v i n g t

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Charles' P.O.V.

La vita era piena di sorprese, alcune anche fin troppo impensabili, e prendeva delle pieghe inaspettate. Quella volta non era stata da meno. Se qualcuno mi avesse detto che sarebbe stato Pierre a fare il primo passo per ritornare alla normalità, avrei risposto che non lo conoscevano affatto e che avrebbero dovuto smettere di credere nel lieto fine. Ne ero convinto a tal punto che mi ci sarei giocato tutto, eppure mi sbagliavo. Ancora una volta mi dimostrava di essere completamente diverso da come lo avevo conosciuto.

«Successo qualcosa?». Mi domandò Inés, non appena ritornò nella mia camera da letto con i nostri caffè. Solo allora mi resi conto di essere rimasto a fissare incantato lo schermo del cellulare che ormai era si era spento per il lungo periodo di inattività. All'inizio ero tentato dal non dirle niente - d'altronde non avevo idea di quando sarebbe venuto a trovarci - ma, poiché non mi sembrava corretto tenerla all'oscuro, decisi di rivelarle tutto.

«Pierre mi ha scritto per chiederci di incontrarci uno di questi giorni. Verrà qui a Monte-Carlo perché vuole dirmi qualcosa, ma non so a cosa si possa riferire». Alle mie parole rimase in silenzio, non sapendo bene come rispondermi. Non la biasimavo, perché ero a conoscenza del fatto che Pierre fosse una delle persone più importanti della sua vita e che quella situazione le stesse stretta. Il suo mondo aveva sempre girato attorno a due stelle fisse, che erano diventate una quando Pierre l'aveva rifiutata, lasciandomi campo libero. Si sentiva persa, fuori luogo e incapace di orientarsi, perché la stella più luminosa, quella che aveva sempre indicato il suo cammino in maniera più chiara e ferma, si era allontanata. Noi tre creavamo un equilibrio così perfetto da sembrare quasi impossibile da alterare. Ciascuno di noi aveva delle proprie doti e dei propri comportamenti che ci rendevano diversi, ma, paradossalmente, affini. Non potevamo esistere in quanto singoli, perché la nostra identità da sola era scialba, monotona e perfettamente nella normalità.  Questo equilibrio, però, aveva iniziato a traballare, a dare i primi segni di cedimento, nonostante i tentativi di risollevarlo e riportarlo allo splendore di prima. Pierre era sempre stato il nostro migliore amico, ma sapevo che per Inés era qualcosa di più. Lei aveva bisogno di lui per poter andare avanti, per poter essere felice. Aveva bisogno della sua presenza e della sua rassicurazione per essere certa di star facendo la cosa giusta. Noi tre eravamo sempre stati i tre pezzi di un puzzle che avrebbe perso di senso senza di essi o, ancora, i tre vertici di un triangolo equilatero che, nonostante le loro diversità, danno origine a una forma geometrica perfetta. Noi tre eravamo anime gemelle, ma il destino sembrava aver deciso che avremmo dovuto sacrificare l'amore per mantenere integro quel legame che esisteva da ormai vent'anni.

«Sai, mi dispiace per lui. Si era fissato ciecamente di me e io mi sono comportata esattamente nel modo che lui temeva di più. Dicevo di essere diversa, ma, alla fine, l'ho ferito anche più delle altre persone». Inés si lasciò andare alle sue considerazioni, dopo essersi accomodata sul letto e aver nascosto il volto tra le mani. La guardai confuso, non comprendendo bene a cosa si riferisse e, soprattutto, chi fossero quelle persone che lo avevano ferito. Percependo la mia confusione, decise di spiegarsi meglio. «Sto per raccontarti qualcosa che non credo ti piacerà, ma è giusto che tu lo sappia». Mi limitai a fissarla senza parlare, annuendo semplicemente per invitarla a continuare. «Ricordi quando ti raccontai che avevo dato il mio primo bacio?».

«Sì, mi avevi detto che lo avevi dato a un tuo compagno di classe». Scosse la testa.

«Non era vero. Il mio primo bacio è stato Pierre». Spalancai la bocca dalla sorpresa, ma non ebbi il coraggio di ribattere o chiedere chiarimenti. La mia fortuna fu che me li diede ugualmente. «Ci avevo riflettuto molto e credevo che la persona più adatta potesse essere lui».

«Perché?». Solo quello riuscii a domandare. Abbozzò un sorriso.

«Perché volevo che si sentisse speciale almeno per una volta». Fece una breve pausa. «Pierre, anche se non sembra, è molto insicuro di sé e crede di non essere mai degno delle poche gioie che gli accadono. È per questo motivo che mi ha lasciata andare». Il suo sguardo perso nel vuoto e le sue parole pungenti mi colpirono. «Anche in quell'occasione...». Ripuntò lo sguardo nel mio. «...voleva passare la palla a te. Voleva che fossi tu a darmi il primo bacio, ma io ho rifiutato. Credeva che tu fossi la miglior scelta, perché piacevi a tutti senza fare sforzi, mentre lui era cercato fin quando c'eri tu di mezzo». Pierre aveva davvero dovuto soffrire tutto ciò per colpa mia? «Io allora gli ho promesso che avrei sempre preferito lui a te, che non avrei mai commesso l'errore degli altri e che non l'avrei mai fatto sentire inadatto. Ero convinta di potercela fare, ma ho fatto lo stesso sbaglio delle altre persone, sebbene sapessi quanto lui ci teneva a me».

«Tiene ancora a te». Le posai una mano sulla spalla. «Se avessi saputo la verità, non mi sarei mai messo in mezzo. Non voglio che Pierre soffra per colpa mia. L'ho sempre visto così felice e spensierato che non avrei mai pensato che stesse attraversando tutto ciò». Mi strinse maggiormente a sé, per poi scuotere la testa.

«Pierre è molto bravo a nascondere i suoi sentimenti, non gli piace stare al centro dell'attenzione, almeno quando si parla delle sue emozioni. Crede e pretende di poter andare avanti senza dare la priorità a se stesso, ma non è così che funziona. Ogni tanto mi piacerebbe poter entrare nella sua mente per convincerlo di quanto sia magnifico in realtà e di quanto sia bello averlo nella mia vita, ma, oltre a essere impossibile, sono convinta che non riuscirebbe a convincersene neppure così». All'improvviso mi alzai, iniziando a girare per la stanza come se avessi appena avuto un'idea geniale o come se fossi appena impazzito del tutto. Quella situazione era strana, così come i miei sentimenti e i miei pensieri. Stavo facendo la cosa giusta? Inés provava realmente qualcosa per me? Avrei dovuto chiarire la situazione con Pierre? Tutto era così confuso che fui costretto a sedermi nuovamente sul letto per evitare un giramento di testa.

«Devo necessariamente parlare con Pierre, dobbiamo chiarire e raccontarci tutto ciò che ci siamo nascosti negli anni». Inés annuì, chiaramente d'accordo con le mie parole. Eravamo i suoi due migliori amici, era ovvio volesse che il nostro rapporto tornasse quello di prima. «Prima, però, devo farti una domanda». Alzò un sopracciglio, visibilmente confusa, non aspettandosi che la situazione prendesse quella piega, ma annuì, non avendo, poi, così tanta scelta.

«Tu che cosa provi per me, Inés? E che cosa provi per Pierre?». La mia domanda l'aveva decisamente colpita, visto che non sapeva come rispondermi. Aveva fatto per parlare, ma, una volta spalancata la bocca, nessuna voce uscì. Era chiaro che fosse ancora confusa e che non avesse dato una forma definitiva ai propri sentimenti. Probabilmente, non aveva neppure intenzione di farlo a breve termine. Puntò lo sguardo verso un altro angolo della stanza, prima di riportarlo su di me pochi istanti dopo.

«Non lo so». Disse semplicemente. Le sue gote erano diventate rosse, così come le sue orecchie, e dovette coprirsi il volto con le mani per nasconderlo. Continuò a parlare, ma la voce era camuffata, quindi dovetti chiederle di ripetere. «Credevo di aver chiarito i miei sentimenti una volta per sempre, ma mi sbagliavo. Quando ero a Rouen ogni cosa mi ricordava te, ma, ora che sono qui, ogni cosa mi ricorda Pierre. Non volevo dirti nulla perché credevo che nel giro di poco tempo la situazione si sarebbe ristabilita, ma il solo nominarlo ha portato altra confusione nella mia mente». La guardai, colpito dalla sua sincerità e schiettezza. «Mi piacete entrambi e non è una bella sensazione. Siete i miei due migliori amici, non voglio mettere zizzania tra di voi».

«E se entrambi provassimo a conquistarti?».

Lie to Me || Pierre Gasly & Charles LeclercWhere stories live. Discover now