LE NUOVE USCITE #5: BURN IN MANY MIRRORS - WODE (APRILE 2021)

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Artista: Wode

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Artista: Wode

Titolo: Burn In Many Mirrors

Tipo: Full-Lenght

Genere: Black Metal

Data di rilascio: 2 aprile 2021

Etichetta: 20 Buck Spin

Formati: CD, Vinile, Digitale, Cassetta

Durata: 39 mn 9 sec

Valutazioni:

7.5 - metalitalia.com

80 - loudandproud.it

90% - manofmuchmetal.com

4/5 - kerrang.com

94% - metal-archives.com

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Inizio questa recensione citando le parole del batterista dei Wode, Tim Horrocks, per il magazine Zero Tolerance, intervistato riguardo a Burn In Many Mirrors, terzo full-lenght della band.

Riguardo all'artwork, realizzato da Santiago Caruso, che si è ispirato ai testi delle canzoni ha affermato:

<< The spinal image down the centre is meant to represent a Jacob's ladder which has been inverted so it's a ladder into the underworld and these are the passages of the damned either side - the characters become more surreal and grotesque the deeper they go below (...) the cover with its distorted bones has a heavy air of decomposition. >>

- tradotto - << la colonna vertebrale al centro (della cover) rappresenta una scala di Giacobbe (ovvero una scala tra la Terra e Dio, con delle virtù che corrispondono ad ogni singolo piolo della stessa, secondo la simbologia cristiana) che è invertita, quindi è una scala verso sottoterra e i passaggi sono dannati da entrambe le parti - i personaggi divengono sempre più surreali e grotteschi man mano che si scende (...) la copertina con le sue ossa distorte ha una pesante aria di decomposizione. >>

e riguardo all'ispirazione dietro non solo l'artwork, ma anche dietro la musica stessa, che è differente dal black tradizionale, strettamente legato alla natura incontaminata:

<< Natural processes are occuring in the city, in the urban enviroment - there isn't any regeneration...>>

- tradotto - << Avvengono dei processi naturali nella città, nell'ambiente urbano - (ma) non c'è alcuna rigenerazione...>>

Da queste parole possiamo trarre una conclusione: Burn In Many Mirrors potrebbe rappresentare una condizione di perpetua dannazione dell'essere umano che non ha possibilità di redimersi, immerso in una natura ormai decadente e inquinata.

Saranno "tangibili" questi concetti attraverso l'ascolto delle varie tracce?

Non ci resta che analizzarle.

Lunar Madness apre l'album con un'intro angosciante e con dei riffs che si collocano a metà tra death e black metal, con anche incursioni thrash. Le vocals non sono tipicamente stridule come vorrebbe la tradizione e non vi è nemmeno la tipica atmosfericità fredda del metal norvegese: è un insieme sia brutale sia fortemente tendente all'epicità. Figurativamente parlando, questa canzone ci trasporta senza alcun indugio in questo viaggio tra i dannati!

Segue Serpent's Coil, che, pur sempre sparata, dà maggior importanza alla melodia. Anche qui possiamo capire come la tradizione non sia così vicina: la produzione non è sporca, c'è decisamente più tecnicismo, ma nonostante ciò il riff a metà canzone è, in un certo senso, memorabile e catchy! Il brano si chiude tra l'altro, con dei funerei synths, che mi aspetto di ritrovare più avanti.

Fire In The Hills è da subito suggestiva e lentamente solenne: sa tenere sulle spine l'ascoltatore, creando anche, seppur per poco, una tregua dall'iperattività delle tracce precedenti. La suspense si interrompe infatti attorno ai 2 minuti avanzati, che rivelano la complessità di questo brano da quasi 7 minuti: una sintesi tra black (direi anche black'n'roll a volte), death e thrash, talvolta ornato di cori e synths, che sono quasi impercettibili, ma che danno ancora più corpo al brano. Non ci sono assolutamente punti deboli qui.

Sulphuric Glow procede schizzatissima e riprende i synths che abbiamo già visto in Serpent's Coil, trasportandoci alla penultima Vanish Beneath.

Inaugurata sinistramente da percussioni che definirei belliche, mi ha ricordato in diversi momenti sonorità più tradizionali, alla Darkthrone, ma ciò non ha rappresentato una "perdita di personalità" della band.

L'ultima Streams Of Rapture (I,II,III) è aperta con dei synths a metà tra i Summoning  e Burzum di Det Som Engang Var, tuttavia la quiete sarà contraddetta dalle sonorità death/thrash, talvolta anche proto-black. Dissonanze e cori, come se in lontananza, le conferiscono maggiore misteriosità, rendendola un'ottima chiusura al disco.

Descritte le tracce, ora dico cosa ne penso in generale di questo full-lenght.

Penso che sia veramente un buon lavoro: sono rimasta impressionata dalla riuscita sintesi di vari sottogeneri e dalla complessità delle canzoni, che hanno tutte dei momenti memorabili, sebbene siano tutt'altro che easy-listening e ho avuto la percezione che ci fosse stato un disegno generale che è stato seguito nel comporre quest'album. L'insieme è coerente e i synths e i cori non disorientano l'ascoltatore, dato che si uniscono perfettamente a questo puzzle di suggestioni che è Burn In Many Mirrors, che, in ultima analisi, penso sia un viaggio costruito sapientemente, dove nulla è lasciato al caso.

IL MIO VOTO PER QUEST'ALBUM E': 8,5

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E anche questa recensione è terminata! Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti, intanto vi linko i siti ufficiali della band!

Al prossimo disco!

LE CANZONI DELLA SETTIMANA - Una rubrica musicale da @ombreelucidellavitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora