Capitolo 14 (parte seconda)

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Senza rispondere mi inginocchiai di fronte a Harry prendendo le sue mani tra le mie. Non c’era bisogno di mimare ora, già infatti sapeva che il solo nome di Amelia non avrebbe soddisfatto la mia curiosità quindi sarebbe stato costretto a continuare.

Harry mi guardò negli occhi e subito vidi la tristezza che li riempiva. Quello era uno spettacolo inusuale non soltanto per lui, ma anche per chiunque altro. Era una vulnerabilità completamente emotiva che le persone in genere tendono a nascondere, tuttavia per Harry non fu così. Questa emozione attraversava infatti il suo volto e non c’era alcun modo per lui di sopprimerla.

Le mie mani erano fredde in confronto a quelle di Harry ma decisi di non muoverle comunque. A questo punto ero diventata l’unica persona veramente in grado di aiutare Harry a superare questa cosa e, inoltre, avrò la possibilità di passare un po’ più tempo con lui.

Rimanemmo seduti in silenzio senza distogliere gli occhi l’uno dall’altra, la mancanza di difese da parte di Harry mi faceva stare male e mi imprigionava senza una ragione. I nostri occhi rimasero incollati e le mie mani erano ancora sulle sue. Ciò che avevo notato prima sembrò congelarsi, cullandoci attraverso un intimo momento di panico.

Harry spostò la mano dalla sua precedente posizione e la avvicinò al mio volto. Le sue dita sfioravano quasi impercettibilmente un lato del mio volto, spostandomi leggermente i capelli indietro.

“Le assomigli molto” sussurrò avvicinandosi al mio orecchio.

La sua mano si posò sulla mia guancia accarezzandola leggermente. Vidi le lacrime iniziare a rigargli le guance ma non mi mossi minimamente. Velocemente, la mano di Harry abbandonò il mio viso e asciugò le guance per conto suo.

Togliendo le mie mani dalle sue guance iniziai a mimare. “Chi è?”.

Era questo il pezzo mancante; era questa la ragione che faceva scattare la rabbia di Harry ed era per questo che Harry è ciò che è.

Amelia.

Harry prese un profondo respiro, cercando di ricomporsi.

“Amelia” la sua voce si spezzò quando pronunciò il suo nome e ciò lo portò a ricomporsi una seconda volta.

Non mi importava di quanto tempo saremmo stati seduti lì parlando il meno possibile, ne valeva la pena. Avrei finalmente sistemato il pezzo mancante del puzzle, lo stesso pezzo che aspettavo da giorni.

“Amelia” ricominciò di nuovo, lottando contro quello stesso nome e cercando di mantenere la calma, “Amelia era mia sorella gemella. Si suicidò all’età di 14 anni”.

La mia mano andò subito a coprire la mia bocca per lo shock.

Harry sospirò e continuò a parlare ma sapeva che a breve avrebbe ceduto sotto il peso delle sue stesse parole. Togliendo la mano dalla bocca mi alzai e mi sedetti accanto a Harry.

Deglutendo rumorosamente, Harry riprese a parlare. “Amelia era 5 minuti più giovane di me”.

Annuii lentamente e presi nuovamente una delle due mani di Harry, intrecciando le mie dita con le sue. Non sapevo di cosa Harry avesse bisogno ma ci sarei stata, sempre. Ne aveva bisogno di sfogarsi io ci sarei stata.

“È nata con un problema all’udito” il viso di Harry si contorse a quelle parole, tuttavia andò avanti. “È stata incapace di sentire dal momento in cui è stata concepita a causa di un difetto genetico”.

Un lampo di realizzazione mi attraversò. Ecco perché conosceva così bene il linguaggio dei segni. Anche sua sorella non poteva parlare, solo che lei non lo faceva a causa della sua sordità. Quindi a Harry il linguaggio dei segni venne insegnato con la nomina di seconda lingua madre.

Speechless [H.S.] (Ita) IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora