Still together? (ARDETH)

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Se c'è una cosa che dovrò accettare è che la vita avrà sempre qualcosa in cambio da chiederti e non sempre c'è una soluzione, o perlomeno non tutto si può risolvere contando sulle proprie forze; a volte bisogna lasciare le cose in mano al tempo stesso ed esso rimedierà.

Tati ha purtroppo dimenticato gli ultimi quattordici anni della sua vita con me, così come non si ricorda di Azelie.

Per quanto sia una situazione difficilissima da accettare, ho rassicurato la mia unica figlia dicendole che presto sua madre recupererà ogni ricordo e che finalmente non ci saranno più problemi, che tutto l'incubo che la circondava sarà finito per sempre.

Non serve piangere su latte versato.

Invece di fare pressione su mia moglie a ricordare, cerco di godermi il fatto che è di nuovo tra noi veramente, non mancando comunque di aiutarla a sentirsi a suo agio, soprattutto con me quando siamo da soli: non rammentando dei nostri momenti intimi, è normale che lei provi l'imbarazzo iniziale.

La notte è ormai scesa ed abbiamo fatto ritorno a Shanghai per l'ultima sera con gli O'Connell.

Non sono ancora abituato al loro abbigliamento di città e credo non mi ci abituerò mai, ma voglio trascorrere al meglio che posso la serata e godermi la loro compagnia prima di tornare in Egitto: rimarrà sempre quello il posto ideale per me, la mia casa, e dove voglio continuare a vivere con mia moglie e mia figlia e dove da un lato voglio tornare il prima possibile per dimenticare gli eventi vissuti negli ultimi giorni.

Distorgo le labbra dal nervoso per la mia incapacità di infilare per bene il fiocco nero attorno al collo, quando sento improvvisamente una risatina divertita alle mie spalle: dal riflesso dello specchio ovale noto la figura di Dorothy appoggiata allo stipite della porta, con gli occhi fissi su di me e un sorrisetto all'angolo della bocca.

"Aspetta" mormora staccandosi dall'appoggio, avvicinatasi a me solleva, in un primo momento esitante, le mani per aggiustarmi il fiocco mentre le sue guance si imporporano di uno strato di rosso "Ecco fatto" la noto sospirare impercettibilmente e fare un piccolo passo indietro senza interrompere il nostro contatto visivo, ad un tratto corruga la fronte in un'aria interrogativa, balbettando "È tutto apposto?"

Non dico nulla.

I miei occhi sono incantati sul suo intero corpo, dal viso truccato scendendo lentamente fino all'orlo del vestito in basso: i capelli biondi sono raccolti dietro la nuca ed il vestito fucsia la fascia alla perfezione mettendo in evidenza le sue forme femminili.

Non avrà memoria, ma non ha perso assolutamente la sua incredibile bellezza.

Non è mai stata così bella come adesso, soprattutto io non sono mai stato così felice di vedere di nuovo la luce brillare nei suoi occhi scuri ed il sorriso sincero distendersi sulle sue labbra carnose che ricordano la forma di un cuore.

Restiamo a guardarci nella stessa identica posizione e con la stessa intensità anche nel salone durante la festa organizzata da Jonathan nel suo pub notturno, appoggiandole le braccia sulle mie spalle e stringendola a me per i fianchi: il rosso sulle sue guance non è mai andato via, anzi, si intensifica ancora di più quando prendo l'iniziativa di baciarla.

Il pub viene presto sostituito di nuovo dalle pareti della camera dell'appartamento di John dove eravamo stati al nostro arrivo; senza mai interrompere il contatto intimo lento ma appassionato, la faccio indietreggiare fino al bordo del letto, sfilandomi allo stesso tempo la giacca dalle spalle e rimanendo con la camicia bianca, facendola cadere sul pavimento.

Ci stacchiamo per riprendere fiato, mentre lei mi circonda il viso con le mani piccole, senza distogliere gli occhi dai miei e con la bocca socchiusa: la sento tremare come una foglia, ma lo capisco dal momento che per lei è di nuovo tutto una prima volta, benché non sia più vergine; ogni emozione che prova è come se fosse la prima volta.

Le sfioro uno zigomo con le dita, approfondendo il tocco con tutta la mano che contiene perfettamente tutta la sua guancia.

È lei la prima a prendere parola e quello che dice mi riscalda corpo e mente: è una supplica.

"Voglio ricordarmi di te e nostra figlia. Aiutami a farlo, ti prego"

In risposta faccio di nuovo mie le mie labbra, perché ora le sue labbra mi appartengono, lei mi appartiene e non voglio lasciarla andare mai più, stavolta per davvero; le apro la zip del vestito, facendola sdraiare sul materasso con me a suo seguito sopra di lei, esattamente come abbiamo fatto la prima volta.

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