Capitolo 33

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Buon San Valentino ❤️

Non ho idea di quanto tempo passi da quando sono fuggita dall'hotel. Le gambe mi fanno male e i piedi sono sporchi, dato che ancora non ho messo le scarpe.

Non voglio fermarmi, perché inizierei a pensare ancor di più di quanto già non stia facendo.
In più non ho idea di che ore siano: non ho un orologio e ho lasciato il mio cellulare nella mia stanza.

Mi schiarisco la voce, anche se non sto parlando con nessuno, e mi stringo le braccia al petto. Credo anche di essermi persa. Non sono mai stata a Madrid e anche se sto camminando sempre dritta non saprei proprio come ritornare indietro. Alla fine faccio retrofront, cercando di ricordarmi come è fatto il nostro albergo. Ultimamente ne sono stata a così tanti che non mi ricordo neanche il nome, o li confondo. Mi mordo forte il labbro.

Odio questa situazione. Se non mi fossi fidata di Shawn tutto questo non sarebbe successo. Ed invece lui sembrava dolce, io ho abbassato la guarda e sorpresa: cuore spezzato. Ricaccio indietro le lacrime.

Come farò a guardare Shawn e Brendon in faccia, a cena? E poi mi ricordo. Shawn stasera aveva il concerto e attualmente il sole non è ancora tramontato. Sono già tutti lì, quindi l'albergo è vuoto.

Rilascio un sospiro di sollievo. Almeno le mie preoccupazioni vanno a domani mattina.

Quarantacinque minuti dopo riesco a riconoscere l'hotel. Mia madre sarà sicuramente andata con Brendon, perché era emozionantissima di vederlo a lavoro.

Mi chiedo come faccia a perdonare così in fretta. Vorrei avere anche io il suo talento, perché io conservo il rancore.
Lei, ad esempio, ha perdonato mio padre anni fa. Io non so quando ci riuscirò.

Cerco le chiavi della mia stanza e sorrido quando le trovo. Forse la vita non mi odia poi così tanto, altrimenti mi avrebbe fatto rimanere fuori. Apro la porta e la richiudo dietro di me.

Poi controllo il telefono, solo per l'orario. Sono le sette del pomeriggio. Alessia canterà tra un'ora mentre Shawn tra due. E sono lì già da due ore per le prove. Ignoro le chiamate di Jordan, di Aaliyah, di Alessia e quelle di mia madre. Ce ne è anche una di Shawn. Reprimo l'impulso di lanciare il cellulare sul muro.

Invece, vado a farmi un bagno rilassante. Riempio la vasca quasi fino all'orlo e metto l'acqua calda. Le costole mi fanno di nuovo male: il medico aveva detto di non sforzarmi, ma me ne sono dimenticata dopo la conversazione che ho sentito tra Brendon e Shawn.
Anzi, mi chiedo tristemente perché non sono finita in coma. O peggio.

Mi spoglio e mi immergo nell'acqua calda. Non metto neanche la musica, perché mi ricorda Shawn. In realtà in questo momento mi ricorda lui un po' tutto.

Chiudo gli occhi e mi concentro sul calore dell'acqua che mi avvolge. I vetri iniziano ad appannarsi e con loro anche la mia inquietudine. Non è colpa mia, penso mentre una lacrima solca la guancia. Io non ho fatto nulla di sbagliato.

Da quando mio padre se ne è andato ho sempre pensato che fosse stato un po' per colpa mia. Mi sono sempre chiesta se le cose sarebbero andate diversamente se fossi stata un brava figlia. Se avessi evitato le litigate, se gli avessi detto più volte che gli volevo bene. Forse si sarebbe sentito più amato e non avrebbe preferito un'altra famiglia alla nostra.

E adesso ho dei ripensamenti anche su Shawn. Se io fossi più normale, meno imbarazzante e psicopatica, come mi definisce lui, si sarebbe innamorato di me così come lo sono io di lui? Forse no. Forse è il mio aspetto fisico. O la mia voce. O semplicemente io.

La testa mi pulsa.
Mi sono fidata di nuovo di qualcuno e sono finita nella stessa maniera: rotta. Mi sento con un vetro con mille crepe, che basta sfiorare con un solo dito per mandare tutto all'aria. Non ho idea di chi, o cosa, sarà il dito, ma ho paura. Mi sento come se oramai la felicità è troppo distante. Come dire ad una semplice persona "vai a scalare l'Everest". È ovvio che non ci riuscirà.

E mi sento un po' così, adesso. Nel mio cuore ci sono così tante crepe e insicurezze che non è facile ricucirle, soprattutto insieme, ed ho paura che qualche crepa rimarrà sempre aperta. Magari la più dolorosa, come quella di mio padre; o la più triste, come quella di Shawn. 

Chiudo gli occhi. Almeno ho me stessa.
Certe volte non mi sopporto, è vero, ma almeno io non me ne vado via. Io sono l'unica che si conosce sul serio, che può criticarsi e soprattutto sono l'unica che può salvarmi dal dolore.

Scuoto leggermente la testa. Non dovrei deprimermi così. Ho fatto una cazzata, Shawn è uno stronzo, mi arrabbio e poi fine. Invece è da tutto il giorno che mi piango addosso peggio di una bambina che si è appena rotta una gamba.

Sospiro e mi rilasso nella vasca. Forse potrei provare ad immergermi e non ritornare più in superficie. Non è che mancherei a qualcuno, forse solo a mia madre e un po' ad Alessia.

Il cuore mi esplode nel petto.
Ho appena avuto un pensiero suicida. Non è da me. Non è mai capitato prima d'ora.

Sono così spaventata dai miei stessi pensieri che esco dalla vasca, con ancora il bagnoschiuma attaccato al corpo. Mi avvolgo velocemente in un accappatoio e guardo me stessa allo specchio.

Sembro un'altra persona. Sono triste, stanca e consumata. Ho lo sguardo di chi non trova una ragione per essere felice e semplicemente si lascia andare. Gli occhi sono rossi e hanno perso la solita luce allegra.

Cambio idea e mi mordo il labbro, sfilandomi l'accappatoio e guarda a domi allo specchio. È tutto un disastro. L'altezza, le forme, i lividi, i miei occhi, i capelli, il naso, la mia allegria. È per questo che a Shawn non interesso.
Sono un disastro dentro e fuori.

Trattengo un singhiozzo e mi guardo negli occhi. Sii forte, mi ripeto, non lasciarti abbattere. Un giorno incontrerai qualcuno che ti vorrà capire sul serio, qualcuno che amerà le tue non-forme e che sarà sarcastico come te.

Ma per quanto io cerchi di rassicurarmi, non funziona. Chiudo gli occhi, facendo un respiro profondo.

Ho perso mio padre.
Ho perso Brendon.
Ho perso Shawn.

I hadn't planned to fall in loveWhere stories live. Discover now