La terra di Erach - Occhi bianchi e sassi grigi

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Mentre il sole compiva il suo percorso nel cielo e i venti divenivano sempre più freddi con l'arrivo della sera, il mercato si svuotava, le merci venivano riposte in casse sigillate e il vociare della piazza si affievoliva come un caldo focolare che si spegne lentamente lasciando solo braci roventi.

Frate Edwyn si trovava ancora nel chiostro quando le prime stelle cominciavano a brillare nel cielo a oriente e le sfumature del tramonto coloravano l'occidente. La quiete della sera lo cullava nel suo abbraccio e quasi lo sollevava dalle preoccupazioni dell'elezione del priore e dell'arrivo del kladio, dei complotti di Jormound e della guerra che probabilmente si stava già preparando e del processo che si sarebbe tenuto di lì a poche decadi.

I vespri erano stati cantati, il pasto era stato consumato, e gli altri monaci erano già a letto, ma lui era rimasto a godersi la serata in solitudine, aspettando che la notte giungesse a placare il suo animo. Poi una voce lo chiamò: - fratello Edwyn – era un ragazzo dall'aria trafelata che dava l'impressione di aver appena corso una maratona.

- Dimmi Olaf – il novizio di nome Olaf era più alto di lui, longilineo, con i capelli neri a caschetto e la faccia spigolosa, aveva l'aria di non essere molto sveglio.

- Frate Gass dice che c'è una persona che chiede di voi. Dice che è una donna molto strana, non vuole farla entrare, vuole che veniate -.

Ed corrugò la fronte, ma poi seguì Olaf senza fare domande.

Insieme percorsero tutta la piazza passando davanti alla grande basilica, che, stagliata sul cielo serale, appariva ancora più imponente, quasi minacciosa. Percorsero la via principale e raggiunsero un piccolo capanno in legno dal quale proveniva una luce tremolante.

Ed non andava spesso al capanno di Gass, e in realtà ogni volta si chiedeva come quel vecchio frate potesse passare lì giornate intere senza morire di noia o di freddo.

Avvicinandosi si rese conto che c'era una figura nera poggiata al davanzale della finestra del capanno. La figura era bassa e gobba, sembrava quasi un grosso animale addormentato. Arrivando di fronte alla figura Ed vide subito Gass che la squadrava a distanza di sicurezza tenendo gli occhi socchiusi, sottili come lame di coltello, e la fronte corrugata.

- Oh sei arrivato – disse seccato. – Sta chiedendo di te da mezz'ora – bofonchiò accennando alla figura con una mano ossuta e rugosa. – Portala via di qui per favore, non voglio gente del genere in città – quello aveva tutta l'aria di essere un ordine. Il tono rude di Gass non fu affatto una sorpresa per Ed.

- Chi sei? – chiese con un filo di voce rivolto a quello che credeva essere un grosso cappuccio calato su una testa e senza dare la minima attenzione alle smorfie di Gass.

- Sei tu quello di cui ho chiesto –.

Quella non sembrava affatto una domanda, ma Ed rispose: - mi chiamo Edwyn da Triaris – disse. La voce proveniente dalla figura era quella di una donna, anche se alle sue orecchie giunse roca, come corrotta da qualcosa.

- Volete parlarmi? – chiese incuriosito.

La figura parve avere un sussulto. Si voltò nella direzione opposta alla città e cominciò a camminare lentamente verso i campi fuori dal Crocevia.

Istintivamente Ed la seguì.

Camminarono fino a che il casotto di Gass non rimase solo una sagoma nera contornata da un flebile bagliore giallastro. Poi la donna si fermò e si rivolse a Ed. Un movimento sotto il manto nero che portava lasciò intuire la presenza di due braccia, e da sotto la veste spuntarono le mani ossute di una vecchia. Lunghe dita rugose afferrarono quello che a Ed era sembrato un cappuccio e lo portarono indietro scoprendo un volto all'apparenza quasi deforme, come liquefatto. Ed ebbe un sussulto e fece un passo indietro, anche se subito cercò di riprendere la calma.

Lunga vita al reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora