Trentaquattresimo

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<<Wow, era davvero un mostro>> commentò con un misto di sorpresa e disgusto Harry, la mano appoggiata alla spalla di Louis per potersi inclinare e guardare più da vicino lo schermo del computer di Stan. Il liscio era seduto sulla sedia girevole della scrivania, il mouse in mano mentre scandagliava con meticolosità l'intero contenuto per assicurarsi che Stan non avesse fatto fotografie o video quando li aveva segretamente spiati.

L'appartamento del ragazzo era piccolo e leggermente angusto, ma ordinato in un modo che sfiorava quasi il maniacale - anzi, di certo lo era. Avevano già guardato in ogni cassetto e possibile angolo o fessura in cui avrebbe potuto nascondere qualcosa, quindi restava soltanto il suo computer, e infatti fu lì che le scoprirono.

A quanto pareva, a Stan piaceva immortalare le sue vittime dopo averle uccise. Sembravano quasi le fotografie che Louis faceva sulle scene del crimine, aumentando lo zoom sui particolari più sanguinolenti, ma mentre in quel caso si trattava di professionalità, nel caso di Stan era semplicemente accanimento e malato compiacimento. Louis non ebbe la presunzione, in quel momento, di sentirsi migliore; forse lo era, ma soltanto perché suo padre gli aveva insegnato come fare ad esserlo. Erano quelle regole che lo tenevano ancora a galla, e ad esse si era aggiunto Harry; ma sotto sotto, Louis era comunque un mostro. Era solo stato molto fortunato.

Quelle fotografie erano i vetrini di Stan, il suo modo per avere una "collezione" dei suoi omicidi sempre con sé, qualcosa che glieli ricordasse ogni volta che voleva. Non era diverso, era solo più macabro, il che dipendeva comunque dai punti di vista.

Le vittime erano quasi tutte prostitute o immigrati; persone la cui sparizione il più delle volte non veniva denunciata per paura di un'indagine troppo approfondita sull'ambiente che frequentavano. Stan era molto, molto furbo, il che spiegava anche come aveva fatto a non farsi mai scoprire da loro: una persona normale avrebbe sicuramente fatto un passo falso.

E poi, in una cartella quasi impossibile da trovare a meno che non la si cercasse volutamente, trovarono quello che avevano temuto. Stan li aveva spiati da lontano, tra i cespugli che circondavano la cascina, utilizzando lo zoom della macchina fotografica per arrivare a vedere al di là dell'unica finestra della stanza che utilizzavano, praticamente una piccola fessura quadrata ritagliata nel muro cadente. Louis si ripromise di farla murare o almeno di coprirla con qualcosa di più spesso e scuro della plastica, che aveva reso le loro figure sfocate e opache e quindi, forse, difficilmente riconoscibili, ma era un rischio che proprio non ci teneva a correre.

C'erano sia foto che piccole riprese, iniziate da prima che Harry facesse la sua apparizione. Louis e Harry le guardarono tutte in silenzio, come se le stessero contemplando, e alla fine il liscio le eliminò.

<<Ora dobbiamo trovare qualcosa con la sua calligrafia>> disse in tono pratico, ruotando con la sedia girevole per trovarsi faccia a faccia con il riccio.

<<Perché?>> chiese lui, vagamente confuso. Era tutto vestito di nero, compresi dei guanti di pelle nera che Louis aveva appositamente comprato, e si confondeva così bene con il buio della notte che il liscio avrebbe voluto utilizzarlo come complimento, prima di rendersi conto di quanto potesse sembrare strano.

<<Ho pensato di far scrivere una finta lettera di dimissioni>> rispose, un sorriso vagamente compiaciuto sul viso. <<Conosco una persona che sa imitare la scrittura alla perfezione, e che non fa domande. E' l'unica cosa sensata che mi è venuta in mente. Non ha una famiglia alle spalle, e dubito seriamente che abbia amici che possano interessarsi di lui.>>

<<Mi sembra una buona idea>> disse Harry, ricambiando il sorriso. <<Non dovremmo pensare ad un buon motivo però?>>

<<Uhm, che si era semplicemente stancato?>> suggerì Louis, appoggiando il gomito alla scrivania con aria saccente. <<Era borioso e pieno di sé e veniva sfruttato soltanto per pratiche e scartoffie. Scriveremo che 'l'incarico non combaciava con le sue aspirazioni lavorative' o qualcosa del genere.>>

Spero che le sue aspirazioni lavorative avessero a che fare con il fondo dell'oceano allora.

<<Quanto sei astuto>> disse Harry, un ghigno sarcastico sul volto.

<<Si fa quel che si può>> ribattè prontamente Louis, facendo schioccare le labbra per poi ruotare nuovamente sulla sedia e mettersi a frugare tra i fogli sparsi sulla scrivania di Stan.

a sparizione di Stan venne accolta con qualche faccia sconvolta, ma più che altro con profonda indignazione per tutte le cose che avrebbe lasciato in sospeso e che avrebbero dovuto affidare a qualcun altro. Louis si sorprese di quanto fosse indispensabile, mentre a lui era sempre sembrato semplicemente un ficcanaso che vagava per il distretto senza un vero e proprio scopo. Finse di unirsi al coro della disapprovazione, visto che non era un mistero quanta poca stima nutrisse nei suoi confronti, e la cosa finì lì.

Come sempre, come ogni singola volta, ci pensò il mare a trangugiare il suo segreto come un avido commensale. Tutto era tornato al suo posto, come doveva essere.

Harry era uno spettacolo da guardare. Ad ogni nuova vittima voleva imparare qualcosa di nuovo, provare un coltello più piccolo o più grande, e Louis si sentiva come un padre che aiutava il figlio a compiere i primi passi in un mondo nuovo e tutto da scoprire. Quelle non erano cose che suo padre gli aveva insegnato, ovviamente; erano trucchi e sfumature che aveva scoperto da solo, sperimentando, e insegnarli a qualcuno fu strano nel modo migliore possibile, specie quando gli occhi del riccio si tingevano di quel bagliore di gratitudine ed eccitazione che si insinuava fin dentro il suo ritrovato cuore.

Di notte, Louis stava sveglio ore intere con una mano sul petto per sentirlo battere, il suono che rimbombava contro il suo palmo nel silenzio, il frastuono del sangue che da lì si disperdeva nel suo corpo scorrendo nelle vene e sotto la pelle. Un tempo, si sarebbe concentrato solo su quello, sui punti più sensibili da tagliare per fare in modo che quel rosso venisse in superficie e sulla facilità con la quale un cuore umano poteva smettere di battere.

Non avrebbe pensato a Harry, non avrebbe sorriso fissando il soffitto con aria sognante come un adolescente innamorato. Harry lo aveva cambiato. Aveva dato tutto un altro sapore alla sua vita e tutto un altro gusto nel guardare la morte altrui. Era tutto diverso, travolgente, come se anche Louis avesse ripreso ad uccidere da capo.

La cosa più assurda era che lo faceva meno di prima, in realtà; lui e il riccio si alternavano, oppure lo facevano insieme, quindi certe volte Louis si ritrovava semplicemente a guardare. Ma anche quello lo soddisfaceva, proprio come se la mano fosse la sua. Era come se avessero un unico corpo e brandissero un'unica lama, come due sculture generate dallo stesso blocco di marmo, la stessa materia modellata in due forme differenti ma comunque in grado di appartenersi l'una all'altra.

Harry era fatto di oscurità, solo di una sfumatura diversa. Quel buio entusiasta, che si insinua tra i contorni del mondo non appena il sole cala al di là dell'orizzonte; il nero che inghiotte il rosso del tramonto e accoglie con gioia la notte.

Louis era di quel buio flemmatico, pigro, che aleggia nell'aria a notte inoltrata mentre tutto il resto dorme e tace, e giusto un po' prima dell'alba si compiace di ciò che ha avuto, di ciò che è stato, per tornare a nascondersi e aspettare un'altra notte ancora.

Un'altra morte ancora.

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