CAPITOLO III

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I due giovani sono trasportati dalle onde. La pista da ballo ha un'impostazione circolare. I due grandi banconi dove vengono serviti iperalcolici sono disposti a semicerchio leggermente sfalzati. Al centro un ampio spazio dove la risacca crea e ricrea nuovi incontri, sbattendo su degli scogli perfettamente quadrati su cui si librano, appese ad un filo, delle sirene volanti e danzanti. La disposizione crea più confusione di quella che non infonda già la musica. Le uscite sono striminzite, delineate da una piccola luce bianca che a malapena si intravede.

"Non ci capisco più niente" urla Simon a Ubert che finge di capire annuendo. I due si perdono. Simon sente un peso sulla testa, un quid che lo martella più forte del caos del rimbabimba. Si stacca dalla pista e prova a uscire. Le porte vengono perse dagli occhi che invece si posano sui lunghissimi banchi del bar. Simon ne sceglie uno e si avvicina. Che cosa potrò mai prendere? Sulle spalle dei 3 banconisti professionisti ci sono mille mensole contenenti migliaia di bottiglie. "Fammi una Vodka" prova a comunicare Simon a quel ragazzo che sembra fare il giocoliere con tre bottiglie di birra. Questi, dopo aver schiacciato l'occhio, gli apre una birra e la serve in un bellissimo bicchiere decorato. Non voglio la birra, cerca invano di comunicare Simon. Poi ci riflette. È uguale, e manda giù. Volta le spalle al folle acrobata e tenta di raggiungere l'uscita. Simon si accorge che non riesce a muoversi. Mette più forza e sta sempre fermo. Allora irrigidisce i glutei e spinge forte con le gambe, ma viene come strozzato dai suoi vestiti. Capisce che qualcosa alle sue spalle lo trattiene. Si gira, scoprendo il davvero folle barista che lo ha arpionato con un uncino allungabile di metallo. Cerca di divincolarsi con forza ma la maestria dell'arpionatore fa in modo che Simon rimanga ancorato al bancone. Un gesto allora parte dal povero irretito, come a chiedere: che cosa vuoi da me? L'acrobata libera la mano in cui l'attimo prima faceva roteare in aria le bottiglie ed espone su un pezzo di carta la scritta " Devi pagare. Trenta Euro". Simon prova un' intima vergogna, di quella che provano le persone mediamente intelligenti che comprendono di essere state prese per il naso.

"Perché non scrivevi anche se era la birra ciò che ho ordinato realmente?!" sarcastico grida Simon, mostrando i denti come un cane rabbioso. Chiaramente colui che sta sull'altra sponda del bancone non sente nulla. Mo' me sal la mattana, sincera Simon a sé stesso. Si raggomitola come un bimbo capriccioso e comunica la sua volontà di non pagare il dovuto. Il barista scruta il baldo ribelle ondeggiando i sopraccigli ben curati e che ricordano le ali di un gabbiano. Poi, con uno schiocco di dita, che stranamente riesce ad essere udito da Simon, chiama in aiuto due bruti. Due figuri, totalmente vestiti di nero, come due grandi navi pirata, solcano le onde arcobaleno del locale. Si fermano proprio accanto a lui e sollevandolo di peso lo costringono ad abbandonare il rimbabimba portandolo sul retro.

"Dacci quel che devi e non chiameremo la polizia" ordinano i due energumeni con voce perfettamente sincronizzata.

"Io non vi do proprio un bel niente. Non mi faccio truffare da voi per una cosa che neppure ho ordinato", ribatte il giovane sbattuto a terra di una stradina su cui si affacciava il retro del leggendario locale. I due gorilla si stoppano di colpo, poi si guardano, poi ritornano su di lui. "Niente polizia, hai ragione". Simon viene percosso da due pugni e steso per terra.

"Dai quel che devi o finisce molto male", continuano a intimare i due.

"Fermi, razza di giganti senza cervello!". I due si fermano di botto.

"Ecco qui i vostri maledetti trenta euro, adesso lasciatelo stare". I due rientrano nel locale sparendo immediatamente tra le luci di quell'inferno colorato.

Covid 19 - La novella italianaWhere stories live. Discover now