Mi svegliai di soprassalto, colta alla sprovvista da un rumore metallico, ovattato. Mi sembrava proprio il rumore del gong. Chi è quel matto che lo suonava così presto? Mi girai svogliatamente verso il comodino, accesi la sveglia... le 6 e 45? Ma si erano bevuti il cervello? Mi alzai, con la testa frastornata a ritmo dei colpi precisi contro lo strumento. Senza nemmeno pensare a cambiarmi, mi affacciai dalla porta della mia camera, ad occhi socchiusi. Finalmente scoprii la fonte del mio risveglio, Wu. Quel vecchietto percuoteva con goduria il gong mentre passava per il corridoio, ridacchiando un po'. Mi passò davanti, urlando «Buongiorno cara!», con tutta la tranquillità del mondo. Feci per girare i tacchi e tornarmene fra le dolci coperte, ma nel chiudere la porta vidi che Cole stava uscendo dalla sua camera, già vestito. Sbadigliai con una mano davanti alla bocca tanto per non essere fin troppo orribile mentre lo salutai con l'altra.
«'Giorno» disse, fermandomi dal chiudere la porta, «non vieni?»
La mia faccia confusa e rimbambita lo fece sorridere. «Secondo te perché il sensei ha iniziato a suonare il gong?»
«Boh, è matto» mi uscì.
«Concordo, ma purtroppo questo è ben poco rispetto a quello che fa di solito. Dai, vieni ad allenarti con noi.»
Allenarsi? Io, che non riuscivo nemmeno a coordinare palleggio e gambe nel basket, colpire una palla a tennis, calciare il pallone a calcio e rispedirla nel beach-volley, potevo mai allenarmi con un maschio alfa di 300 kili di muscoli per due metri di altezza?
«Ti divertirai» mi incitò.
«Non ho mai fatto palestra, e poi non si può fare di pomeriggio? Devi per forza chiedermelo alle sette della mattina senza accennarmelo ieri sera?» mi lamentai.
«Touché, ma non avere mai fatto palestra non c'entra. Fa bene al corpo e alla mente, almeno oggi dagli una chance» si lagnò, guardando verso camera di Lloyd. Fece un cenno con la testa, probabilmente per salutare il biondo.
Sbuffai, ma mi lasciai convincere. Ormai ero sveglia, avrei passato un po' di tempo con loro e sperai di non annoiarmi o fare figuracce. Ash avrebbe sicuramente concordato con me. Accesi il telefono e cercai messaggi o chiamate da parte sua, ma non ce n'era neanche l'ombra. Mi vestii rabbuiata, optando per i leggins con la maglietta che di solito usavo per andare a fare delle camminate.
Uscii dalla camera e Cole mi guardò sorpreso.
«Non hai un top? Staresti più fresca. O magari usa una a maniche corte.»
Rabbrividii al solo pensiero di indossarlo circondata da ragazzi. L'unica volta che avevo indossato qualcosa di scollato nemmeno mi guardavano in viso mentre mi parlavano. «Non mi piacciono molto.»
«Spero per te che non sentirai troppo caldo» e non disse altro. Ringraziai il cielo.
Uscimmo nel cortile passando dalla porta scorrevole della cucina, la stessa dalla quale ero entrata. Erano tutti presenti, che parlottavano fra di loro, ma nessuno aveva le mie stesse movenze addormentate. Salutai un po' tutti, augurando il buongiorno.
Nemmeno il tempo di iniziare un discorso che il vecchietto barbuto suonò un'altra volta il gong, facendo rabbrividire tutti.
«In fila, tutti!» ordinò. Tutti scattarono, probabilmente sapevano l'allenamento a memoria. Mi colpì molto il tono della voce: anch'io mi mossi, nonostante non sapessi dove andare. Aveva scandito molto bene ogni lettera, con lo stesso timbro di voce, quasi ci mettesse tutta la sua forza nel dirle. Quando si rivolse a me, non era cambiato. «Dietro» disse, accennando alla fila che si era creata. Cercai di sbrigarmi e di non cadere a terra come un salame, arrivando a destinazione sana e salva.
«Via!»
Gli altri iniziarono a correre, e io li seguii, annaspando dopo il primo minuto: non ero mai stata una tipa sportiva, non avevo mai avuto tempo per correre o dedicarmi ad un'attività fisica. Dopo quella che mi sembrò un'eternità, Wu batté il suo bastone di bamboo a terra, facendo fermare tutti. Mi piegai in due per lo sforzo, con la consapevolezza di essere l'unica a farlo. Ripresi fiato a occhi chiusi, senza curarmi di quello che stava succedendo.
«Prova» sentii. Alzai lo sguardo, sicura che il vecchietto si fosse rivolto a me. Guardai gli altri e li vidi fare le flessioni, Cole addirittura con una mano. Mi sentii svenire solo al pensiero. Non mi opposi e provai almeno ad arrivare al decimo piegamento, mettendoci lo stesso arco di tempo degli altri, con la differenza che loro ne avevano fatti venti in più. Dopo il secondo battito a terra, si fecero gli addominali, poi dei plank ed infine lo stretching, dove non mi sentii di aver fatto poi così tanto schifo. Al quinto battito, Wu si mise a sedere di fronte a noi, sullo scalino della veranda. Appoggiò il bastone a terra, e toccandosi la barba, fece un segno di consenso con la testa. Lo guardai con aria interrogativa, ma non ebbi risposta. Guardai gli altri, e li vidi tutti seduti, a gambe incrociate. La ragazza mora, quella che doveva chiamarsi Nya, mi fece segno di fare lo stesso, e così feci. Cercai di mantenere il silenzio, ma quando iniziai a sentirmi il formicolio ai piedi dovetti per forza cambiare posizione. Aprii gli occhi, notando che tutti erano rimasti immobili, ad occhi chiusi, e quasi pensai che stessero dormendo. Guardai i visi di ognuno, catturandone le imperfezioni o i dettagli particolari, specialmente quello di Cole, visto che mi stava vicino. Le sue ciglia lunghe erano dritte, mentre Jay aveva delle ciglia cortissime ma meno ricurve rispetto a quelle di Kai. Lloyd era lontano, non riuscivo a scrutare molto di lui, ma aveva un'espressione più rilassata degli altri, quasi sembrava che stesse sorridendo. Mi fissai il suo sguardo, persa nei miei pensieri, ma me ne resi conto solo quando il barbuto mi toccò piano sulla spalla.
«Tutt'okay?» mi chiese, con voce priva di astio.
«Si» risposi sobbalzando, tornando a gambe incrociate.
«Continua, allora» mi ordinò. Feci come richiesto, e non so per quanto tempo restammo così, quasi in ascolto. Capii dopo un po' che doveva essere una qualche specie di meditazione, ma come si aspettava che capissi cosa fare se non mi si era spiegato nulla? Sbuffai indignata, fermandolo a metà ricordandomi di non fare rumore. Quando finalmente il tempo dello yoga o come si vuole chiamare finì, ero più distrutta di prima: non riuscivo a tenermi in piedi per il dolore ai piedi addormentati.
Gli altri erano di buon'umore, tutti sollevati a quanto pare perché oggi non era stato un allenamento duro, ed io iniziai a preoccuparmi sul serio: in che senso quello era un allenamento leggero? Cole mi fece cenno di seguirlo, raggiungendo gli altri che già erano dentro. Feci un passo, ma qualcuno mi posò una mano sulla spalla.
«Seguimi, per favore» disse Wu, al mio fianco. Guardai Cole ma era già entrato dentro, abbassai lo sguardo e camminai dove mi stava guidando il vecchio. A cosa stavo andando incontro? Sperai che non volesse farmi la predica, altrimenti gli avrei risposto per le rime, puntualizzando sul fatto che la mia goffaggine doveva essere giustificata dalla mancanza di spiegazioni... e di allenamento da parte mia. Per carità, non mi sarebbe dispiaciuto allenarmi un po' ora che sembrava che la situazione si fosse calmata nella mia vita: avevo addirittura la compagnia, anche se avrei preferito fossero solo donne. Lati negativi a parte, sperai vivamente che non mi giudicassero una scansafatiche, ora che mi avevano visto all'opera.
Il vecchietto tornò accanto a quegli affreschi colorati, appoggiandosi alla parete con la schiena. Rimasi in attesa, riguardando quelle opere d'arte. Si era messo alla fine di tutte, eravamo quindi vicino a quello che rappresentava la figura incappucciata, abbracciata da quel tentacolo d'argento. Mi sforzai di non fissarla troppo, attratta da quel significato nascosto che non riuscivo a cogliere.
«Non hai mai seguito un addestramento?» chiese d'un tratto. Per chi mi aveva preso, un cane?
«Se intende un allenamento sportivo, no. Non mi sono mai allenata» risposi, guardando la sua barba sbucare da sotto il cappello di paia. Ancora non riuscii a capire perché si copriva così spesso il volto.
«Male» commentò, per poi staccarsi dal muro e sorpassarmi senza fare altre domande. Che modi! Era un vecchietto fissato con lo sport a quanto pare: bell'abitudine per carità, ma prendersela così tanto perché una persona non seguiva il suo modo di pensare... bah! Non valeva la pena rimanerci male, non avrebbe portato a nulla. Cercai di raggiungerlo, chiamandolo. Tutto inutile, ormai se n'era andato dentro la sua bellissima casettina in legno, staccata dal resto dell'edificio principale. Sbuffai, passandomi una mano sul viso, cercando di togliere alla meno peggio le gocce di sudore presenti. Quanto tempo poteva essere passato? Raggiunsi la porta aperta della cucina, appoggiandomi al muro, impacciata come al mio solito. Guardai l'orologio al muro che segnava le dodici: incredibile come avessimo passato la mattinata nell'allenarci. Sobbalzai quando una mano si appoggiò sulla mia spalla.
«Buongiorno!» disse Skylor, dandomi un piccolo bacio sulla tempia. La salutai con un grande sorriso, felice di rivederla. La rossa andò dritta verso Kai, baciandolo davanti a tutti con fare sensuale. Jay riuscì a fermare il piatto prima che si schiantasse a terra, visto che Kai lo aveva lasciato.
Dentro era il caos, con tutti quei ragazzi che apparecchiavano tirando i piatti fra di loro, invece di passarseli come gli esseri umani normali... Zane escluso, l'unico non umano stava cucinando indossando il solito completino molto poco eterosessuale. Ma diciamocelo: quant'è bello il rosa sui ragazzi? Sorrisi fra i miei pensieri, pensando a quanto fossero stupidi gli stereotipi di genere, come attribuire i colori ad un determinato sesso.
«Occhi blu, ti svegli?» attirò la mia attenzione Jay. Mi stava invitando a sedermi con loro. Certo, con gli occhi di tutti addosso non era proprio il massimo.
Mentre mi sedevo, si accese una discussione. «Ma non ce li ha marroni?» chiese Kai, sporgendosi verso di me per controllare. Sbarrai gli occhi per aiutarlo, divertendomi per la sua espressione.
«Ma sono verdi, daltonici rincoglioniti» esordì Skylor, facendo ridacchiare Nya. Sorrisi, dando ragione alla rossa.
«Li definisco verdi per risparmiare tempo» spiegai, «Di solito molti non capiscono se sono verdi o azzurri, ma marroni mi è nuova» buttai lì, sorridendo a Kai. Vidi che la prese bene, ridendo insieme a Skylor.
«Cosa intendi dire con questo?» chiese Zane, parlando dall'altra parte della cucina. Ma non riuscii a rispondere.
«Sono colorati, come quelli d-» ma quella frase non fu mai finita. Guardai Lloyd, nella speranza che finisse quello che voleva dire, per capirne il significato. Vedevo dalla coda dell'occhio una certa agitazione da parte degli altri, ma non mi sarei arresa facilmente.
«Come cosa, Lloyd?» cercai di spronarlo. Lui alzò lo sguardo, guardandomi dritto negli occhi. Aveva uno sguardo duro, con la mascella serrata, ma trovò una certa sintonia col mio.
«Come l'arcobaleno. Hai l'arcobaleno negli occhi, Layn» finì la frase Cole. Spostai gli occhi su di lui, che mi fece l'occhiolino. Arrossii leggermente, ringraziandolo con lo sguardo. Ci avevo proprio azzeccato nel definire quel ragazzo dolce. Piombò il silenzio, dove tutti aspettavano che Zane finisse di preparare quel delizioso pranzo. Ridacchiammo per i strani clienti che andavano da Skylor: venivamo intrattenuti per bene da quelle storie bizzarre.
«Semplicemente prese gli spaghetti e li annusò, per poi lasciarli lì. Allora sono andata da lui a chiedere se andasse tutto bene, e lui mi lasciò una mancia di ben cento dollari! E non ha nemmeno  toccato quel piatto. Questa mattina ho letto le recensioni e c'era questa qui.»
La ragazza prese il telefono, leggendo un messaggio: «"L'odore dei noodles è pazzesco. Si sentono tutte le spezie ed il colore è invitante. Ci tornerei per annusarli ancora." Dovete credermi se vi dico che stavo piangendo dalle risate.»
Stessa cosa stavamo facendo noi, con Jay che stava facendo fatica a far rimanere l'acqua che stava bevendo in bocca. Zane arrivò proprio in quel momento, e fece i piatti a tutti prima di sedersi.
Mangiavano a sazietà il buonissimo cibo in tavola, continuando a parlare. Tutti, a parte me. Non riuscivo a metabolizzare la scena accaduta con Lloyd. Sentivo che la risposta l'avevo sotto al naso, ma continuavo ad ignorarla, quasi volontariamente. Era palese come tutti stessero nascondendo qualcosa, un qualcosa che tutti loro sapevano che riguardava me, o più precisamente i miei occhi. Forse Cole non ne era a conoscenza? Fu l'unico a non aver avuto una strana reazione alla frase incompleta di Lloyd. Oppure era semplicemente più bravo a fingere. Iniziai a chiedermi cosa diavolo ci stessi facendo fra di loro, da un giorno all'altro. Mi sentii fuori posto, mentre sentivo i suoni ovattati delle voci delle persone che mi erano intorno.
"Il tuo posto non è qui" sentii dire. Sentii un brivido salirmi su per la schiena, facendomi venire la pelle d'oca. Sembrava quasi un pensiero staccato dagli altri, come se il mio cervello avesse appena parlato con qualcun altro, arrivando insieme a questa conclusione. Capii di non star nemmeno più respirando quando Cole mi toccò la spalla.
«Terra chiama Layn?» ridacchiò
«Scusa» dissi, ricambiando il sorriso. Presi in mano la forchetta, osservando il petto di pollo con l'insalata che mi era sotto il naso.
«Non hai toccato cibo. Mangia.»
«Sì, ero un attimo persa nei miei pensieri.» Presi un morso, e assaporai la carne ben cotta con quella salsa agrodolce che tanto mi ispirava. «Mh, che buona» mi uscì, in Paradiso.
Zane ringraziò i miei complimenti, visto che sedeva accanto a Cole.
Si accese una piccola discussione, dove cercavamo di decidere se il pollo di Zane avesse superato i noodles di Skylor. Solo Cole rimase della ferrea opinione della perfezione sopra tutto della cucina del suo amico, mentre gli altri alla fine concordarono sulla supremazia del ramen di Skylor.
«E dove si trova, il tuo ristorante?» le chiesi, visto che non avevo ancora capito dove lavorasse la ragazza.
«Proprio al centro di Ninjago City. Non ci sei mai passata?» mi chiese, sorpresa.
«Credo di no. Probabilmente siamo io e Ash un po' fuori dal mondo.»
«Direi di sfruttare l'occasione per andare a fare una bella cena» propose Jay, suscitando una grande felicità nel gruppo. Tutti optarono per un venerdì sera, trovando anche l'appoggio di Skylor per la prenotazione assicurata. Ci avrebbe fatto sapere il primo posto libero per quel giorno, già mettendo in chiaro che erano belli pieni per le due settimane seguenti a quella in cui eravamo.
«Preparati a vivere un'esperienza unica, sorella» mi disse Kai, enfatizzando molto sull'intonazione della voce, con Nya che scuoteva la testa in disappunto. Alzai entrambi i pollici, assecondandolo. Aspettammo che tutti finissero la loro porzione, e usando lo stesso metodo del giorno precedente, il caso decise che i piatti dovevano essere lavati da Lloyd. Lo aiutammo comunque a sparecchiare, e aspettai che tutti avessero finito di bere per prendere i bicchieri. Andai in cucina e li appoggiai accanto al lavabo, dove Lloyd aveva già iniziato a lavare. Mi guardò, squadrandomi con diffidenza, e non potei fermare la mia lingua che tanto fremeva di parlare.
«Che c'è?» gli chiesi, rimanendo al suo fianco. Non smettei di fissare quei occhi verdi, che tanto mi attiravano ma allo stesso tempo mi respingevano.
«Niente» rispose, distogliendo lo sguardo.
«Quindi è il tuo modo di fare... guardare in quel modo una ragazza» lo punzecchiai, curiosa di vedere fino a che punto si fosse spinto nel trattarmi in quel modo
«Non le guardo proprio di solito» mi rispose, ridendo appena vedè la mia bocca spalancata.
«Misogenia portami via?» gli chiesi, col cuore in subbuglio per quella risata cristallina che avevo sentito.
«O semplicemente non voglio vedere te» mi rispose, guardandomi di nuovo. Questa volta aveva un piccolo sorriso divertito in volto, che faceva spuntare quelle due fossette che tanto mi erano piaciute. Mi sentii rimbambita sotto quello sguardo, ma feci comunque finta di non sentire le farfalle nello stomaco. Questa volta distolsi io lo sguardo, trovando le decorazioni del muro molto interessanti.
«Allora ciao» dissi, stizzita. Continuavo a non capire questi suoi sbalzi di umore: era peggio di me in pre-mestruo. Tornai dagli altri, trovandoli ancora a parlare.
«Bene, turni delle doccia oggi?» chiese Kai, accarezzandosi il suo ciuffo sparato all'insù.
«Oggi toccava a noi!» esclamò Nya, prendendo Pixal e Skylor sottobraccio. «Addio, continuerete a puzzare per un altro po'.» Le ragazze restarono sul ciglio della porta, guardandomi.
«Boccoli di carbone, vieni?» mi incitò la corvina. Dopo un attimo di esitazione le seguii, sorpresa da quel soprannome.
Solo dopo essere uscite dalla cucina mi spiegarono il motivo per avermi chiamata. «Di solito ci facciamo il bagno insieme. Non c'è nulla di sessuale ovviamente, ma la vasca è grande e non ci dispiace avere un po' di privacy fra donne, visto che viviamo in una casa piena di maschi. Se non ti crea problemi, potresti unirti a noi, altrimenti aspettiamo che finisci tu e poi andiamo noi.» Pixal parlò molto pacatamente, senza smettere di avere il contatto visivo.
«Ah, e se non ti piace la vasca c'è l'altra doccia nel bagno giù» e indicò il lato opposto di dove stavamo andando, «non lo usano ora i ragazzi perché altrimenti non arriverebbe l'acqua calda ad entrambi» aggiunse Nya.
«Vengo volentieri, mi piacerebbe conoscervi meglio. E tranquille, non c'è nulla di sessuale per me» risposi, ringraziandole per la loro gentilezza. Ci dividemmo solo per andare nelle nostre rispettive camere, a scegliere i vestiti da indossare dopo esserci lavate. Mi arrampicai nell'armadio per arrivare al ripiano più alto, dove avevo ripiegato il mio accappatoio. Lo buttai sul letto rimanendo arrampicata, e vidi di sfuggita qualcosa cadere a terra. Provai a non sfracellarmi a terra nello scendere e cercai con lo sguardo l'oggetto caduto. Lo trovai accanto al mio piede: era una collana che avevo da un bel po'. Non ricordavo chi me l'avesse data, ma l'avevo sempre trovata molto carina. La indossavo molto spesso quando ero più piccola, sotto i vestiti, ma credevo di averla persa. A quanto pare si trovava da un sacco di tempo dentro la tasca del mio accappatoio grigio. La raccolsi da terra, stringendo il pezzo di pietra verde fra le mani. Era poco più corta del mio mignolo, col filo nero resistente che me la faceva arrivare poco sopra i seni. Me la infilai, stringendo la pietra fa le mani come ero solita fare. Sorrisi, sentendomi stranamente più al sicuro con quella collana addosso.

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