9 - A volte è meglio essere ignoranti

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Nel collegio il cambiamento arrivò improvviso.

Alessandro - colto alla sprovvista - ci finì dentro, e come lui molti altri che si fecero influenzare senza accorgersene.

L'artefice fu Riccardo.

Lui amava coinvolgere e trovò facile inserirsi e relazionarsi. La sua natura sociale gli aprì la strada. Sorrideva, scherzava ed era autoironico. Un modo di fare contagioso che lo portò in breve tempo a essere un collettore per i tipi più eclettici della residenza. La sua principale caratteristica era la capacità oratoria, che gli permetteva di raccontare eventi e situazioni con inusuale trasporto. La sua esposizione era così avvincente che spesso le sue storie sembravano prender vita al momento. Aveva uno stile narrativo da palcoscenico.

Come conseguenza di ciò la hall smise di essere, almeno per Alessandro, il luogo di socializzazione privilegiato. Il nuovo punto di riferimento divenne la camera di Riccardo. Lui fumava e ogni tanto lo si vedeva in giro pure col sigaro. Cosa che sorprendeva non poco. All'occorrenza lo accompagnava con un bicchiere di rum, come fosse in un bar dell'Avana. A chi gli chiedeva cosa provasse ripeteva: «Il sigaro è un'opera d'arte, ha un cuore e un'anima. Quello che conta è il gusto, il sapore che ti lascia sul palato. Può essere delicato o deciso, amaro o dolce. Dipende dal tipo. Alcuni permangono giusto il tempo di una boccata, altri - i migliori - persistono come una grandiosa scopata».

All'amore per i sigari, aggiungeva la passione per gli incensi. Ne possedeva di ogni genere, e ogni occasione era buona per accenderne uno. Gli piaceva esaltarne le caratteristiche e le peculiarità: fragranza, provenienza, intensità, fattura. Secondo lui quelli realizzati a mano erano i migliori. Sintetizzava tutto con poche frasi: «L'incenso unisce mondi lontani e culture diverse. Chiudi gli occhi, respira e viaggia usando la tua fantasia. Le emozioni che provi, combinate tra loro, creano l'armonia dei sensi». Come conseguenza, la sua camera emanava sempre un profumo particolare che colpiva diversamente chiunque vi entrasse. Era una fragranza intensa e tossica allo stesso tempo, e Alessandro, ogni volta che vi passava, non poteva fare a meno di aprire la finestra. Lui nemmeno fumava e quell'odore intenso andava oltre il suo livello di sopportazione. Almeno nelle prime fasi.

«Vieni! Ci beviamo una cosa!» era il suo invito standard.

In breve tempo quella stanza divenne il riferimento per i momenti di distrazione. Il luogo giusto dove fare una pausa. Lì si parlava, si scherzava, si raccontano storie e curiosità. Chi partecipava finiva immerso in un flusso di parole e accumulava suggestioni e sensazioni positive.

Alcuni, per non essere di peso, incominciarono a portare bevande e spuntini: birra, vodka, rum, biscotti, cioccolata, patatine. Così il tempo scorreva più leggero e partecipato.

Del cerchio più stretto, quelli che diventarono gli habitué, alcune figure risaltavano particolarmente. Stranamente erano tutti più grandi. Le matricole erano solo loro due.


Uno dei personaggi più caratteristici era un ragazzo italo-argentino soprannominato Cuba Libre.

Cuba Libre aveva doppia cittadinanza. Inizialmente si era trasferito in Spagna; poi - non soddisfatto dell'ambiente - era venuto a studiare in Italia. L'impressione che dava era quella di uno studente poco appassionato; pareva che lo studio non fosse il suo reale obiettivo. Ciò nonostante, frequentava l'ultimo anno e aveva superato gran parte degli esami. Portava i capelli lunghi, il pizzetto e le basette alla Wolverine. Aveva sempre l'espressione di chi si era appena svegliato. Si manteneva da solo lavorando come barman nei fine settimana. Gli piaceva preparare cocktail e il suo obiettivo di lungo periodo era quello di aprire una catena di bar tutta sua. Lo studio era secondario, lo vedeva più come patrimonio di conoscenza che immaginava gli sarebbe servito per gestire al meglio la sua futura attività imprenditoriale.

Eccesso e LeggerezzaWhere stories live. Discover now