Capitolo Sesto: Neve

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Avevo il viso in fiamme. Stavo vivendo uno di quei momenti dell'esistenza che, essendo stati attesi molto tempo, quando si realizzano mirano alla perfezione.
Inutile dire che quel bacio fu una freccia scoccata con tale maestria da colpire il centro del bersaglio totalizzando il massimo dei punti, permettendogli di conquistare il titolo di lancio - ma in questo caso di bacio - perfetto.
E lo era così tanto da avere paura che nessun altro bacio avrebbe mai potuto eguagliarlo, in futuro. Così, quando le sue labbra si staccarono dalle mie, conservai con gli occhi chiusi il sapore di eternità che rimaneva attaccato a quel bacio, per poi sprofondare tra le braccia di James che, carezzandomi i boccoli, baciò la mia fronte e la mia nuca, inspirando profondamente il profumo del mio shampoo.
Sentivo il movimento derivato dalla respirazione toracica, ed il battito del suo cuore unito al mio, prima impetuoso e poi via via sciamando fino ad uno regolare ed unisono.

- Andiamo a casa, fiorellino?

- Si, andiamo a casa.

Controllai di avere spento tutte le luci e chiusi a chiave le varie sale mentre James recuperava il mio zaino ed il mio cappottino verde acqua. Imitando un affabile maggiordomo mi aiutò ad indossarlo, e da vero gentleman si mise in spalla il mio zaino.
Uscimmo dall'edificio, due giri di chiave nella toppa e una controllatina veloce prima di inserire l'allarme.
Voltandoci, però, un fattore inaspettato ci sorprese: nevicava!
Cinque centimetri di neve bianca ricoprivano il parco, la strada, il marciapiede ed altri mille fiocchi cadevano copiosi dalle nuvole soffici.
Era uno spettacolo da immortalare, quindi svelta ripescai la mia reflex dallo zaino e scattai una ventina di foto, alcune solo di James che sorrideva ignaro e beato guardando quello spettacolo bianco.

Quando i fiocchi si affievolirono ci incamminammo verso il collegio, lasciando dietro di noi una miriade di impronte e colpendoci a turno con gelidi bolidi bianchi. A furia di tenere le mani bagnate ed esposte ad un freddo così pungente fui costretta a ritirarmi dalla battaglia a palle di neve, decretando così la vittoria di James, felice come un bambino. Mi costrinse a battergli il cinque, ed in questo modo si rese conto che stavo tramutandomi in un ghiacciolo gusto umano, ma in un attimo di tererezza strinse le mie mani tra le sue e se le portò alla bocca, soffiandoci forte sopra per tentare di riscaldarle.

- A che ora parti domani? - domandò, improvvisamente triste.

- Ho il treno presto, alle sette e tre quarti.

- Hai ragione, è molto presto. Teresa viaggia con te?

- No, è tornata a casa oggi.. Sono l'ultima cervellona rimasta in collegio.

- Seriamente? Non posso lasciarti li tutta sola, a te non piace.

Era vero. Quando il buio calava, stare sola mi rendeva leggermente ipocondriaca, e mi ritrovavo ad aver paura di ogni minimo rumore sospetto.
Riuscivo a controllare questi timori abbastanza bene quando ero consapevole della presenza di altre persone nelle vicinanze, ma l'idea del collegio già completamente vuoto mi metteva un po' in agitazione.

- Starò bene, James. Ed in caso contrario ti chiamerò disperata alle 4 di notte urlando per aver sentito il letto scricchiolare - dissi ridendo.

- Non starai bene. Guarderai un film a volume alto e mangerai i biscotti di Teresa, poi farai una doccia con la musica molto alta e quando andrai a dormire chiuderai la porta con a tripla mandata, e comunque non dormirai perché sentirai rumori di ogni genere e ti spaventerai come sempre.

Era vero. Era tutto molto vero, ma non potevo dargliela vinta, quindi risposi sarcasticamente:

- Ma come siamo fiduciosi!

Ma quello che disse dopo, non fu la solita battutina per attaccar briga, e questo mi stupì immensamente.
Non che non lo credessi capace di un simile gesto, più che altro non pensavo che riuscisse a capire che io ne avevo bisogno.

- Rimango io.

- Cosa?! Sei impazzito?! Tua madre non ti lascerà mai.

- Non dire cazzate. Mia madre ti adora perché sei mostruosamente intelligente e perché le hai insegnato una decina di ricette per le torte.

Ah già, le torte. Sua madre non le sa proprio fare, nonostante le ricette e i consigli.

- Non ti darà comunque il permesso.

- Allora mentirò. E dirò che dormo da Marco.

Fui costretta a fargli notare che non era capace di dire le bugie, perché gli si seccava la gola e diventava viola e finiva per dire la verità senza accorgersene.

- Per te, ce la posso fare - disse convinto.

Ed effettivamente, ce la fece.

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