CAPITOLO 7

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Sulla strada verso l'aeroporto, Ashton ricevete una telefonata da parte di Lady McCready. Gli chiedeva di fermarsi per un altro incontro. Così dovettero rimanere a Nassau per un altro giorno. Presero due stanze nel più grande albergo della città e dopo averlo salutato freddamente, Michela andò nella sua stanza. Voleva fare una doccia e sentire Sasha.

Lo squillo del telefono posato sul comodino le sembrò particolarmente acuto.

"Sì?" rispose lei in fretta, infilandosi un accappatoio dopo essere appena uscita dalla doccia.

"Sono io."

La voce era calma e fredda.

"Presumo che tu voglia mangiare."

Il cuore le saltò un battito e Michela tossì per schiarirsi la gola.

"Insomma... pensavo di farmi portare qualcosa in camera."

Lui emise un sospiro di esasperazione.

"Non essere così dannatamente sciocca. Mi hanno detto che c'è un ristorante eccellente a pochi passi dall'albergo. Si chiama 'La Caverna' ed è un ristornate italiano... Ricordo che ti piaceva la cucina italiana."

"Adoro ancora la cucina italiana, ma non sono dell'umore di cenare... Con te," aggiunse lei.

Seduta sul bordo del letto si sentì prendere dal panico e se la prese con ogni santo in paradiso che aveva permesso a quell'uomo di tornare nella sua vita. Come poteva la sorte essere tanto crudele?

"Mia cara Michela, hanno delegato a te il compito di rendermi felice. Non è forse ciò che ti ha detto il tuo capo? Devi fare in modo che il cliente sia soddisfatto e contento finché metterà la sua firma."

"È un ricatto?"

"A me i ricatti non dispiacciono. Saunders è il tuo capo e mentre parlava con un membro anziano del suo staff, decantava le tue lodi. Non deluderlo! Passerò a prenderti alle sette e mezzo."

E la chiamata finì. A Michela restarono due possibilità. Non rispondere quando lui avesse bussato alla sua porta, oppure vestirsi e aspettare le sette e mezza. Hugh l'aveva messa nei guai. Alla grande!

L'opinione che aveva di sé stessa peggiorò alquanto. Era una povera, triste donna ammalata d'amore. Una donna la cui missione principale era stata dimenticare un uomo e che invece aveva fallito miseramente.

"Deve solo firmare e poi non lo vedrò mai più! Dai! Puoi farcela! Firmerà e andrà via... per sempre," confidò alla donna riflessa nello specchio del bagno.

"Sì... Come no..." le rispose il riflesso.

Avrebbe potuto comportarsi molto male, essere provocante, sedurlo. Ci sarebbe stata una certa soddisfazione nell'impostare quel gioco. Solo che lui era sposato e che anche dopo tanti anni, aveva il potere di ferirla. Del resto aveva chiesto qualcosa e l'aveva ottenuto. Doveva accettare le sue responsabilità e quindi pagare il prezzo. Lord Dunraven era intoccabile.

Quando si fu vestita, seppe di stare bene. Le piaceva avere un bell'aspetto. Una donna aveva bisogno di ogni arma del suo arsenale. Ubbidendo ad un impulso, aveva messo nella valigia un abito lungo di uno stilista australiano famoso per i suoi caffettani e per i vestiti adatti ad una vacanza in lussuosi alberghi.

La seta a fiori tropicali era bellissima e il verde delle foglie riprendeva il colore dei suoi occhi. Poi lasciò sciolti i lunghi capelli biondi benché avesse avuto l'intenzione di legarli.

Ottennero un tavolo davanti alla promenade, con la spiaggia alle spalle. Ashton, fisico perfetto e occhi di un azzurro intenso, era assurdamente bello e sensuale. Si era perfino abbronzato e il solo vederlo le procurò un intenso piacere. L'importante era riuscire a controllarsi.

UN NATALE DA RICORDAREWhere stories live. Discover now