5. Per una lattina di cola | Present;

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"Eijiro è sempre stato il mio porto sicuro

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"Eijiro è sempre stato il mio porto sicuro.
Il mio faro nel buio.
La mia roccia."

Dire che ho un diavolo per capello sarebbe un semplice eufemismo.

Non sono una persona che si fa saltare i nervi facilmente, tutt'altro; di solito sono placida e composta, un po' timida e sempre sorridente (proprio come All Might!), ma quel Bakugo Katsuki... Dio! Sa far uscire fuori il lato peggiore di me.

Sono stanca, arrabbiata, frustrata e affamata. L'unica cosa che desidero è tornarmene a casa, mettermi sdraiata sul letto a guardare un anime e non pensare a nulla per il resto della serata.

Purtroppo, quando ho bussato alla porta dell'aula insegnanti, sono stata accolta dal professor Cementoss, che mi ha comunicato che ne avranno ancora per un'oretta. Mi ha poi chiesto se mi servisse qualcosa da mio padre e se lo dovesse chiamare, ma affacciandomi oltre il suo corpo squadrato ho notato Eraser Head alle prese con una discussione che sembrava piuttosto importante, così ho scosso il capo e mi sono limitata a dire al professore che avrei aspettato senza problemi. Cementoss mi ha sorriso, si è raccomandato di non allontanarmi e di fare attenzione, quindi si è richiuso la porta dell'aula alle spalle.

Mi sono diretta nel cortile, perché in tutta onestà i corridoi vuoti e silenziosi della scuola al tramonto mi mettono un po' d'angoscia... oltre che un gran senso di solitudine e tristezza. Il traffico della città è pigro e indolente, come il sole che ha ormai perso la sua forza e sta lentamente soccombendo alle tenebre che divorano il cielo.

Il mio stomaco rumoreggia dalla fame. Ho dimenticato il portafogli a casa, quindi non ho con me neanche uno stupido yen per comprare qualcosa alle macchinette della scuola. La mia pancia brontola di nuovo e questo mi fa innervosire ancora di più.

«Maledetto Bakugo... ma chi si crede di essere? Solo perché può far esplodere la gente, questo non significa che...» borbotto, sempre più di malumore.

Con le mani infilate nelle tasche della felpa, cammino a passo di marcia, consumando le suole delle scarpe sull'asfalto del cortile. Quasi non mi accorgo di una lattina di cola e rischio di metterci un piede in fallo e ritrovarmi col sedere per terra.

Giusto questo mi manca... la ciliegina sulla torta.

Per fortuna, riesco a non perdere l'equilibrio, ma impreco contro la lattina, neanche avesse le sembianze di quell'insopportabile Bakugo, e la calcio con tutta la forza e la rabbia che ho in corpo. La lattina si solleva in cielo, compie un volo parabolico e precipita.

«Ahia! Ma che diavolo...?»

Sulla testa di un ragazzo.

Spalanco gli occhi e porto entrambe le mani a coprirmi la bocca.

Fantastico. La mia solita fortuna. Do un calcio a una stupida lattina e questa finisce col colpire qualcuno, ovvio.

«Oddio, scusami,» esclamo subito, attirando l'attenzione del ragazzo, che ancora mi sta dando le spalle.

DISTANCEWhere stories live. Discover now