuttavia abbiamo la nostra Neverland. La nostra isola che non svanirà mai, che sarà sempre li. Sempre.
Forse non dovrei riscrivere un'altra lettera, ma desidero e ho bisogno di parlare, di dirti quanto la nostra fiducia non svanirà mai. Ho bisogno di dirti semplicemente quanto ti amo.
Dal tuo M"

11 novembre 1900 morte di Robert Wilson.
Ero morto, ancora dovevo realizzare, vedevo solo il mio corpo che veniva portato via dai dottori. Sentivo solo i dottori che dicevano:
"Soffriva di psicosi e soffriva di Alzheimer"
Realizzai le parole del dottore e mi ripetei per più volte che soffrivo di quella malattia e che a causa di un incedete in treno ho ucciso non solo la mia anima ma anche di mio figlio. Ricordo ancora i piccoli Amy e John che correvano sul prato, che giocavano sotto la pioggia, senza alcun timore di bagnarsi o di sporcarsi col fango. Ricordo la bellissima Elle. E ricordo la mia a dorata moglie finalmente, la mia piccola "V" ha sofferto molto a causa mia, forse è un bene che me ne sia andato.
L'ultimo momento prima di andare nell'aldilà, ascoltai la sua voce.
Ascoltai attentamente quella voce, quel bisbiglio. Ascoltai quelle parole maledette, che non si levavano nella mia testa.
Ascoltai "ricorda che in cielo e in terra io ti amerò per sempre".
"Ricorda che ti amo".

NeverlandWhere stories live. Discover now