Capitolo 10.

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«Penso che dovremmo proprio tornare di sotto.»

«Io, penso proprio di no!»

«Ian, mio padre mi ucciderà, è quasi un'ora che siamo chiusi qui dentro!»

«Perché tu pensi che tuo padre, o il mio, possano accorgersi della nostra scomparsa? Sono talmente occupati a fingere apparenza, già è tanto si ricordino di avere dei figli...»

Le scappa un sorriso lieve ma sarcastico ad Eleonor, mentre riflette su quanto siano simili i loro padri, concentrati sul loro egocentrismo e sull'esteriorità delle cose, piuttosto che sull'essere delle belle e buone persone.

Continua a leggere, seduta sul velluto della grande poltrona antracite al centro della biblioteca di casa Spencer, con un giovane Ian dall'aria spavalda di chi si sente già un grande uomo vissuto, sdraiato ai suoi piedi, sul tappeto di ciniglia dai colori d'Oriente, ricamato a mano e importato direttamente dal Cairo, in uno dei viaggi d'affari di suo padre.

Ama quelle sfumature Eleonor, per questo lo ha costretto a togliersi le scarpe, per non sporcarlo, e continua a prenderlo in giro per un calzino bucato all'altezza del pollice.

Ed è così che se ne stanno da circa un'ora, a leggere una pila di libri sparsa sul pavimento, a ridere e chiacchierare, come fossero amici da sempre, quando è appena qualche mese che si conoscono.

Eppure è quasi un appuntamento fisso il loro, un segreto, un'intenzione di incontrarsi che nessuno dei due ha mai svelato all'altro e ogni volta che Eleonor riesce a convincere suo padre a portarla con sé, in una delle sfarzose feste a casa Spencer, non appena può, sgattaiola via dal salone principale per dirigersi in biblioteca e trovarlo già lì.

Come la stesse aspettando.

Come sperasse di vederla e sapesse sarebbe arrivata.

Perché è proprio così che Ian vive ormai quelle stupide feste, chiuso in quella stanza in attesa di veder sbucare quella ragazzina con le converse e il vestito elegante.

Non le interessa neanche più circondarsi di tutte quelle civette abbigliate a festa che gli girano intorno ammaliate, preferisce prendere in giro Eleonor, discutere per ore con lei sulle intenzioni di un autore dietro una singola frase, o ascoltarla raccontare storie su sua madre, fino a cambiare argomento e provocarla in modo stupido quando una piccolissima patina inizia a luccicarle gli occhi.

Perché Eleonor ha qualcosa in quello sguardo lì, qualcosa di profondo, un dolore che lui ha paura di toccare e lei non è ancora pronta a mostrare, ha qualcosa di diverso ma familiare, qualcosa di innocente e amorevole nel modo in cui lo osserva di nascosto, che è tutto ciò che serve a Ian in questo momento.

Adesso che sua madre si è definitivamente trasferita in un altro appartamento, ora che suo padre ha ottenuto l'affidamento suo e di Mattew e le occasioni per stare con lei, per vederla e sentirne il profumo dolce, sono sempre più rare.

I soli momenti in cui riesce a prendere un po' di lei, pur non avendola accanto, sono riservati a questa stanza, quella dove passavano la maggior parte del loro tempo insieme e, ovviamente, quando riesce a sgattaiolare via e raggiungerla alla caffetteria.

Gli manca molto la mamma a quel ragazzino troppo grande per ammetterlo e pensare di averne ancora bisogno, ma troppo piccolo per vedersela portare via così.

Fa il duro, fa il fratello maggiore e pensa di essere forte, di bastare a Mattew, di fargli anche da padre, visto che il loro è troppo occupato a fare la guerra alla sua ex moglie, per preoccuparsi di chi ci andrà di mezzo.

Relazioni PericoloseWhere stories live. Discover now