55 - Ricominciare da zero

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Non fecero nemmeno denuncia.

Valutarono che era meglio tenere carabinieri e polizia lontani da quella casa. D'altro canto, soldi ne avevano e potevano permettersi di comprare tutto quello che volevano, ma non subito, l'acquisto compulsivo non avrebbe avuto alcun senso. Si limitarono a prendere una nuova serratura, poiché così gli venne consigliato.

«Che due coglioni!» grugnì Alessandro accigliato, mentre in ginocchio finiva di montare il nottolino. Poi provò ad aprire e chiudere e fortunatamente funzionava.

«Tuttavia, se sei del mestiere, non hai bisogno delle chiavi per entrare» informò l'Illuminato, che seguiva le operazioni da vicino. «Quando hai gli attrezzi giusti non c'è serratura che tenga».

«Forse è andata proprio così e nessuno ha fatto doppioni» commentò Riccardo, mordendosi un labbro nervosamente. «Comunque questa storia non ci voleva».

«Una vera iattura!» gli fece eco Alessandro.

Di fatto fu un evento che li riportò alla realtà.

Adele aveva ragione.

Frequentavano gente di merda.

Anche se erano consapevoli che non avevano a che fare con stinchi di santo, non riuscivano a concepire l'idea che alcuni fossero capaci di meschinità di tale bassezza: rubare in casa di amici.

Dopo varie riflessioni conclusero che qualcosa doveva cambiare. Dovevano fare selezione, stare più attenti e tornare a studiare. Spacciare droga non poteva essere l'unico obiettivo della loro vita. Era indispensabile avere un fine più alto.

Ma le parole erano una cosa e la realtà un'altra.

Pochi giorni e i buoni propositi svanirono come neve al sole, almeno per Riccardo. Lui con noncuranza riprese le solite vecchie abitudini, che consistevano in niente lezioni, zero studio e un sacco di gente intorno con cui relazionarsi.

Al contrario di Alessandro, lui non era soggetto a particolari pressioni. Nessuno gli chiedeva conto di quello che facesse. Iris, a differenza di Adele, non era interessata. Lei stessa non è che avesse chissà quale voglia di studiare. Lo faceva per dovere e ci dedicava giusto il tempo necessario.

Tra i due solo Alessandro iniziò a percepire un disagio, un malessere che strisciava silenzioso nello spazio cupo dei suoi pensieri. Un'inquietudine di fondo che si amplificava al buio, quando spegneva la luce, e scompariva al mattino dopo il risveglio. Il sonno era agitato e tormentato da demoni che non lo facevano riposare. L'allegria che ostentava spontanea iniziò ad apparire sfumata e ombrosa. Di fatto, esibiva una postura senza entusiasmo, che a fatica mascherava il ribollire frenetico dei suoi conflitti interiori.

Lo scopo della sua essenza era cambiato. Il suo era diventato un vuoto esistenziale. Una forma di disconnessione dal mondo che lo portava a vivere in un deserto arido che non contemplava nessun significato, se non irrequietudine e ricerca continua di nuovi eccessi per dare continuità all'inconsistenza dei precedenti.

Quella che pensava fosse vita vera si era trasformata in vita persa. Provato psicologicamente capiva che doveva reagire, che quel comportamento non poteva continuare. La sua sensibilità glielo suggeriva. Il suo cervello, in balia degli stupefacenti e del rimorso, stava per andare in stallo come un aereo che non aveva più portanza. Dopo mesi di quell'esistenza il peso del giudizio e del fallimento tornarono a riproporsi come una ghigliottina opprimente.

Il furto, la rissa, i rave andati male, il ribrezzo per le serate borderline, la nausea per sé stesso, i messaggi in chat del gruppo, le telefonate dei genitori e l'insistenza di Adele, risvegliarono in lui - finalmente - la sua coscienza assopita.

Eccesso e LeggerezzaWhere stories live. Discover now