Prologo

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"Harry, davvero, una pausa non può che farci bene."

"Una pausa di riflessione a tre mesi dal nostro matrimonio? Sei serio? Se non sei sicuro della nostra relazione, come puoi anche solo pensare di sposarmi? Allora dimmelo e basta che non mi vuoi più così ci risparmiamo tutti questi convenevoli. Dimmelo e basta e facciamola finita."

Harry stringe forte le dita attorno al manico della sua valigia e fa un respiro profondo, guardando lo spettacolo che ha trovato ad attenerlo appena sceso dall'autobus: e certo, forse spettacolo non è la parola giusta, perché in questo momento si trova semplicemente in una via trafficata con dei ragazzini che corrono dietro una palla gridando e rischiando di farsi mettere sotto dalle auto che non ci pensano un attimo a ripartire quando il semaforo si colora finalmente di verde. La lingua che sente nell'aria è totalmente sconosciuta, non riconosce né parole né un accento, i palazzi e le strade sono totalmente diverse da quelle a cui lui è abituato e non c'è assolutamente nulla che gli ricordi la sua Londra. Eppure Roma sa già così tanto di casa.

Si incastra gli occhiali da sole tra i capelli lunghi, mentre recupera con l'altra mano il cellulare dalla tasca della sua giacca di jeans - che a proposito, dovrebbe proprio togliere perché qui fa un caldo pazzesco - e va su Google Maps per inserire l'indirizzo che ha ricercato prima mentre era seduto sull'autobus e che ha memorizzato. Tira un sospiro di sollievo quando vede che mancano davvero solo cinquecento metri alla sua destinazione e benedice l'autista dell'autobus che ha saputo spiegargli bene in inglese a che fermata scendere.

Così prosegue sul marciapiede, trascinandosi dietro il trolley gigantesco e seguendo le indicazioni dell'applicazione. Ci mette un po' più del presto per arrivare a causa del peso che si porta dietro, ma la bella notizia sembra durare troppo poco, perché quando scrive al ragazzo che lo sta aspettando di essere sotto il palazzo che gli ha indicato, la risposta non è delle migliori.

"Oh Harry, che bello! Il portone è aperto, come sempre. Entra e sali al terzo piano (l'ascensore è guasto, scusami!!!)".

"Oh, splendido" gli fa il verso Harry, entrando nel palazzo con la sua valigia al seguito. La solleva per salire le scale e si ferma ad ogni rampa per poggiarla e riprendere fiato. Più si avvicina e più sente delle voci, e solo dopo averne fatte cinque di rampe riconosce il ragazzo che lo sta aspettando. I suoi capelli biondi sembrano proprio gli stessi di quelli nella sua immagine del profilo.

Il motivo per cui non prosegue la sua salita, è perché si ferma a guardare ciò che il ragazzo sta facendo: ci sta provando con uno straniero che è lì immobile davanti a lui sul pianerottolo. Harry capisce immediatamente che sta avendo a che fare con un tedesco, e se una parte di lui vorrebbe precipitarsi per intervenire, l'altra parte ha decisamente il sopravvento perché se ne sta qui fermo a guardarlo mentre tenta un approccio del tutto sbagliato.

"Amore, sei così pallido" ecco, appunto. "Se vuoi ti do il numero del mio centro estetico di fiducia, fa delle lampade da paura. Anzi, sai che ti dico? Ti accompagno io. Diamo un po' di calore a quelle guance adorabili, sì? Che ne pensi?"

Inutile dire che si ritrova da solo subito, perché il tedesco gli da le spalle e infila le chiavi nella serratura dell'altro appartamento che ospita il pianerottolo. A questo punto Niall Horan - così si chiama il ragazzo che lo ospiterà - si volta verso di lui e il suo sguardo si riempie di una nuova luce quando lo vede. "Ehi, Harry!" esclama, poi l'imbarazzo sembra riempirgli gli occhi di colpo quando realizza che l'inglese ha assistito alla scena di poco fa. "Giuro che di solito faccio sempre colpo."

Harry ridacchia, afferrando nuovamente la valigia per affrontare l'ultima rampa di scale. "E io giuro che non ne dubito" afferma, quando finisce di salire gli ultimi gradini e arriva da lui. "Piacere di conoscerti, non ti stringo la mano perché con molte probabilità ce l'ho sudata."

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