«Dico», disse Paul fissandomi da sopra la sua cena, a uno dei tavoli da Wok Pleasure, «come mai hai tinto i capelli?».

Mi passai una mano tra i miei lunghi, setosi, lisci e non più biondi capelli. «Mi ero stufata dei colpi di luce», affermai. Il che non era del tutto vero. Per non guardarlo e rischiare di tradirmi addentai con voracità il mio raviolo di carne e verdura, rischiando di ustionarmi la lingua, e lo fissai rovistare nel suo piatto di riso e gamberi.

«Non mi piace la cucina asiatica», commentò dopo un momento. «Se sono qui è solo per il tuo compleanno».

«Ti ringrazio», affermai ed ammetto che in parte ero seria. Sapevo quanto odiasse la cucina esotica – a parte il salmone norvegese, ma voi avete idea di quanto costi quel pesce? – e gli ero grata di avermi accompagnata comunque nel miglior ristorante asiatico che conoscesse. Sapevo che lo aveva fatto per me e per nessun altro ed apprezzai con tutto il cuore. Sono cattiva, d'accordo, ma so capire quando qualcuno fa qualcosa per me, no?

«Se vuoi la mia opinione, comunque, bionda eri più sexy».

Gli lanciai un mezzo sorriso. «Ora non lo sono più?».

Allungò una mano attraverso il tavolo, ondeggiando sullo sgabello alto, e mi strinse la mano. «Lo sei sempre, amore».

Non risposi. Da dopo la festa di carnevale, Paul aveva visibilmente tentato di farsi perdonare la figura di merda che mi aveva fatto fare con George e gli altri dandomi tutto quello che volevo. Un giro sul Bateau Mouche, una romantica cena a lume di candela sugli Champs Elysées con conseguente passeggiata sul ponte Alessandro III, una gita a Versailles con picnic nel parco della reggia. Praticamente tutto.

Peccato che io continuavo a pensare a George e quasi non mi ero resa conto di quanto impegno Paul ci stesse mettendo. Tutt'ora non ho idea di cosa mi passasse per l'anticamera del cervello.

«Stasera potrei dormire da te», disse Paul dopo un paio di timide forchettate di riso. «Sai, ho in mente certe cose che potremmo fare».

«Uh», ridacchiai. «Ovvero?».

«Sorpresa».

Inforcai un altro morso del raviolo e passai al piatto di sushi in insalata di alghe. Continuai a mangiare, domandandomi come mai Paul ed io non avessimo nulla da dire di un po' più serio di "dopo facciamo l'amore" e perché io non apprezzassi quel bravo ragazzo, quando il mio cellulare vibrò all'improvviso.

«Rispondi pure», mi incoraggiò lui. Sapevo che si costringeva ad essere gentile per non indispettirmi.

Presi il telefono: era solo un messaggio. Il mittente, però, era orribilmente conosciuto. Dovetti trattenermi dall'imprecare.

Nuovo messaggio: 0 sconosciuto

-George IGNORAMI-

"Ciao Léo! Volevo scusarmi con te per quello che è successo alla festa, mi rendo conto di essere stato un mezzo coglione. Posso passare da te più tardi per parlarne? Bacioni"

Era la cosa peggiore che potesse accadere. George Addison nel mio appartamento, George e il suo odore e il suo bel culo e quel suo modo di fare così ironico e sicuro di sé. Non ci doveva nemmeno mettere piede.

Allora perché le mie dita digitarono un frettoloso "Va bene" e lo inviarono? Perché non riuscivo a fare una stracazzo di cosa giusta in tutta quella faccenda?

E poi Paul voleva dormire da me. Ah, che peccato, avrei dovuto rifiutare. Un vero peccato. George avrebbe dovuto aspettare, ops. Ripresi in mano il telefono per dirgli che avevo cambiato idea quando Paul all'improvviso si portò una mano alla pancia.

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