d i x - s e p t

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Charles non aveva intenzione di allontanarsi da me, sebbene fosse stanco e a stento riuscisse a mantenere gli occhi aperti. Era come se ancora non riuscisse a capacitarsi del fatto che io fossi lì, in carne ed ossa, davanti ai suoi occhi, e che non avessi più alcuna intenzione di andarmene. Nei suoi occhi non leggevo paura o timore, ma solamente curiosità e stupore. Non lo biasimavo, d'altronde ero fuggita e ritornata senza avvertirlo e senza dargli una vera motivazione e spiegazione, quindi era giusto che nella sua testa avesse molte domande che desiderava pormi. Dall'altro lato, però, poiché non parlava, immaginai che non volesse neppure sprecare quel tempo facendomi un interrogatorio, ma che avesse intenzione di impegnarlo in quel modo: abbracciati e in silenzio. Di solito, Charles non era il tipo da rimanere in silenzio - era fin troppo logorroico per riuscirci - quindi mi sorprese vederlo così assorto nei suoi pensieri da non tentare neppure una conversazione con me. Con l'intento di capire a cosa stesse pensando, aprii la bocca per parlare, ma prontamente mi pose l'indice sulle labbra e scosse la testa, impedendomi di farlo.

«Avremo tempo per parlare e chiarirci. Ora voglio solo guardarti. Sei stata così tanto tempo via che ho temuto di poter dimenticare i tratti del tuo volto». Anche se avessi voluto rispondere, non avrei trovato le parole giuste per farlo, perché mi aveva lasciata interdetta. In un primo momento, immaginai che avrebbe distolto lo sguardo, una volta realizzato ciò che mi aveva appena rivelato, ma quando vidi che continuava a guardarmi con lo stesso fervore di prima, nulla potetti fare se non arrossire e cercare un altro punto nella stanza su cui portare la mia attenzione. Il mio movimento non dovette piacere a Charles, perché, sebbene senza dire nulla, pose le sue dita sotto il mio mento, così che il mio volto fosse nuovamente di fronte al suo. Solitamente era lui quello a distogliere lo sguardo per primo, ma, in quel momento, mi sembrava di star prendendo parte a una guerra già persa ancor prima di iniziarla. Non ero mai stata a disagio con lui, neppure in situazioni molto più "intime" rispetto a quella, ma questo era dovuto al fatto che non vi fosse mai stato alcun chiarimento sui miei sentimenti e su quelli del monegasco. Avevamo condiviso il letto, spesso ci lasciavamo andare a serate di abbracci o di coccole, senza alcun imbarazzo o timore, quindi non eravamo nuovi a questo "mondo". Eppure, la consapevolezza che provassimo qualcosa l'uno per l'altra aveva fatto aumentare la sicurezza in lui e diminuire la mia. Era come se, in quel preciso istante, io mi fossi privata di quella maschera che mi difendeva, per dargli la possibilità di comprendermi a fondo. Avvertendo il mio disagio, Charles decise di cambiare i suoi piani per parlarmi e pormi quelle domande che gli stavano attanagliando la mente. «Credevo che saresti tornata solamente per prendere la tua roba e ritornartene a casa. Quasi stentavo a credere che fossi realmente tu quella davanti alla porta, prima. Mi sono dato un pizzicotto sulla gamba per essere certo che non mi fossi addormentato e stessi immaginando tutto». Mi prese per mano, per poi farmi accomodare con lui sul divano su cui era seduto nell'istante in cui avevo fatto irruzione nella nostra abitazione.

«Sarei ritornata qui anche se non avessi realizzato di aver commesso un grosso errore a non comprendere i miei veri sentimenti per te. Avevo bisogno di tempo per metabolizzare quanto accaduto, per riprendermi anche dal forte imbarazzo che avevo provato alle parole di Pierre, quando ho rivelato i miei sentimenti. Temevo di perdervi per sempre, perché ero venuta meno a una delle regole più importanti, forse la più importante in assoluto, solamente per un mio capriccio». Charles mi sorrise, per poi farmi appoggiare la testa sul suo petto, accarezzandomi, nel mentre, i capelli.

«Se ti può essere di conforto, tutti e tre l'abbiamo trasgredita. Penso sia davvero difficile non innamorarsi quando si trascorre così tanto tempo con una persona e quando conosci ormai tutto di lei». Fece una breve pausa, solo per sistemarsi meglio sul divano e per chiudere gli occhi, appoggiandosi allo schienale. «Non ci biasimo, sebbene speri con tutto me stesso che la situazione ritorni alla normalità e che i rapporti con Pierre si ricostruiscano. Posso solo immaginare come si senta in questo momento, soprattutto dopo aver scelto di sacrificare i suoi sentimenti per la nostra amicizia. Qualche volta mi domando se sarei riuscito anche io a fare lo stesso, a parti invertite, ma la risposta rimane sempre la stessa: no. Forse la più grande dichiarazione di amore l'ha fatta lui, nei tuoi riguardi e in quelli del nostro legame, perché ha cercato di nascondere la verità, sapendo che mentire ci avrebbe aiutato a non allontanarci. Mi pento di essermi comportato male con lui, perché non ha mai fatto nulla, in maniera volontaria, per farmi soffrire. Io invece sono stato egoista, ho pensato unicamente a me stesso e a ciò che sentivo io, incurante di ciò che stesse provando Pierre. Mi sento in colpa, perché, mentre io mi arrabbiavo con lui e mi ingelosivo, lui metteva da parte i suoi sentimenti per aiutarmi». Fece una breve pausa per sbadigliare, gesto che mi fece sorridere.

«Da quanti giorni non dormi?». Abbassò lo sguardo, così da evitare il mio che, forse, appariva troppo inquisitore per i suoi gusti.

«Da quando te ne sei andata». Vidi le sue guance diventare rosse, prima che si coprisse il volto con le mani e si lasciasse andare a una risata imbarazzata. Spalancai gli occhi sorpresa, non aspettandomi minimamente quella risposta. «È patetico, non è vero?». "No, non lo è. È dolce.", pensai, ma non dissi una parola. Mi limitai semplicemente a porre entrambe le mie mani sulle sue guance per fargli alzare il volto, così che potesse guardarmi.

«Il discorso lo concluderemo domani, adesso è meglio che tu dorma». Scosse la testa, esattamente come faceva quando eravamo più piccoli e Pierre gli diceva di far giocare prima me con la sua macchinina della Ferrari.

«Non voglio dormire, perché tu potresti andartene di nuovo». Sorrisi alle sue parole, per poi lasciargli un bacio sulla fronte e alzarmi.

«Rimarrò qui, te lo prometto». Gli porsi il mignolo. «Giurin giurello». Ridacchiò a quel gesto, che era esattamente quello che facevamo da piccoli. Allungò anche lui il mignolo, per poi unirlo al mio. «Ora, però, vai seriamente a dormire. Sei distrutto e tra due settimane dovrai correre di nuovo e devi essere preparato. Annuì e insieme ci incamminammo verso le nostre stanze. Quando ci ritrovammo ognuno dinanzi alla sua, si avvicinò a me per lasciarmi un bacio sulla fronte.

«Non hai idea di quanto tu mi sia mancata, Inés». Posai il mio mento sul suo petto, per poi sollevarlo così che potessi guardarlo. Charles abbassò la testa e mi sorrise.

«Mi sei mancato anche tu, Char, davvero tanto». Al soprannome sorrise ancora di più.

«Char?». Alzò un sopracciglio, divertito.

«Che c'è, non ti piace? Vuoi che lo cambi?». Scosse la testa, per poi avvicinare il suo volto al mio.

«È perfetto». Non mi diede il tempo di rispondergli che aveva riportato le sue labbra sulle mie, lasciandomi un bacio a stampo, prima di allontanarsi nuovamente da me, non solo con il viso ma anche con il corpo, per avviarsi nella sua camera. «Allora ci vediamo domani?». Annuii, prima di rispondergli un flebile «Sì». Mi rintanai nella mia camera ed ero pronta a sistemarmi sotto le coperte, quando sentii bussare alla porta. Era certamente Charles, ma non riuscivo a spiegarmi il motivo di quel suo gesto.

«Puoi entrare». Dissi, mentre mi stendevo sul mio letto, intenzionata a riposarmi il più possibile.

«Lo so che è un po' strano da chiedere e capirò perfettamente se rifiuterai...». Alzai un sopracciglio, guardandolo confusa.

«Charles, mi stai per caso chiedendo di occultare un cadavere?».

«Cosa? No! Cioè, no, non riguarda alcun cadavere... Credo ».

«In che senso credi?».

«Potresti sempre uccidermi dopo ciò che sto per chiederti». Ridacchiò e roteai gli occhi, divertita. «Posso dormire con te?». In un primo momento, temetti di non averlo compreso bene, perché aveva posto la domanda in maniera così veloce che il mio cervello non era riuscito a connettere subito le parole. Non appena lo feci, arrossii pesantemente e cercai di nascondere il mio volto dallo sguardo attento di Charles. «Te lo ripeto, non sei costretta ad accettare... Capirei benissimo qualora decidessi di rifiut-».

«Va bene». Lo interruppi.

«Rispetto la tu- Aspetta, hai detto di sì?». Annuii.

«Possiamo dormire insieme, non sarebbe la prima volta, d'altronde». Mi sorrise e richiuse la porta dietro di sé, prima di avvicinarsi a me e accomodarsi anche lui sul letto. Ci stendemmo entrambi di lato, io su quello esterno e lui sull'interno, e lui mi abbracciò da dietro, portando la sua testa nell'incavo del mio collo.

«Buonanotte, ma belle». Sussurrò, non so se perché è come se avesse voluto mettere in evidenza l'intimità di quel gesto o se perché stava ormai per addormentarsi.

«Buonanotte, Charles». Esclamai semplicemente, prima che chiudessi gli occhi e mi lasciassi andare a un sonno tranquillo che mi mancava da molto tempo.

Lie to Me || Pierre Gasly & Charles LeclercWhere stories live. Discover now