Capitolo 7. (seconda parte)

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«Hei tu! Non si può stare qui!»

Sobbalza Eleonor quando le arriva quella voce alle spalle. Le sue scarpe scompaiono dalla vista del ragazzo per poi riapparire rapide, stavolta poggiate sul pavimento, svelando anche la loro proprietaria mentre, con una mano, nasconde dietro la schiena il libro che stava leggendo e, con l'altra, cerca di ridare un tono alla gonna, irrimediabilmente spiegazzata.

Proprio quando alza lo sguardo da terra e piazza i suoi enormi occhi da cerbiatta, profondi e impauriti, in quelli azzurri e incuriositi del ragazzo, lui sente una fitta nel petto – non sa bene se allo stomaco, al cuore o ad un altro strano muscolo o pezzo dentro di lui – e trattiene il fiato per un respiro.

Quegli occhi, Ian, non li ha mai visti da nessuna altra parte, in tutti i suoi diciassette anni.

«Mi dispiace... io... non volevo entrare, non ho toccato nulla giuro! Mi stavo solo... annoiando di sotto e...»

E quella voce dolce, tremolante e insicura.

Neanche quella voce, pensa, l'ha mai sentita in nessuna delle ragazzine che gli sbavano dietro.

Non ascolta le sue parole, è solo il tono a colpirlo e sì, anche la sua figura.

Resta imbambolato ad osservarla, spiazzato da quelle ciglia lunghissime, quel viso di porcellana leggermente arrossato, reso ancora più roseo dal contrasto con i lunghi capelli scuri.

Deve avere una quindicina d'anni al massimo, quella ragazzina timida ed impacciata, che ha già quelle forme pronunciate, sotto quel vestito lavanda, e lo sguardo accesso, vivo ma innocente di chi il mondo non l'ha ancora conosciuto.

Sa di essere in vantaggio Ian, prima di tutto perché è il figlio del padrone di casa, secondo poi perché è, in genere, molto sfacciato e sicuro di sé, tanto da riuscire a mettere a disagio o irritare chiunque abbia una qualsivoglia interazione con lui.

Il più delle volte lo è, il più delle volte, solamente non in questa.

«Sono Eleonor... la figlia di Jonathan Par...»

«Parker.»

La anticipa Ian, riacquistando l'uso del cervello. Fa poi un passo avanti e lei uno indietro, per restare ad una distanza di sicurezza opportuna.

'Mai dare troppa confidenza ai ragazzi troppo carini e sicuri di sé.', le diceva ultimamente sua madre e in quel momento le sembra un ottimo consiglio.

«Sono famosa da queste parti, a quanto pare!»

Gli scappa un sorriso divertito a lui, colto dall'audacia di quella ragazzina, che sembra aver riacquistato la sua sicurezza e gli sorride di rimando.

Si avvicina ancora, notando il piede di lei che sta per spostarsi di nuovo indietro ma poi si ferma.

«E così, dato che ti stavi annoiando, hai pensato di poterti intrufolare dove volevi?»

«Ho già detto che mi dispiace.»

Ripete lei togliendosi però di dosso quel tono intimorito, pensando chi diavolo sia questo ragazzo sbucato fuori dal nulla, che oltretutto sembra conoscerla.

Ci mette un pizzico di pignoleria nel tono della voce che non vorrebbe.

«Non volevo intrufolarmi, ho solo sentito questo odore e.... questo posto è... è così...»

Non riesce a trovare le parole adatte, Ian lo capisce dal suo sguardo incantato e dai suoi occhi persi e luccicanti, dalle sue mani che indicano tutta quella bellezza, quanto questo posto l'abbia attirata e ne sia rimasta affascinata.

Relazioni PericoloseWhere stories live. Discover now