«Fratelli gemelli, giusto?»

«Non c'è bisogno che ti risponda, Derek.»

Ha ragione. È ovvio che erano gemelli. Anche se c'era una decina di metri di distanza, si capisce che sono gemelli.

Come ad aver intuito la mia prossima domanda, il mio migliore amico mi anticipa. «Peter è quello moro, Caleb è il biondo. Purtroppo non so dirti molto altro, perché sono entrambi molto riservati e stanno sempre per le loro... nessuno in città li conosce particolarmente bene, a parte il dettaglio del loro passato un po' particolare.»

Sto per dire qualcosa, ma il fratello moro, Peter, muove un passo in avanti e assume un'aria difensiva. «Tu sei nuovo da queste parti?» domanda a voce alta, sicura, guardandomi dritto negli occhi. Ignora completamente la presenza di Isaac e non so se è intenzionale o è un modo per apparire più "tosto". L'altro fratello, quello biondo, rimane un attimo in disparte e sembra confuso.

«Perspicace...» ribatto con un sorrisetto sarcastico. «Ma non credo che non lo sapessi già. Summerville è una piccola città e i volti nuovi saltano subito all'occhio.»

Peter alza le spalle con nonchalance, poi rivolge una breve occhiata al fratello. «Non siamo soliti a ricevere nuovi arrivi in città, e avere un Boyde come ospite che gironzola per le strade non è molto rassicurante.»

In un gesto involontario, chiudo le mani in due pugni e li serro fermamente. Odio quando nominano il mio cognome riferendosi a quella parte del mio passato, a quella gente che porta il mio stesso cognome.

Isaac mi dedica uno sguardo serio, allungando una mano nella mia direzione, in un vano tentativo di calmarmi. «Derek, calmati... non sono loro

Giusto. Non erano loro.

Inspiro dal naso e chiudo gli occhi, rilassando le mani e ogni muscolo del mio corpo. «Non sono in cerca di guai» sussurro, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.

I due fratelli si lanciano un'altro sguardo, poi Caleb, quello biondo, posa una mano sulla spalla di Peter. «Credo sia sincero, Pete» afferma, indicandomi con un gesto del capo. «Se fosse come gli altri, non saremmo ancora qui a parlarne.»

Peter sospira, poi annuisce. «Sì, hai ragione» ammette, spostando poi il suo sguardo su di me. «Ma non mi fido comunque.»

Isaac fa un verso di scherno. «Oh, non ti fidi di lui o del suo cognome?» lo provoca, con un sorrisetto di sfida.

«Quindi è vero che sei tornato, Isaac Conley» lo squadra dalla testa ai piedi Peter, alzando poi un sopracciglio con un ghigno quasi deluso. «E non sei cambiato di una virgola. Sempre il solito bulletto istigatore...»

«Bullo? Oh, ma dai... non è colpa mia se certe persone non riescono nemmeno a nascondere le loro debolezze agli altri. E che dovrei farci io se non usarle contro di loro?» ridacchia il riccio, passandosi una mano tra i capelli e sfoderando un'altro sorriso soddisfatto.

Peter inclina il capo mentre Caleb sposta ripetutamente gli occhi dal fratello ad Isaac, un po' preoccupato da che piega potrebbe prendere la conversazione.
Io resto in silenzio, osservando il loro botta e risposta.

«Perché sei tornato, Conley? Nessuno ha sentito la tua mancanza in città» cambia discorso il moro, avvicinandosi a noi, seguito a ruoto dal fratello biondo.

«Questa è anche casa mia, Bradford. Non mi interessa se la gente non mi vuole qui, io non vado da nessuna parte» risponde Isaac, accigliandosi.
Non mi ha mai parlato del suo legame con questa città, ma evidentemente c'è ancora qualcosa che lo lega a questo posto.

𝐋'𝐔𝐋𝐓𝐈𝐌𝐎 𝐆𝐈𝐑𝐀𝐒𝐎𝐋𝐄 𝐍𝐄𝐋 𝐂𝐀𝐌𝐏𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora