7. Viaggi imprevisti | Present;

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"Non avevo mai saputo cosa fosse l'amoreprima di incontrare quei due

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"Non avevo mai saputo cosa fosse l'amore
prima di incontrare quei due."

È esplosa una bomba in camera mia.

O è passata Mei e non me lo ha detto, altrimenti non mi spiego lo stato pietoso in cui versa: vestiti sparpagliati ovunque; la valigia mezza piena aperta sul letto ancora disfatto; una serie di manga gettati in un angolo e biancheria pulita sulla scrivania. Quest'ultima è l'unica cosa a essere ordinata e solo perché l'ha portata mia madre cinque minuti fa.

Quando è entrata, nemmeno ha commentato. Mi ha rivolto il suo sguardo, insieme severo e accondiscendente, quindi mi ha solo intimato di essere pronta in dieci minuti.

Sospiro.

E dire che, dopo così tanto tempo, dovrei essere abituata. Sono undici anni che, una volta alla settimana, preparo la valigia per spostarmi da casa di mia madre a quella di mio padre e viceversa.

Le loro abitazioni sono differenti proprio come chi ci vive: mia madre ha una villetta bilivello, con un giardino curato con la sua maniacale perfezione, che si riflette anche nell'ordine e nella pulizia meticolosa della casa; qui ho una camera tutta per me, con un letto matrimoniale, una cabina armadio e una libreria piena di manga e romanzi. Mio padre, invece, vive in un appartamento di due sole stanze, a pochi passi dalla Yuuei, il che è solo un altro sintomo di quanto sia pigro.

Onestamente, io le adoro entrambe, così come adoro i miei genitori allo stesso modo. Da mia madre ho preso la determinazione, la passione per l'ambito medico e la voglia di aiutare gli altri a stare meglio; da mio padre ho preso il disordine e la brutta abitudine di rimandare quello che potrei fare oggi a domani, ogni giorno, così da ridurmi sempre all'ultimo, come ora. Lo so che ogni domenica mattina mi trasferisco da una casa all'altra, eppure mi ritrovo sempre a mezzogiorno che ancora devo finire di fare la valigia.

«Haruka!» Mia madre mi chiama dal piano di sotto. La sua voce comincia a contenere note spazientite. «Dai che non abbiamo tutto il giorno, devo attaccare in ospedale alle quindici.»

Guardo la sveglia a forma di All Might che tengo sul comodino: sono le dodici e ventiquattro, ne manca di tempo prima del suo orario di lavoro, eppure so che a lei piace fare le cose con la giusta calma e non correre di qua e di là come sto facendo io.

«Sì, cinque minuti e scendo!» rispondo e infilo una manciata di vestiti a casaccio nella valigia, di quelli che ho accumulato sulla sedia della scrivania, che diventa sempre il mio secondo armadio.

«Me l'hai già detto cinque minuti fa. Guarda che ti lascio a piedi» risponde severa, anche se sappiamo entrambe che non lo farebbe mai.

Riesco miracolosamente a finire di preparare la valigia e sono giù all'ingresso sette minuti dopo. Mia madre ha un sopracciglio sollevato e il suo piede, calzante una ballerina nera, batte ritmicamente a terra in un tacito rimprovero.

DISTANCEWhere stories live. Discover now