Capitolo 5

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Fissavo e rifissavo il libro con la speranza di riuscire a far sì che tutte quelle parole davanti a me potessero trasformarsi in frasi di senso compiuto, ma la verità è che la mia testa era totalmente da un'altra parte.
Continuavo a rifiutare le chiamate dei miei genitori, sapevano che a breve avrei dovuto sostenere il mio ultimo esame, ma avevo scelto di non dire loro nè il giorno, nè l'ora per il bene della loro, ma, soprattutto, della mia salute mentale.
Essere andata allo stadio domenica mi aveva fatto proprio bene, avevo bisogno di distrarmi.

"Ma a chi vuoi darla a bere. Sappiamo tutti che sei solo felice di aver incontrato di nuovo Matteo."

Ed eccola lì, la mia coscienza, a ricordarmi per l'ennesima volta quegli occhi color cioccolato che faticavano ad uscire dalla mia testa.
La verità è che in questi ultimi due giorni ero un fascio di nervi e subito dopo la preoccupazione per la mia carriera universitaria e il mio futuro, lui era in cima alle lista dei motivi che mi tormentavano.

Domenica sera, dopo la partita

"Amore, è veramente un peccato che tu ti sia persa la fine della partita. Avresti dovuto vedere le facce dei bergamaschi." Non era certo ciò che mi sarei aspettata di sentire dopo essere sparita per venti minuti, ma vabbe almeno si è accorto della mia assenza.

"Si... che peccato" risposi senza prestargli realmente attenzione.

"E poi quel Pas-, Pes-, Pastina, Pessina, sì insomma lui, ha giocato veramente una partita di merda. Io non so con che coraggio Mancini lo abbia convocato in nazionale."

All'improvviso, solo il sentire il suo nome mi fece scattare sull'attenti e mi girai di colpo verso il ragazzo di fianco a me.
"Capita di avere giornate no, ma questo non fa di lui un calciatore di merda" risposi tagliente.

"Cos'è tutta questa aggressività? Non ho mica offeso tuo fratello. A proposito, ma che fine avevi fatto?" mi disse Marco non appena entrammo in auto.

"Stavo cercando il bagno e mi sono persa tra i vari corridoi"

"Sei sempre la solita sbadata" si rivolse a me con un tono di rimprovero, ma allo stesso tempo divertito.

Preferii non rispondere, non mi andava proprio di litigare.
Sì, era vero, ero estremamente distratta e il senso dell'orientamento non era di certo la mia dote più spiccata, ma odiavo questo suo costante trattarmi da bambina, come se non fossi in grado di gestire autonomamente me stessa e le mie cose.

Tutto il tragitto fino a casa fu dominato da un silenzio asfissiante che non fece altro che ricordarmi di quanto invece Matteo fosse stato dolce e pacato con me.
Istantanee del nostro incontro si susseguivano nella mia mente, mentre avevo la fonte poggiata al finestrino. Che stupido clichè, mi sentivo proprio come una delle protagoniste delle classiche commedie romantiche, anche se di finto, in quel momento, c'era ben poco.
Ero così immersa nei miei pensieri da aver totalmente perso la cognizione del tempo e non essermi accorta di essere arrivati nel vialetto di casa.

"Ma che hai stasera? Ti sei incantata?"
Marco aveva aperto il mio sportello e mi aspettava già fuori dall'auto.

"Nulla, sono solo stanca" cercai di sviare la sua attenzione, l'ultima cosa di cui avrei avuto bisogno quella sera erano proprio le sue domande incalzanti, cosi mi diressi verso il portone del nostro palazzo.

Osservai il nostro riflesso nel grande specchio posizionato nell'ascensore e non potei fare a meno di notare come lui avesse deciso di fare lo stesso incatenando il suo sguardo al mio.

"Beh io conosco un modo molto piacevole per farti stare meglio" ammiccò lui avvicinandosi e sussurrando al mio orecchio.

Iniziò a lasciare una lunga scia di baci partendo dal collo, passando per il mio lobo sinistro in una lunga tortura che sapeva mi facesse impazzire, fino ad arrivare finalmente alle mie labbra che si unirono alle sue in un bacio tutt'altro che casto.

Irresistible  - Matteo PessinaWhere stories live. Discover now