partire

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3


L'alba era giunta.

Non avevo valige. Tutto ciò che mi occoreva era l'arco con le silenti frecce. Così, mentre lo posizionavo sulla spalla e sistemavo la faretra, le prime preoccupazioni si insinuarono tra i miei pensieri. Come avrei nascosto alla mia insolita compagna un segreto in questo tempo indefinito a una tale vicinanza? Cosa sarebbe successo se l'avesse scoperto? Forse mi avrebbe consegnato ai cacciatori di draghi e sarei nuovamente finita tra quelle mura opprimenti, con l'aggravante delle accuse di evasione premeditata. No, non sarebbe potuto riaccadere. Sarei dovuta stare costantemente attenta, non farmi scappare parole di troppo, o assumere comportamenti sospetti. Le avevo già lasciato una nota di curiosità intriseca nei miei confronti.

Il pugnale lo aggiustai nel cinturino legato alla coscia, coprendolo con la stessa salopette nera già indossata precedentemente, a cui abbinai una maglia rosso bordeau tinta unita.

Mentre aggiustavo la bretella, Anita, senza il minimo preavviso, si fiondò in camera. Spalancò la porta e corse a tuffarsi nel letto malconcio. «buongiorno!» con un tonfo attutito da materasso, alzò della polvere che risiedeva industurbata, velando i contorni sporchi della stanza. Presa alla sprovvista, come riflesso istintivo, le puntai contro l'arco teso con la freccia incoccata. Mi rilassai nel riconoscere i lineamenti morbidi della castana. L'attimo seguente la paura mi pietrificò e il suo sguardo passò dai miei occhi camuffati, allo scrutare l'arma con un'espressione affascinata. Sembrava sfiorare il legno in linfa nera con le iridi ambrate. Se il momento precedente era costellato da uno scatto repentino, il fiato spezzato e secondi fuggenti; ora il tempo appariva immobile. Una calma offuscante e respiri appesantiti; attimi dilatati dalla tensione e gesti delicatamente celati.

Le parole mi morirono in gola quando i suoi sussulti definirono lo stupore e la confusione impressi sul viso, arricciato in emozioni indecifrabili.
«un a-arco?» domandò in un sussurrò.
Degluitii rumorosamente nel vano tentativo di placare l'affanno e mantenere una compostezza ingannatrice. Appena le parole tentarono di uscire però, si sentì solo un balbettio scomposto
«e-ehm... l-l'ho trovato in v-viaggio...»
Mi squadró insospettita.
«...ok» annuì non convinta.
«spero anche io di trovare una buona arma per la strada. Conosco alcuni sentieri sicuri, ma bisogna sempre essere pronti a tutto!» riprese il sorriso con una tale velocità, che fece sfumare la tensione creatasi in un batter d'occhio.
La guardai scettica per il repentino sbalzo di umore, che mi apprestai a ricambiare per accelerare il passaggio di quella particolare situazione.
Risi nervosamente e mi risistemai l'arco in spalla. Almeno non avrei dovuto nasconderlo impiegando un illusione.

«bene. Andiamo?» incitai con un tono finalmente rilassato.
«non hai una sacca, o uno zaino?» chiese con un tono apprensivo.
Cavolo!
Mi ero dimenticata di un altro dettaglio.
«oddio, sì grazie! sono proprio distratta!» mentii, aggiustando la falla della mia copertura.
«è sotto il letto, ora la prendo»
Così mi accovacciai e, non facendomi vedere, feci comparire una sacca consona al viaggio che stavamo per affrontare: niente di troppo invadente, ma comunque utile per far finta di contenere del materiale, che mi sarei procurata con le mie abilità.
Anita mi guardava divertita.
Chissà che idea si era fatta incontrando una sconosciuta che aveva poca conoscenza del mondo, brandiva un arco ed era una sbadata ingenua.

...

Il silenzio intrecciante tra noi due era interrotto dal rumore dei suoi passi e il ritmico sbattere degli scarponi sul sentiero a stento tracciato. Ci eravamo incamminate da quasi un'ora ormai. L'alba era svanita insieme al profilo della città. I primi veri raggi di sole filtrvano tra le fronde degli alberi della foresta. Io seguivo diligentemente la mia compgna, esperta del territorio, osservando la danza di ombre create dal sole, sul muschio umido del sottobosco. L'aria pungeva la pelle e accarezzava i docili capelli castani della mia compagna, raccolti in una ormai coda disordinata. Anita trscinava con se un certo sentore di euforia e sorrisi. Lo zaino beige era ben saldo sulle spalle e portava in quelle sue infinite tasche, non solo coltellini e viveri, ma anche una parte di anima di Anita: vedevo quato ci teneva dallo stringersi delle mani intorno alle bretelle quando il suo tesoro veniva minacciato dai rumori molestti del risveglio della foresta.

generazione nascostaWhere stories live. Discover now