Capitolo 1: Guess who's back!

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Il sole era appena sorto, portando con se' una delicata luce rosata. Man mano che si alzava nel cielo, i grattacieli della Grande Mela si illuminavano deliziosamente, facendoli divenire simili a lo sfondo di un dipinto.
I raggi penetrarono nella grande - e disordinatissima- stanza di Alexander, e nello stesso momento la sveglia suonò, emettendo un suono terribile. Lui la spinse giù dal comodino, si alzò e prese il telefono. Era presto, circa le 06:30, avrebbe potuto dormire ancora per un po', ma quel giorno aveva fin troppi impegni. Così fu costretto a sbrigarsi.
Prima di tutto andò in bagno e si specchiò: la carnagione abbronzata, la quale rappresentava le sue origini caraibiche, i capelli marroni-rossi lunghi fino alle spalle, gli occhi grandi e azzurri, il viso scavato e il naso lungo e dritto.
Prima di andare avanti legò i capelli in quella che, secondo lui, doveva essere una coda bassa, ma agli occhi altrui sembrava più un disastro aereo. Tutto questo a causa di alcuni ciuffetti folti e ribelli, come il padrone.
Quando finì con il bagno passò alla parte del vestiario, la sua preferita. Questo perché il nostro caro Alex era conosciuto come il più eccentrico del Columbia's College, per cui doveva prestare MOLTA attenzione agli abbinamenti, al modo in cui sfoggiava gli outfit...
Ecco cosa decide di indossare:

Una volta pronto- e dopo essersi ricordato di dover tirare su la sveglia- andò in cucina, altrettanto confusionaria, e cercò qualcosa con cui fare colazione

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Una volta pronto- e dopo essersi ricordato di dover tirare su la sveglia- andò in cucina, altrettanto confusionaria, e cercò qualcosa con cui fare colazione.
Aveva in mente di fare uno di quei piatti aesthetic che vedeva su Pinterest e Tik Tok, una cosa artistica, insomma. Sapete come si ridusse? Tazza di caffellatte e pane. Si, era piuttosto pigro.
Poi prese telefono, zaino, skate e partì. Il quartiere dove viveva era abbastanza vuoto, e si sarebbe animato tra qualche ora, per cui poté andare velocemente e godersi l'aria fresca. Dopo un paio di minuti arrivò a destinazione.
La struttura era grandissima, di origini settecentesche. Ai suoi lati vi erano dei prati verdi con qualche albero, varie panchine e ,di fronte, una piazza con al centro una grande statua di bronzo sempre piena di professori e studenti. Il tutto, come probabilmente si sarà intuito, era destinato solo ai ragazzi prodigio, ragazzi di un certo livello, e non dimentichiamo che, per seguire i corsi e comprare i libri, bisognava sborsare una cifra abbastanza elevata annualmente. Alexander - e tutto il suo gruppo di amici - erano stati presi per la loro bravura, per la loro intelligenza - anche se erano i soliti "bravi ma non si applicano"- e sopratutto perché, tra qualche tempo, sarebbero dovuti entrare nel campo del lavoro.
Quando gli altri lo videro cominciarono a gridare il suo nome e a salutarlo, e mentre lui ricambiava si dirigeva verso l'ingresso, un largo e alto portone verde scuro.
Attraverso delle videocamere nascoste lo identificarono ed entrò in quello che tutti chiamavano "il portale spazio temporaneo". Ebbene, non appena si varcava quella soglia, sembrava di essere tornati indietro di trecento anni: pavimenti lucenti, pareti chiare e piene di quadri e foto incorniciate, armadietti scuri e un silenzio che poche volte veniva sovrastato dalle voci.
- Buongiorno, Alexander. - Qualcuno lo salutò.
Subito si voltò a vedere chi fosse, anche se lo immaginava già. Era Sebastian, il collaboratore scolastico da tutti - compresi i prof - conosciuto per la sua impazienza e forte voce che riusciva ad udirsi persino da dietro il college.
- Buongiorno anche a te!
- Mi stavi facendo preoccupare, vieni sempre prima...- il suo tono era freddo, neutrale, cambiava solo quando si arrabbiava.
- Eheh, lo sai che minuto in più, minuto in meno, vengo lo stesso! - lo rassicurò il ragazzo slittando leggermente in avanti - Cioè, verrei anche con la febbre a quaranta...! Non mi perderei mai un corso!
L'uomo sogghignò, poi si passò una mano sulla bocca, come per far andare via quel piccolo accenno di sorriso che lo faceva sembrare tenero, un omone piccolo piccolo. In tutto ciò abbassò lo sguardo, sgrano' quei suoi sottilissimi occhi, e...
- ALEXANDER HAMILTON! - sbuffo' fortemente - SEI UN PAZZO! SE TI VEDE IL PRESIDE MI AMMAZZA!
Tutti i coloro che erano all'interno gli rivolsero un'occhiata, e, per non trasformare il tutto in una figuraccia, si diede una bella spinta e parti' a tutta velocità, con Sebastian che lo rincorreva e gli altri che si scansavano divertiti. Il pavimento liscio come l'acqua del mare in inverno lo aiutò molto, così come le acclamazioni euforiche che sentiva.
"VAI ALEX!"  
" SLITTA COME SE FOSSI SULLA NEVE, DAI!"
-EHI, EHI, INDOVINATE CHI È TORNATO?
-HAMILTON! ( yeah, yeah!)
-CHI È TORNATO?
- HAMILTON! ( yeah, yeah!)
- CHI È TORNATO?
-IL SUO NOME È ALEXANDER HAMILTON! - concluse il sottoscritto lasciandosi alle spalle il corridoio percorso e le urla entusiaste degli altri.
Fini' nella parte centrale della struttura, una sottospecie di lounge arredata con divani, librerie, poltrone, un'area svago in stile moderno completamente circondata da vetrate - finestre. In quel momento c'erano solo tre persone, sedute sul divano più lungo.
-Bella raga! - Saluto' e subito frenò davanti a loro.
In risposta alzarono il capo quasi contemporaneamente, sorrisero e balzarono in piedi.
- EHI, EHI, INDOVINATE CHI È TORNATO? (Alexander)
-HAMILTON, OUI OUI! ( yeah, yeah!)
- CHI È TORNATO? (Alexander)
-HAMILTON, SIGNORI! (yeah, yeah!)
-CHI È TORNATO? (Alexander)
- HAMILTON, BRAH! ( yeah, yeah!)
- A VOSTRA DISPOSIZIONE, CARI!
Dopo scoppiarono in una fragorosa risata, seguita da abbracci e pacche sulle spalle amichevoli.
Loro erano i quattro migliori amici. Si erano conosciuti tanto tempo fa, quando Alex si era trasferito da Charlestown a New York, e da lì nacque una forte amicizia, anche se si sbagliavano di qualche anno.

Hamilton: The Revolution Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora