Buone intenzioni

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La busta della lettera di Narcissa continuava a guardarla, mentre lo specchio a doppio senso taceva oramai da molte ore. Ginny continuò a osservare la scrivania e a sospirare. Erano passati due giorni da quando era fuggita, perché ammettiamolo, era fuggita davvero, da Malfoy Manor e non aveva ancora parlato con Draco. Però lui non aveva più insistito: aveva provato a chiamarla due volte con lo specchio e basta; non aveva scritto, non era andato a cercarla a casa sua. Probabilmente non voleva darle spiegazioni, non c'era un altro motivo. E lei non voleva fare il primo passo. Dannato orgoglio Grifondoro! Sapeva che era un guaio, che doveva dargli la possibilità di spiegarle, anche solo di farsi raccontare perché lui le aveva dato l'impressione di essere intenzionato a qualcosa e poi...  e poi invece non lo era stato più. Resistette alla tentazione di piangersi addosso e si alzò quando qualcuno bussò alla sua porta.

Ron aveva alzato il pugno per bussare sul legno e si era bloccato a metà strada. Poi si era fatto forza e aveva battuto il colpo velocemente alla porta della camera di Ginny, prima di cambiare idea.
"Ron..." mormorò sua sorella quando aprì la porta e Ron avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto. Qualsiasi.
"Ginny, io..."
"Ti ha obbligato Hermione a venire?" gli chiese lei, con un sorriso stanco e aprendo la porta del tutto.

Suo fratello entrò nella stanza mentre la sua testa si muoveva annuendo in risposta alla sua domanda. "Ginny, io non..."
Ginny sapeva che qualunque cosa avesse fatto Ron era a fin di bene, però le dava fastidio lo stesso. "Ron, tu non c'entri niente con..."
"Lo so" ammise lui, interrompendola e Ginny si stranì al suono del tono della sua voce. Sembrava molto più sicuro. Quasi quanto Charlie quando spiegava come difendersi dall'attacco di un Ungaro Spinato. "Lo so che non c'entro niente. Ma Ginny, sei mia sorella! Dovevo chiedergli che intenzioni avesse con te. Dovevo sapere se potevo stare tranquillo. Io ti voglio bene.. sì, ecco, io..." L'imbarazzo di Ron gli colorò le orecchie e Ginny non poté più dire niente: non sapeva ancora cosa fosse successo, ma il pensiero di Ron che cercava di spiegarle che aveva solo voluto proteggerla le fece intenerire il cuore e sorrise.
"Vieni qui" disse, avvicinandosi a lui e abbracciandolo. "Lo so che mi vuoi bene, perché te ne voglio anch'io..."
"Mi dispiace tantissimo che vi siate lasciati per colpa mia, io ti giuro che non volevo, stavolta... Deve aver capito male..." Ron la strinse mormorando le sue scuse contro il suo orecchio e Ginny pensò di essere una ragazza fortunata, per la prima volta in diciassette anni, ad avere così tanti fratelli.
"Non è stata colpa tua non devi preoccuparti: l'ho lasciato io."
"Vuoi che gli spacchi la faccia?" La domanda di suo fratello, unita all'espressione del suo viso, la fece ridere.
"No, Ron. Non c'è bisogno, a dir la verità" ammise subito dopo.

"Vuoi che... ne parliamo?" La voce di Ron tentennava tanto quanto la sua sicurezza. Non voleva parlare con Ginny di Malfoy. E anche che si fossero lasciati, non gli interessava più di tanto, però gli dispiaceva che lei soffrisse, questo sì. Era sempre la sua sorellina. Una guastafeste, una rottura quando doveva portarsela in giro, una seccatura e una bacchetta più potente della sua, purtroppo, ma sempre la sua sorellina.
"No" rispose lei.
"Oh, grazie, Merlino! Avevo il terrore di doverti consolare!"
Ginny rise alle sue parole. E, cosa ancora più strana, non gli puntò contro la bacchetta. "Non dovresti essere così sincero, sai, Ron?" disse, mentre continuava a ridere.
"Sai che non sono bravo in queste cose..." ammise lui, passandosi una mano fra i capelli.
"Lo so. Ma grazie per avermelo chiesto". Ginny gli cinse ancora la schiena e lo abbracciò di nuovo.

Ron circondò le spalle della sorella e sospirò contento. Rimasero così qualche minuto, in silenzio, con l'unico pensiero che potevano contare l'uno sull'altra senza che ce ne fosse bisogno, quando tutti e due vennero spaventati dal picchiettio di un becco sulla finestra.
"C'è un gufo, Ginny" disse Ron alla sorella, che non si mosse dalla sua posizione.
"Sì, sarà di Narcissa. Me ne ha mandato uno anche ieri... È un grosso gufo bianco?" chiese, senza voltarsi.
Narcissa? Narcissa la signora Malfoy? E perché sua sorella la chiamava per nome? Forse per lo stesso motivo per cui Hermione chiamava sua madre per nome! "Mmm... No, è marrone. Ma è grosso. Penso sia un gufo reale..."
Ginny si staccò da lui per voltarsi verso la finestra. "Marrone?" ripeté e Ron, stupidamente, perché lei non poteva vederlo, annuì.
"È Pansy!" esclamò.

Ginny percorse il breve tragitto che la separava dalla finestra e poi, quando si fermò davanti ai vetri, l'aprì con la bacchetta. Ron l'affiancò quasi subito, mentre il grosso gufo saltava sulla scrivania e lasciava cadere la busta con un forte grido. "La Parkinson?" chiese.
"Sì."
"Mi sa che vado, allora..."
"Vai pure. Saluta Harry e George al Tiri Vispi" gli disse, facendo un cenno con la mano e allungandosi a prendere la busta che il gufo aveva lasciato. Ruppe il sigillo di ceralacca e tirò fuori la piccola pergamena decorata, iniziando a leggere le poche righe: le avrebbe detto qualcosa per via del fatto che si era lasciata con Draco? Forse in quel caso le avrebbe mandato una strillettera. Rimase invece stupita quando lesse le poche righe che le scriveva la mora: non parlava di Draco, ma aveva litigato con Zabini e le chiedeva se avesse voglia di andare con lei a bere una burrobirra a Diagon Alley.
Oh. Ginny non seppe subito come interpretare la cosa, se la ex Serpeverde la stesse ingannando per conto di Draco o cosa, però aveva voglia di uscire di casa e Hermione era a casa dei suoi a fare i compiti. Non aveva chiesto né a Luna né a Neville di uscire perché non voleva ammettere con loro che la storia con Draco era finita e magari sentirsi dire qualcosa che non le piaceva o che Harry o Ron scoprissero del matrimonio del ragazzo. Pansy poteva essere una buona valvola di sfogo. Sempre che fosse vero quello che le aveva scritto. Sospirando scribacchiò una risposta su un pezzo di pergamena e le diede appuntamento dopo un'ora davanti alla Gringott, così da poter andare in un pub lì vicino.

***

"Ginny!" esclamò la mora, quando la vide, appena lei si materializzò in Diagon Alley.
"Pansy, che è successo?" Ginny fece tre passi nella sua direzione quando la notò e sorrise andandole incontro.
"Oh, quel troll di Blaise continua a farmi ammattire e non trovo nessuno che mi capisca!" disse ancora, avvicinandosi a lei e baciandola sulle guance. "Dove vuoi andare? Ho visto un po' di ragazzi, ma..." iniziò Pansy, guardandosi intorno e interrompendosi, probabilmente perché non aveva voglia di stare in mezzo alla gente.
"Se non devi fare acquisti, possiamo andare al pub qui dietro, non ci va molta gente..." Ginny indicò con la mano guantata un piccolo vicolo che partiva dalla via principale e vide Pansy annuire.
"Perfetto!"

Pansy non vedeva l'ora di raccontare all'amica, perché effettivamente Ginny Weasley era diventata una sua amica, dopo averla salvata dal cioppo di matrone prima di Natale, di come Blaise le avesse, di nuovo, fatta pressione per sposarsi.
"Però, aspetta."
Pansy si fermò sorpresa, alle parole della rossa. "Che succede?" chiese, un po' in agitazione. Non è che Blaise aveva detto a lei e a Draco qualcosa la sera che era andato a casa loro?
"Io... Non so se lo hai saputo... Ma io e Draco non stiamo più insieme..." La voce della Grifondoro si perse nell'aria, mentre lei sospendeva la frase.
Merlino! Loro si erano lasciati e lei non voleva più uscire insieme? "Ma... Non me lo hai scritto... Quindi non vuoi..." inziò la mora, cercando di trovare le parole adatte.
"No, no io... esco volentieri con te" ammise e Pansy notò che le sue guance presero un po' di colore e non per il freddo.
"Oh, bene!" disse prendendola a braccetto e incamminandosi verso il pub che le aveva indicato poco prima. "Possiamo parlare anche di Draco, comunque. Cos'è successo? È per il troppo lavoro?"
"No, io..."

Ginny vide chiaramente la fronte di Pansy corrugarsi e il suo sguardo scrutarla come se potesse leggerle dentro. "Lo hai lasciato tu?" le chiese e la rossa annuì, pensando che avrebbe potuto, ancora, cambiare idea e aspettò che le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
"Cosa ha combinato? A volte i ragazzi sono dei Troll allucinanti! Possiamo..." Per quanto apprezzasse le attenzioni dell'amica, Ginny scosse il capo.
"Preferisco non parlarne. Magari fra qualche giorno..." concesse.
"Va bene. Intanto ti racconto della figura che Blaise mi ha fatto fare davanti a sua madre!"
Ginny, contenta che Pansy avesse lasciato perdere il suo tentativo di farli rappacificare.
"Beviamoci la burrobirra e sono pronta per ascoltarti!"

***

"Io ti giuro che lo amo davvero, ma non voglio scendere a compromessi. Non voglio pensare di far qualcosa solo per far contente le nostre madri! Secondo te, faccio bene?"
Pansy aveva raccontato tutti i dettagli di come Zabini l'avesse messa alle strette e tentato di farle una dichiarazione davanti alle loro famiglie, così che lei non potesse tirarsi indietro. Ginny sorrise, perché Pansy non si era fatta ingannare e aveva lanciato incantesimi e maledizioni e, probabilmente per questo, le piaceva sempre di più.
"Sì, certo". Loro la pensavano allo stesso modo.
"Guarda, fra Daphne che sposerà qualcuno scelto dai suoi genitori e Millicent che pensa che nessuno le chiederà mai di sposarla e quindi cercherà di accettare qualsiasi cosa, sto diventando matta!" Pansy appoggiò troppo velocemente la burrobirra sul sottobicchiere e un po' di liquido dondolò, ma senza mai traboccare.
"Intendi un matrimonio combinato?" chiese Ginny, pensando a ciò che aveva detto sulla Greengrass.

Pansy sospirò. "Sì, un matrimonio combinato. Sembra una cosa da medioevo, vero?" ammise, davanti alla faccia curiosa e impressionata di Ginny. "Per fortuna i miei non sono così ottusi. Sì, beh, mia mamma ha detto che sarebbe meglio che iniziassimo a far le cose sul serio, io e Blaise, ma almeno non mi hanno mai imposto di sposare chicchessia. E penso che i miei insistano perché hanno paura delle malelingue e cose così. Pensano che io fossi vergine, prima di incontrare Blaise, ma mica ho detto loro la verità!"
"E sei stata anche con Draco, Pansy?"
Pansy sentì le guance scaldarsi e guardò verso l'entrata del pub. Che dire? La verità! "Mmm... No..."
"Guarda che non ce l'ho con te, puoi dirmelo se è successo". Il tono della rossa era stranamente calmo e Pansy, nonostante tutto, credette alle sue parole.

Ginny guardò di nuovo la ex Serpeverde, con il cuore che batteva all'impazzata. Come avrebbe preso la sua confessione? Aveva quel dubbio da così tanto che ormai era abituata alla sua esistenza. Ma visto che aveva la possibilità di chiederlo...
"No, no, davvero. Cioè, siamo usciti insieme per un po'. Siamo andati anche al ballo del ceppo, ricordi, al quarto anno?" Ginny annuì: sì, se lo ricordava. "Ma fra noi le cose non funzionavano. Non come agli altri. Ci siamo frequentati un po' per le nostre famiglie: a loro piaceva tanto vederci insieme, come una coppia di bambole posate sul pianoforte, hai presente?" Ginny annuì ancora, ma lei a casa non aveva un pianoforte e non aveva idea di che simboleggiassero le bambole. "Ma stare insieme per gli altri, non è proprio facile... Ed è durato tutto come l'incendio di una fenice: puff..." Pansy aprì le dita delle mani di colpo. "Io mi sono messa con altri e lui..." Ginny capì che lei non sapeva cosa potesse dire del passato dell'amico e apprezzò la cosa, anche se andava a suo discapito.
"Mi hai aiutato a Hogwarts perché stavo con lui?"

Pansy alzò una spalla. L'anno prima, Hogwarts era invivibile. All'inizio poteva essere interessante, ma poi quel clima di violenza e paura inquietava anche loro Serpeverde. "Forse. Non lo so. Può essere" disse, senza voler ammettere niente. "Io e Draco siamo amici. Gli amici si aiutano".
La rossa annuì. Pansy pensò che si sarebbe fatta bastare quella dichiarazione. "E ora che non sto più con Draco?"
"Ho detto che siamo amici, non che ha sempre ragione. Ma se vuoi una mano..." Ginny scosse di nuovo la testa e Pansy si accontentò.
Parlarono un altro po' e Ginny le raccontò proprio il minimo indispensabile, anche se nominò Draco più volte, ma Pansy non cercò mai di costringerla a dirle qualcosa che non voleva dire, anche se a un certo punto la conversazione si interruppe perché il discorso finì per forza sul biondo.
"Prendo il giornale" disse dopo poco la Grifondoro alzandosi e avvicinandosi a un altro tavolo, dove un mago si era alzato e aveva lasciato una copia de 'La Gazzetta del profeta' e la mora pensò che lei lo avesse fatto per cambiare argomento.

Ginny posò la Gazzetta sul tavolo e Pansy alzò la mano per chiamare il cameriere, quando, leggendo un titolo in seconda pagina, la rossa esclamò: "Merlino!"
"Che succede? Qualcosa di grave?" chiese l'amica, un po' disturbata dal fatto che il cameriere avesse fatto finta di non vederla.
"È morto Jack Porter!" Il suo tono dovette essere sbalordito il giusto, perché finalmente Pansy si girò verso di lei.
"Il figlio del direttore Porter dei trasporti al Ministero?" chiese, ma Ginny scosse le spalle: non aveva la più pallida idea di chi fosse figlio Jack, ma Draco le aveva detto che il bambino era ricoverato al San Mungo per una grave malattia. Una maledizione del sangue, aveva detto. Una maledizione che non erano riusciti a guarire. E Draco era tremendamente affezionato a quel bambino. E ora era morto. Povero Jack... E Draco come stava? Come stava superando quel dolore? Perché Ginny lo sapeva perfettamente, Draco stava soffrendo.
"Era un paziente di Draco" mormorò, più a se stessa che alla mora seduta accanto a lei.

Pansy capì dall'espressione sul viso della ragazza ciò che aveva bisogno di sentirsi dire. "Dovresti andare da lui. Qualsiasi cosa ti abbia fatto, ora potrebbe aver bisogno di te".

Ginny alzò lo sguardo sulla mora e annuì. "Sì, hai ragione" disse, alzandosi e guardandosi intorno, un po' spaesata.
"Vai, qui faccio io. E facci sapere come sta."
"Ma non vi eravate lasciati, tu e Zabini?" Questa volta fu la ex Serpeverde ad alzare la spalla.
"Sai com'è..." Ginny sorrise, le promise di scriverle presto e si smaterializzò subito.

"Draco? Draco dove sei?" esclamò, appena si materializzò sul tappeto del salotto di Draco. Per un attimo fu stupita del buio che c'era: le tende erano tirate sulle finestre della stanza, dandole più di una sensazione di penombra, così che lei non potesse vedere niente. "Draco!" gridò ancora, dirigendosi verso la camera, con il cuore in gola: e se non fosse stato solo?

"Ginevra."
Draco sussurrò il suo nome come se per farlo avesse dovuto usare tutta la forza che aveva e chissà, probabilmente era proprio così. La ragazza si voltò di scatto verso di lui e strizzò gli occhi: lo stava mettendo a fuoco. Forse stava cercando di capire la situazione. Quando si avvicinò, Draco riuscì a vedere il suo viso: la sua espressione non gli piacque per niente. Sembrava pietà, pietà mista a compassione. Per quanto fosse contento di vederla, si irritò.
"In onore di quale tragedia sei venuta fino a qui, nonostante ti sia rifiutata di parlarmi negli ultimi due giorni?"

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