Capitolo 14.

9 1 0
                                    

Eleonor

Sento di nuovo la vibrazione del mio cellulare, so perfettamente chi sia, come so di essere spaventosamente in ritardo, ho lavorato come una pazza per finire in tempo, ero pronta, dovevo soltanto inviare un'ultima e-mail, spengere il computer e aspettarlo giù di sotto.

Questo prima, prima che se ne andassero tutti dall'ufficio e io restassi sola con lui.

Sono agitata, insofferente, dilaniata e intrappolata.

Da me stessa, da ciò che rappresenta quest'uomo che non dovrebbe essere qui, dal bisogno di riconoscimento e appagamento che lui soddisfa, dall'immagine negativa di me che mi conferma.

Quella di una poco di buono, senza valore, di donna che non merita di essere scelta, un'orfana che elemosina amore e attenzione.
Sono stanca di questi giochetti, di caderci ogni dannata volta, stremata da uomini del genere e da me, che faccio sempre le stesse, identiche, scelte.

Lo so che accadrà di nuovo.

Inevitabilmente.

Irrimediabilmente.

E' sempre stato così.

Mi ha attratta qui dentro con la richiesta di un mio parere su un caso, ma lo sappiamo entrambi fosse una mera scusa.

Mi sono sforzata di mostrarmi fredda, arrabbiata e delusa da lui, dalla nostra litigata, dal suo non capire e mettermi i bastoni tra le ruote.

Lui, lui che proprio lui dovrebbe capire, perché mi è stato vicino, ha visto cosa ci fosse in gioco.

Invece, non so ferirlo, non sono mai stata brava a tenere il punto.

Ha iniziato a sfiorarmi le gambe con le sue, da sotto il tavolo della sua scrivania, poi si è alzato, si è avvicinato alle mie spalle, al mio corpo, si è chinato su di me per indicarmi una nota sul documento che mi ha rifilato da leggere ed ha iniziato a sfiorarmi il collo col suo respiro.

Ho provato a resistere, a spostarmi, a continuare a fissare quei fogli senza più senso, ho fatto appello al mio buon senso, alla scorrettezza delle nostre azioni, ho pensato a sua moglie, a casa, magari in attesa del suo ritorno per cenare insieme, ho provato davvero.

Solo che lui ha iniziato a slacciare il fiocco intorno al collo della mia camicia, ha cominciato a baciarmi la pelle nuda fino alle spalle e io, non ho capito più niente.

E' completamente consapevole quanto mi renda fragile tutta questa faccenda, quanto mi faccia male l'irrisolto, quanta rabbia ci sia dietro l'obbligata rassegnazione.

Lo sa, eppure trova il modo, sempre, per sciogliere ogni mio rancore – forse perché sa anche come fare questo.

E' leggera e dolce la carezza che mi sfiora il fianco, direttamente a contatto con la pelle sotto la camicia bianca, per attirarmi in piedi contro il suo petto.

E' lenta, e sale fino a sfiorare il seno e poi scende di nuovo, mentre il suo braccio libero mi circonda la vita, attirandomi su di sé, sul suo petto, tra le sue sicurezze che non sono più le mie.

Ma i brividi sì e pure la mia pelle è ancora la sua, la stessa che si scalda con il suo respiro sulla spalla e si attiva al contatto della sua bocca sul mio collo.

«Mi dispiace...»

Me lo sussurra tra un bacio e l'altro, lieve, mentre scende sulla clavicola e sale con le labbra sulla mandibola, sul mento e vicino la bocca.

Respira il mio profumo affondando il naso nei miei capelli, scivola con la mano sul mio ventre e sale su, fino a trovare la coppa del mio reggiseno ed insinuarsi dentro, facendomi perdere un respiro.

Relazioni PericoloseWhere stories live. Discover now