Trick - L'amicizia tra ragazz...

By a_dreaming

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*Nuova versione, con capitoli in più* Pensavo di bastare a me stesso. Credevo che non dover dipendere da ness... More

Daniel
Daniel 1. Quando Daniel incontra Alice
Alice - 2. Quando Alice incontra Daniel
DANIEL - 3. Un nuovo capitolo
Alice - 4. Vorrei che fossi tu
DANIEL - 5. Non è il mio genere
Alice - 6. Un brutto vizio
DANIEL - 7. Tu devi essere Daniel
Alice - 8. Devo andare
DANIEL - 9. Resti con me?
DANIEL - 11. Ho altri progetti
Alice - 12. Sentirai la mia mancanza
DANIEL - 13. Inseparabili
Alice - 14. Dovrei essere quella saggia
DANIEL - 15. L'amicizia tra ragazzo e ragazza non esiste
Alice - 16.Dove vuoi che vada?
DANIEL - 17. Non impari mai
Alice - 18.Non ho niente da dire
DANIEL - 19.Ho dato il meglio di me
Alice - 20.Ho comprato della lingerie
DANIEL - 21. Lei non c'era
Alice - 22. Attenta a quello che desideri
DANIEL - 23. Devo offrirti da bere
Alice - 24. il problema

Alice - 10. Sei un disastro

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By a_dreaming

La doccia, che bella invenzione. Il rumore dell'acqua che cade, il massaggio delle goccioline, i pensieri che scorrono. È la soluzione a tutti i problemi, o quasi.

Quando questa mattina mi sono svegliata, Daniel non c'era più, il sole era alto e la mia faccia un disastro. Mi sono trascinata in bagno e ora mi sento benissimo.

Mi avvolgo nell'accappatoio e vado in camera per darmi la crema e vestirmi. Daniel ripete sempre che non mi prendo cura di me, ma la sua idea di attenzione è molto diversa dalla mia. Ho visto le ragazze con cui ha ballato ieri sera, il modo in cui guarda i loro corpi e accarezza la loro pelle. È uno di quei tipi che sa di piacere e di poter avere ciò che vuole, senza essere prepotente.

Mentre ballavo con Luca, ho osservato come lo skater si divertisse a flirtare con Dile, in un corteggiamento delicato e sensuale. Niente a che vedere con il nostro ballo di inizio serata, dove non ha fatto altro che criticarmi. Forse, passa del tempo con me anche per questo, perché non sono il tipo di ragazza che lo attrae e quindi non rappresento un problema.

Sorrido, ripensando a questa notte e alla settimana scorsa, quando ha passato tutti i pomeriggi a casa mia. Stare con lui è esaltante e la sua presenza mi mette sempre allegria.

Sapevo che stamattina non sarebbe stato qui, ma ieri sera avevo davvero bisogno di qualcuno, perché sono terrorizzata a dormire da sola.

Guardo l'orologio, sono le dieci di martedì mattina e oggi non c'è scuola. Marco dovrebbe arrivare per aiutarmi con Mate e Fisica, sempre che riesca a svincolarsi da Jenn.

Mentre addento un biscotto al cioccolato, ricordo che ieri non ci siamo lasciati troppo bene. Luca mi ha corteggiato tutta la sera e, mentre ero in bagno a sistemarmi, Marco è entrato indemoniato dicendomi che non potevo comportarmi così e che non mi riconosceva. Ha indicato il mio corpo, i miei abiti, le labbra rosse per i baci e ha scosso il capo. Mi ha ferito profondamente, ma non volevo discutere con lui, quindi sono scappata dalla porta di emergenza e mi sono fiondata sulla prima persona che ho riconosciuto.

Daniel.

Sorrido bevendo il cappuccino, ultimamente lui è sempre presente, per un motivo o per l'altro. Chissà cosa mi costerà averlo costretto a dormire qui.

Se solo ci fossimo scambiati i numeri di cellulare, potrei mandargli un messaggio per ringraziarlo, ma si è opposto, dicendo che lo raggiungo già abbastanza facilmente, quando voglio.

Il campanello mi riporta in cucina, con la tazza tra le mani e il sapore del caffè sulle labbra.

Mi affretto ad aprire e trovo Marco, grondante di pioggia.

Guardo alle sue spalle, ero così presa dalle mie riflessioni, che non mi ero nemmeno accorta che avesse cominciato a piovere. Mi stringo nella felpa e trascino i piedi fino allo sgabello della cucina.

Quando lui mi raggiunge, ha i capelli bagnati e gli occhi di ghiaccio.

«Mi dispiace per ieri sera», esordisce dopo qualche minuto. «Ho esagerato, mi sono lasciato trasportare dall'ansia per una situazione imprevista e ho combinato un casino. Tu sei scappata, Jenn è impazzita e non sono riuscito a raggiungerti per la notte», mi spiega senza mai distogliere lo sguardo.

«Ne abbiamo già parlato. Non puoi dirmi cosa fare e con chi, soprattutto, perché non hai nessun diritto su di me».

Restiamo a fissarci per qualche minuto, fino a quando non annuisce impercettibilmente.

«Hai dormito, stanotte?» mi chiede preoccupato.

Annuisco soddisfatta e mi alzo per andare in camera. «Ho chiesto a Daniel di restare.»

Forse potevo evitare di dirglielo, ma non ho fatto niente di male e sarebbe venuto a saperlo prima o poi.

«Hai fatto bene», dice lasciandomi senza parole.

Sorrido soddisfatta per questa piccola vittoria, prima di sedermi alla scrivania.

Alle due, la mia attenzione è completamente esaurita e l'unica cosa che capisco delle lezioni di Marco è che ci sono dei numeri, che vanno con altri numeri solo se uno o l'altro rispettano determinate condizioni. Buio totale.

«Ho fame!» mi lamento appoggiando la testa sul foglio. «Chiedo pietà!»

«Non passerai il compito, se continui così.»

«Hai mai sentito parlare di "incoraggiamento?», lo fulmino, mentre mi alzo dalla sedia. «Solo una pausa, piccola e veloce!» continuo correndo giù per le scale in un lampo.

«Non mangiare la cucina, altrimenti dopo sei appesantita e siamo messi anche peggio», mi suggerisce petulante.

«Non rompere», lo liquido cominciando a comporre un panino a due piani con tutto quello che trovo in frigo. «Tu hai fame?»

Scuote la testa e mi sorride. «Solo un po' d'acqua. Si avvicinano le finali di campionato e il mister ci sta addosso», aggiunge.

Il suo telefono e il campanello suonano contemporaneamente. Ci scambiamo un'occhiata e usciamo insieme dalla stanza.

«Era ora. Volevi farmi sciogliere?» mi domanda Daniel, superandomi oltre la porta.

«No, speravo che cambiassi idea», rispondo.

«Impossibile, la pioggia impedisce di andare alle rampe, mia madre è a casa e non ho pranzato», spiega entrando in cucina e addentando il mio panino.

«Non capisco cosa c'entro io in tutto questo», rispondo cominciando a comporre un altro panino.

«Pensavo fossi sola e avessi paura...» mi deride.

«Io non sono sola...» comincio a rispondergli, proprio mentre Marco torna in cucina.

«Me ne ero accorto», dice solamente dando un altro morso al panino, «ce l'hai messa la maionese?»

Gli lancio il tubo e prendo da bere.

«Com'è andato il contest?» chiedo per cambiare argomento.

Si emoziona e scuote la testa soddisfatto. «Bene, non sono caduto e le Run sono andate bene. Sono arrivato terzo, ma Bacco dice che, per essere la prima volta, ho fatto il culo a tutti».

Sorrido nel sentirlo parlare, quando si tratta di skate abbandona la sua aria scazzata e si appassiona come un bambino.

«A quando il prossimo?» chiede Marco, bevendo un sorso d'acqua.

«Dovrebbe essere tra un paio di settimane, dovrei provare anche le qualificazioni per il nazionale», aggiunge leggermente in ansia.

«Qualcuno non è così sicuro di sé...» lo prendo in giro.

«Ti ho visto dormire, non dimenticarlo...» risponde a tono.

Scambia uno sguardo di intesa con Marco e scoppiano a ridere.

In un secondo, gli tiro un pugno sulla spalla, ottenendo solo altre risate.

«Cosa mi nascondete?» voglio sapere allarmata, passando lo sguardo da uno all'altro.

«Non ascoltarlo, vuole solo provocarti», dice Marco, stiracchiandosi sullo sgabello. «Torniamo a studiare? Devo andare da Jenn tra poco.»

Acconsento, ma nel passare spingo Daniel giù dallo sgabello, prendendomi una piccola rivincita.

Nell'ora seguente, metto a fuoco i concetti e rendo Marco orgoglioso di me: quando se ne va è sicuro che la verifica andrà alla grande.

Daniel, nel frattempo, si è addormentato sul mio letto, abbracciato al cuscino. Finisco di sistemare i libri e chiamo Dile, mentre aspetto che lo skater rinvenga dallo stato di coma.

«Ciao Tesoro» esordisce lei, senza aspettare. «Come stai? Passi da me?»

«Ciao Dile, non riesco. Ti chiamavo perché volevo proporti di venire qui. Pizza e film?»

«Si può fare, chiamo Beth.»

Chiude la chiamata e scendo nuovamente in cucina per verificare se ho tutto ciò che mi serve per provare a fare l'impasto in casa. Non può essere così difficile se lo sa fare mia madre, in fondo la genetica non sbaglia.

Daniel arriva circa mezz'ora dopo, quando sto litigando con il lievito. Deve averlo svegliato il rumore dell'impastatrice.

«Cosa stai facendo?» indaga, sbirciando nella ciotola.

«La pizza, vengono Dile e Beth a guardare un film», spiego picchiando il lievito con il cucchiaio.

«L'hai fatto altre volte?» continua, toccando la pasta con l'indice.

«Non sarà così difficile...» scrollo le spalle, controllando il procedimento nella ricetta di mia madre.

«Quindi hai deciso di ucciderci...»

Alzo lo sguardo e, per la prima volta da quando è arrivato, mi accorgo dell'espressione assonnata, dei capelli scompigliati e delle labbra leggermente imbronciate. Prendo un respiro e cerco di concentrarmi sul mio lavoro, per evitare di fissarlo imbambolata. Non è giusto che sia tanto attraente anche appena sveglio.

Ignaro del mio momento di confusione, si sposta alle mie spalle e mi afferra la mano che regge il cucchiaio, mentre con l'altra stringe il contenitore graduato per tenerlo fermo.

«Tu, l'hai mai fatto?» chiedo leggermente imbarazzata dalla posizione e con un leggero fremito nella voce, che spero non noti.

Annuisce concentrato sulla soluzione, mescolandola attentamente fino a quando non la versa nell'impasto.

«Lo faccio spesso», mi sussurra all'orecchio prima di allontanarsi e darmi un pizzico sul sedere.

Gli lancio il canovaccio, ma lui lo afferra al volo.

«Sei tu che fai le domande sbagliate!» ghigna.

Faccio partire l'impastatrice, ma qualcosa sembra non funzionare. La farina e l'acqua hanno formato una poltiglia umidiccia e poco appetitosa, grigio topo.

«Senti, perché non ordiniamo la pizza d'asporto e tu ti limiti ad aprire le patatine?» suggerisce Daniel, sempre a distanza.

Mi lascio cadere sullo sgabello e lo guardo sconfitta. I miei vestiti sono infarinati e nei capelli ho dei piccoli pezzettini di lievito; non posso vedermi in viso, ma sono sicura di avere avuto giorni migliori.

«Mi arrendo, vado a farmi una doccia», lo informo, salendo le scale.

«Marco?»

Faccio un cenno con la mano e continuo a camminare.

Dopo dieci minuti, trovo Daniel davanti alla tv comodamente seduto sul divano. La cucina è pulita e lui sta guardando una serie poliziesca.

«Grazie» dico sorpresa, sistemandomi accanto a lui.

«Dai, vieni qui, sei un disastro», dice portandomi un braccio intorno alle spalle e tirandomi verso di lui. «Chissà che fine avresti fatto, se non ci fossimo incontrati», sbuffa, fingendo di essere scocciato.

«Però mi vuoi bene!» dico sollevando i piedi e rannicchiandomi sul divano.

«Diciamo che, ho imparato a sopportarti», sorride. «Adesso silenzio, che sto guardando la tv.» 

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