VII.

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Capitolo 3.

Tutto sembrò più difficile dopo.
Patroclo non tentò nemmeno di guardarlo negli occhi, troppa era l'apprensione. Sentì il sospiro pesante di Achille dopo quel che aveva detto. Mugugnò un <mi dispiace>, ma non era sicuro di quello che aveva sentito. 《Scusa.》Questa volta lo sentì, e Patroclo lo guardò con crescente trepidazione mentre si allontanava da lui e il suo calore non lo avvolgeva più. Sentì pungente il freddo, sebbene fosse imbottito fino all'osso, con il suo maglione di lana e il cappotto lungo. Ma sentì di nuovo, finalmente, l'aria ai polmoni.《Patroclo.》Achille ripetè, stavolta il suono uscì gentile e non fece altro che far sorridere Patroclo. Il suo nome proferito da lui non pareva troppo lungo, o troppo strano, non gli dava così fastidio. Lo rendeva delicato e liscio, come se stesse davvero scivolando dalla sua bocca.《Sì, Achille..》vide il ragazzo avvicinarsi ancora, posargli una mano sulla spalla e il suo bello sguardo tornò ad essere pieno di preoccupazione.《Stai bene?》 Patroclo avrebbe voluto dire così tante cose, così tante domande e poche risposte a seguirlo. 'Mi dispiace,' avrebbe detto, il demerito che ormai lo stava consumando. E poi, all'inesorabile domanda che ormai si aspettava da tempo, non poteva fare altro che mentire. Infondo sapeva che la colpa non fosse di Achille, per quanto ne sapeva, neanche sua. Ma cosa avrebbe potuto dirgli comunque? Da come si comportava con lui, Achille pareva sempre felice di avere quelle visioni, almeno fino a quel giorno. Ora somigliava più al greco Achille che a se stesso, e la paura di ciò lo mangiava vivo. E Patroclo non si sentiva mai contento, non riuscire a rispondere ai suoi dilemmi da solo con libri e ricerche matte e disperatissime, sembrava dargli più rogna degli incubi stessi. Lo facevano stare così male tutti quei ricordi, come se non fossero suoi e avessero solo usato il suo volto.
《Sto bene, non tormentarti.》Sorrise distrattamente dopo poco, ma Achille sembrò non crederci
《Non volevo essere rude, in nessun modo. So solo che anche tu hai sentito quello che ho sentito io, anche tu mi hai sognato così, e io-》Achille tentò di respirare invano, le parole sembravano essersi bloccate in gola. Tentava di guardarsi e non vedersi come un mostro spietato, la vergogna che riempiva i suoi occhi e persino quelli dell'antico. 《Achille..》Ma il suono sembrava distante, troppo distante per le sue orecchie da poter sentire, non riusciva a guardare davanti a sé, e tentò più volte di schiarirsi la voce.

"Achille. Te ne prego, guardami."

Spalancò gli occhi e tenne un grande respiro, guardando poi Patroclo come se fosse un'antica visione, e lui a sua volta sembrò essere turbato. 《Achille, va tutto bene.》Disse Patroclo, tentando di calmarlo in qualche modo. Questa volta fu lui a posargli una mano sulla spalla, pensieroso sul volto.《So che hai sentito quella frase. Ho visto il tuo sguardo, la tua preoccupazione, e mi sono precipitato lì.》Achille sembrava non starlo a sentire, continuava a fissare fermo un punto nell'aria davanti a lui e pareva terrorizzato da se stesso, si sentiva ancora sporco e tuttavia, continuava a preoccuparsi di più per Patroclo che improvvisamente fu curioso. Non si spiegava perché fosse così in pensiero per lui che nemmeno conosceva così, e anche se fosse stato per le visioni, 'conosceva' solo il Patroclo Greco.《E posso sapere il motivo..il motivo reale.》Si azzardò a chiedere, e finalmente Achille lo guardò negli occhi. Fu un attimo, una vampa docile che lo attraversò.《Poiché tengo a te più di quanto tu possa credere.》Lo disse con così tanta calma, troppa perizia, filò così bene tra i suoi denti e poi il suo sguardo di smeraldo, la sicurezza infima che tornava nei suoi occhi.
E più lo guardava, più si sentiva sciogliere. Sembrava non sfiorarlo più quello che aveva detto prima, la consapevolezza che Achille sapeva di lui e dei suoi sogni, sapeva di aver visto la stessa corazza achillea lorda di sangue.
《Come faccio a credere alle tue parole, tu non mi conosci. Siamo solo compagni.》Sussurrò, ma uscì senza durezza, non avrebbe osato. Sentiva il suo cuore battere un po' più velocemente, il grande peso sul petto che gli faceva pensare: era così che le persone si sentivano quando erano in colpa?《Hai ragione. Forse io non conosco te, e tu non conosci me.》Achille si allontanò, la sua voce tremò, ma si convinse fosse per il freddo. Il suo tono era così basso che faticò a sentirlo. E poi si allontanò da Patroclo che istantaneo sentì il vento soffiargli sul volto. Rabbrividì. Achille anche dallo sguardo sembrava non demordesse, non voleva lasciarlo in pace come aveva chiesto Patroclo.《Allora ci vedremo, Patroclo.》Tuttavia, anche dopo che Achille sparì dal suo campo, sentì il vuoto riempirlo.

~.

《Posso sapere perché ti crogioli così tanto nella tua disperazione invece di fare qualcosa? Non ho ben capito cosa è successo..》Briseide sembrava quasi rimproverarlo con il sorriso, mentre si incamminava assieme a lei per arrivare a una lezione. Non ricordava nemmeno cosa fosse, continuava a pensare a lui e a lui soltanto. E in più si pentì quasi di aver detto del fatto a Briseide, ma si sarebbe pentito di più se non lo avesse fatto.《Briseide, non è affatto così.》 Disse, arrivando agli armadietti, stipi. Erano così scarni e scavati, forse quel legno era pure mangiato dalle termiti.《Si è forse infatuato di te?》Quasi lo sussurrò, con un leggero sorriso, e Patroclo la guardò come se fosse pazza. Non ci sarebbe stato alcun modo, nemmeno se fosse stato una donna. Gli pareva così estraneo che una persona come Achille potesse anche solo interessarsi a lui, ma era quello che stava accadendo e non avrebbe potuto negarlo a lungo. Quando Patroclo si accinse ad aprire il suo, vide in una piccola fessura un foglietto. Lo prese furtivo, prima che Briseide se ne potesse accorgere.
"Lo sai che Philtatos in greco significa il più amato?"
Sentì il viso scaldarsi.
E come poteva dimenticare, quel giorno in biblioteca.
Philtatos.
Ripeté ancora a mente.
《Cosa significa? Patroclo.》Briseide lo richiamò accusatoria, sbirciando da dietro alla sua spalla.《Cosa.》Non parve una domanda, e Patroclo la guardava.《Sai cosa. Non fraintendetemi, é davvero bellissimo, sareste così belli insieme, ma tu stesso hai detto che non vuoi aver nulla a che fare con lui. Fai un favore a entrambi e non illuderlo così, e..》《ho già provato a dirglielo, non mi vuole lasciare in pace.》Sospirò esasperato Patroclo, persino degli impicci della sua amica. E lei sorrise, iniziando a camminare davanti a lui.《Allora é proprio infatuato.》Rise Briseide, volgendosi verso la stanza e lasciandolo a sbuffare dietro di lei. Patroclo si guardò le mani e solo fissandole in quel momento si rese conto di aver preso i libri sbagliati; non seguì Briseide dentro l'aula e tornò indietro invece, verso gli stipi, ripensando a quello che Briseide disse e non potè fare a meno di sentir le gote calde.

"Se posso permettermi..ti fai troppe domande al riguardo. Sei un uomo grande, grosso e con la mente critica, ma fatichi a pensare che qualcuno possa interessarsi a te? Sei davvero bello, se non ti piacessero i ragazzi confesso che ci avrei provato con te. E anche molte ragazze lo dicono; Elena per prima."

Gli disse una volta Briseide, con un sorriso in volto.
E lui non pensava davvero di stare pensando troppo; non gli importava quanto ci provasse ma continuava a sembrargli inusitato, curioso come quel ragazzo dorato potesse essere davvero artefice dei suoi sogni, del loro destino. Ma se doveva pensare solo all'Achille che poteva vedere e toccare in carne e ossa, non riusciva a capire l'interesse.
E anche quando aprì di nuovo le ante per riporre i libri errati, prendendone di nuovi, un biglietto immacolato era posato sopra i suoi averi. Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra. 'Come diavolo faceva', pensò.

"Vorrei parlarti, Philtatos.  Vorrei parlarti davvero tanto in privato, Dèi. Mi chiedevo se potessi avere la vostra presenza in biblioteca domani, dopo le lezioni e olimpiadi."
                                                       Achilleos.

Non potè trattenere una risata.
In tutta la sua vita, Patroclo non si era mai sentito così in imbarazzo almeno per quanto ricordava.
Tuttavia il nome con cui lo aveva appellato, lo fece quasi dissipare in un color porpora acceso. Avrebbe dovuto vederlo vincere ancora, spuntare il suo nome e poi incontrarlo alla biblioteca. Per quanto tentasse di evitarlo gli pareva sempre di ottenere sempre l'effetto opposto. E tuttavia anche se Achille non sembrava inquieto per il fatto successo quella mattina, continuava a non poter smettere di pensare, e lui aveva solo tentato di evitare la realtà e tenersi i suoi segreti ancora un po' di più, a contrario di Achille che tentava di dare un senso a tutta quella strana storia. Ma Achille non era frutto della sua immaginazione. Era dannatamente reale e stava lì ad aspettarlo come un avvoltoio sul corpo di Prometeo.

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