Capitolo 12.

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L'odore di mele e cannella è il suo marchio di fabbrica.

Eleonor lo riconosce immediatamente appena apre la porta della sua cameretta e mette un piede fuori nel corridoio.

Nonostante gli occhi ancora semi chiusi, mezzi addormentati, i capelli scompigliati, ispira profondamente e sente un sorriso nascerle sulle labbra, sua madre è tornata a casa.

Scende di corsa le scale, scalza e improvvisamente del tutto sveglia, precipitandosi in cucina dove sa di trovarla, la immagina già mentre tira fuori dal forno i loro muffin preferiti e li odora, per deciderne se siano cotti o meno.

Le è mancata tanto in questa settimana in cui è stata via, sembrava non arrivarne mai la fine, ha un miliardo di cose da raccontarle, tra la scuola, il corso di danza, quel nuovo ragazzo nella squadra di basket che le ha chiesto di uscire, certo, suo padre è stato a casa con lei quei giorni, avrebbe potuto raccontarlo anche a lui, dopotutto è un buon papà, ma sua madre...

Sua madre è lì, in cucina, che tira fuori dal forno il vassoio dei muffin e ne aspira l'odore annuendo per la cottura perfetta.

Sente sua figlia arrivarle di corsa alle spalle, non fa in tempo a voltarsi del tutto che viene travolta dal suo abbraccio, talmente stretto da impedirle quasi di respirare.

E' tornata ieri notte, con il volo delle undici e mezza, suo marito è andata a prenderla all'aeroporto ma è arrivata a casa a mezzanotte passata, i suoi figli dormivano profondamente, non se l'è sentita di svegliarli ma ha comunque voluto dargli il bacio della buonanotte.

Questa mattina, invece, si è svegliata all'alba, ha fatto una doccia veloce e si è messa subito ai fornelli per preparare loro la colazione.

Non vedeva l'ora di riabbracciarli, anche lei, le erano mancati tanto in questa settimana un po' burrascosa, i deliri adolescenziali di sua figlia appena quattordicenne l'avevano tenuta sveglia ogni sera al telefono, mentre con Jamie non aveva parlato molto. Era un ragazzino di undici anni e in quel momento di vita aveva bisogno di suo padre, stava cercando di diventare un piccolo ometto e staccarsi dall'essere un bambino bisognoso di sua madre, eppure lo era eccome. Semplicemente, lei, era paziente, osservava, controllava, lasciandogli il suo spazio, la sua possibilità e il suo dovere di crescere.

Michaela sapeva di essere una buona mamma, nonostante tutto, aveva sempre agito mettendo i suoi figli al primo posto, anche in quel momento, anche in quella settimana, in cui si era allontanata per affrontare dei problemi con suo marito, per conoscere la verità e potersi muovere in modo corretto.

Era tornata con un peso insostenibile nel petto e sulle spalle, eppure non aveva fatto cenno a nessuno dei suoi dubbi e delle sue scoperte, tantomeno a suo marito, era una donna forte e temprata, ma soprattutto vigile e furba, sapeva di dover giocare in sordina per poter vincere questa battaglia.

«Mi sei mancata da morire mamma!»

Ingoia il suo peso, Michaela, e abbraccia più forte sua figlia, le lascia un bacio tra i capelli prima di allontanarsi e guardarla negli occhi.

«Ti avevo promesso che sarei tornata presto.»

«Una settimana non è presto! E' troppo!»

Protesta giustamente sua figlia, portando le mani sui fianchi e fingendo un'espressione irritata, ma il sorriso dolce di sua madre scioglie le sue dimostranze e la porta ad interessarsi di lei, prima che di se stessa.

«Quando sei tornata? Sei stata bene da nonna? Come sta, si è ripresa? Non dovrai tornare ancora, vero?»

«Piano, amore, una domanda per volta!»

Relazioni PericoloseWhere stories live. Discover now