UMANA ∽ Ritorno sulla Terra

By AriaWriter

191K 13.1K 9.3K

Una squadra di giovani esploratori sbarca sul pianeta azzurro dopo che quest'ultimo era stato abbandonato per... More

AVVISO e BOOKTRAILER!
Umana
Prologo
1. La partenza
2. In Viaggio
3. I Titans
4. L'atterraggio
5. Le lavanderie
6. Lo sbarco
7. Alberi enormi
8. La foresta
9. Il furto delle parabole
10. La città sommersa
11. Gli Antichi
12. La battaglia
13. Summer
14. I nemici
15. Le regole del gruppo
16. Stanchezza
17. Il lago
18. I lupi
19. Pietà
20. Hans
21. Il Nuovo Potere
22. Fardelli pesanti
24. Eden
25. La mina vagante
26. Tramonto
27. La cattura
28. Prigionieri
29. Il villaggio
30. La tigre
31. In trappola
32. La storia del villaggio
33. Umanità
34. Liberazione
35. Ulrik
36. L'Anziano
37. Libertà
38. Possibilità
39. Sogno o realtà?
40. Oppio
41. Resterai?
42. Oscure presenze
43. Paura
44. Rivendicazione
45. Guarigione
46. Speranza
47. Vita
48. Ritorno
UMANA - L'Antico Potere
Ringraziamenti
Novità, Copertine e Bollini!

23. Amicizia

3K 250 162
By AriaWriter

Si assopirono a notte inoltrata e dormirono tutti profondamente: un riposo lungo e senza sogni.

Il mattino successivo il sole era ancora più intenso.

Shani si svegliò poco prima dell'alba. I capelli, ricci e crespi, avevano preso una strana piega. Sulla guancia portava ancora i segni dello zaino, che aveva usato come cuscino.

Guardò gli altri ancora immersi nel sonno. Di turno, come sentinella, c'era Hans, che le fece un cenno di saluto e poi si mise l'indice davanti alla bocca. La ragazza annuì, concorde: si meritavano ancora un po' di quiete. Non c'era niente di meglio del riuscire a svegliarsi da soli, al mattino.

Glielo augurò.

In punta di piedi, con un telo sottobraccio, si diresse verso il ruscello.

Era un minuscolo rivolo d'acqua, che scorreva verso valle attraversando vari gradini naturali di pietra. Ai bordi crescevano arbusti verdeggianti, alcuni dei quali fioriti. Era uno spettacolo paradisiaco. La luce rosata dell'alba si rifletteva sul flusso d'acqua, che scorreva placido, producendo un suono armonioso che infondeva un'innata sensazione di pace e rilassamento.

Shani si spogliò e s'immerse dalla vita in giù in una piscinetta, un po' distante, in cui l'acqua era appena più profonda, circa mezzo metro. Bagnò sotto la cascata la sua chioma ribelle e con le mani giunte si sciacquò il viso, mentre le gambe, incrociate, si ritonificavano.

La sensazione di freschezza e il tiepido sole del mattino la fecero rabbrividire e sorridere allo stesso tempo. Non avrebbe mai immaginato che la Terra potesse regalarle un piacere così intenso. Niente di paragonabile alle terme lussuose sull'arca, a cui lei non aveva, tra l'altro, mai avuto accesso. Questo era una meraviglia che non poteva essere riprodotta artificialmente. La sua bellezza, infatti, consisteva nel suo essere selvaggia e scomposta, autentica e imperfetta.

Un fruscio inquietante alle sue spalle rapì la sua attenzione.

La ragazza si voltò di scatto e coprì le parti nude, immaginando di vedere uno dei compagni che aveva avuto la sua stessa idea, di darsi una rinfrescata prima del cammino.

Si arrabbiò con Hans, "Poteva avvisarli che ero già sveglia, mi ha vista!"

Ma dietro di lei non scorse nessuno.

Gli alberi che costeggiavano il fiumiciattolo incombevano muti ai margini della foresta.

Restò in ascolto.

Un altro fruscio, dalla parte opposta, la fece sobbalzare.

Questa volta era più vicino, questa volta era certa di averlo udito.

Non era sola.

E, cosa molto più agghiacciante, il suo nemico non voleva farsi vedere.

Incespicò sui sassi scivolosi mentre cercava di avvicinarsi al luogo dove aveva abbandonato i suoi vestiti. Il pensiero fisso sul suo pugnale, legato alla cintura.

Inciampò su un sasso e cadde a terra, a carponi, sull'erba ancora bagnata di rugiada.

Un verso animale la fece trasalire.

Quando alzò gli occhi, davanti a lei c'era un felino, la schiena orribilmente arcuata e la coda gonfia e dritta puntata verso il cielo.

Il suo volto peloso si deformò e l'essere emise un soffio, prima di lanciarsi all'attacco.

Shani urlò con quanto fiato aveva in gola, si butto all'indietro, colpendo con l'osso sacro lo spigolo di una pietra alle sue spalle. Accasciata a terra, si riparò la faccia con le braccia tese per difendersi e allontanare l'aggressore, pronta per affrontare il dolore fino a quando non fossero sopraggiunti i soccorsi.

Ma non ce ne fu bisogno.

Eva, comparsa come per magia, aveva afferrato il felino per il busto, lo stringeva forte al petto, anche se la bestia si dimenava e le graffiava, con gli artigli affilati, le braccia nude. La guerriera osservò la scena attonita, la caduta le aveva provocato una fitta intensa lungo la spina dorsale: non riusciva ad alzarsi e aiutare la compagna e questo la faceva sentire impotente come non s'era mai sentita prima in vita sua.

Eva, dal canto suo, trattava l'enorme gatto come un bambino capriccioso.

Cominciò ad accarezzargli il volto, con dolcezza, mentre con parole dolci e un tono lieve gli sussurrava: «Calma, non ti faremo del male, tranquillo, va tutto bene, shhh...»

Il felino, dopo qualche coccola, si acquietò. Cominciò ad annusarla, a osservare i segni rossi che le aveva inferto sulla pelle pallida. Quando la ragazza lo ripose ai suoi piedi, tra le proteste terrorizzate di Shani, il gatto non ripartì all'attacco. Si fermò a fissarla. I suoi occhi erano misteriosi, penetranti e imperscrutabili. La sua pupilla nera, al centro dell'iride, dalla forma allungata, era immersa in un verde intenso. Il suo pelo aveva un colore variegato, che andava dal biondo chiaro al mattone scuro, con svariate strisce e macchie nere.

Eva gli accarezzò il viso, gli sorrise, e lui socchiuse gli occhi, mentre percepiva il suo pelo appiattirsi sotto il peso caldo della mano di lei.

«Eva!» squittì Shani, senza ottenere risposta.

La compagna, allora, approfittò della situazione, decise di rialzarsi e afferrare il telo, con le mani tremanti. Con un brivido di freddo, coprì il corpo ancora bagnato.

La ragazzina, che l'aveva vista nuda, le fece cenno di stare calma e zitta. Non poté non notare quanto il corpo della compagna fosse diverso dal suo. Con rammarico si chiese se avrebbe mai avuto, da grande, quelle forme audaci, quella linea perfetta. O almeno l'altezza. Sembravano davvero appartenere a due razze diverse...

Il gatto parve cogliere la tristezza dell'Umana e si strofinò con più foga sulle sue gambe, per reclamare la sua piena attenzione. Poi abbandonò ogni pudore, si girò sulla schiena, le mostrò la pancia e iniziò a fare le fusa.

Eva scoppiò a ridere: «Sei davvero un ruffiano, tu!»

Dalla foresta sbucò Ulrik, mezzo svestito, con un fucile in mano.

Shani, per la sorpresa, gridò di nuovo, ormai del tutto fuori di sé. Eva scattò in piedi, alzò le braccia, ancora prima di vederlo. Il gatto non fece una piega, continuò a rantolare pretendendo la sua dose di coccole da quell'essere sconosciuto.

«Ho sentito urlare, cos'è successo?»

Shani indicò la bestia, cercando di coprirsi il più possibile. Aveva le lacrime agli occhi per l'umiliazione e la paura.

«È un gatto» rispose flemmatica Eva. «È solo un gatto. Si è spaventato e stava per...»

«Lui si è spaventato? Io mi sono spaventata! Mi stava per cavare gli occhi! Se non fosse comparsa Eva... sarei morta!» gridò con voce stridula l'altra.

Ulrik la guardò dall'alto al basso. Arrossì. «Rivestiti Shani, stanno arrivando gli altri» la rimbeccò, con tono paterno.

Poi vide i segni sul braccio di Eva e si preoccupò: «Cos'è successo? Ti ha aggredito. Tu sanguini!»

La ragazza allontanò sgarbatamente, come suo solito, il braccio e distolse lo sguardo dal capitano. «È solo un graffio.»

«Fammi vedere. È stato quell'essere a farti questo? Hai bisogno di cure!»

«È un graffio, niente di che.»

«Pensa cosa avrebbe potuto fare a me! Ci hai messo una vita ad arrivare! Poteva uccidermi!» s'intromise Shani, che cercava di infilarsi i pantaloni il più in fretta possibile, mentre teneva ancora stretto al petto il panno ormai fradicio.

Comparvero, poco dopo, affannati, gli altri tre ragazzi, con le armi puntate verso un nemico invisibile. Il gatto non li degnò di uno sguardo. Eva l'aveva accolto tra le sue braccia e lui si era accoccolato come un neonato in grembo alla propria madre.

«E' solo un gatto!» ripeté loro Eva.

Kuran se ne andò, tra un'imprecazione e l'altra. Hans si pulì le lenti per osservare meglio.

Tomas, col fiato corto, spostò gli occhi da Eva a Ulrik, per poi posarli su Shani, che maldestramente raccoglieva le sue cose, con i pantaloni slacciati.

«Ti prego» implorò, rivolto verso la ragazzina. «Giurami che non mi sono perso niente!»

Tutti e tre scoppiarono a ridere.



Ripresero la marcia un po' in ritardo, quella mattina.

Il gatto li abbandonò presto, non senza una certa riluttanza. Si era affezionato a quell'Umana così pallida e magrolina, ma aveva dei bisogni da espletare e un territorio da difendere. Il processo di addomesticamento di quest'animale era stato breve, e, forse per questo, non era riuscito a sconfiggere l'istinto radicato, insito nei felini, d'indipendenza. Sopravvivenza e autosufficienza erano i suoi valori cardine. Per questo i gatti mettevano sempre al primo posto il proprio volere e i propri interessi.

Non ci furono grandi addii. Scomparve con pochi balzi, così com'era arrivato.

Eva provò invece una fitta di amarezza al cuore. C'era qualcosa, in quel micio, che le aveva ricordato una persona. La sua libertà, l'aria trasognata e lo sguardo profondo, il bisogno di affetto e la facilità con cui si era distaccato, senza nemmeno voltarsi indietro.

La sua sorellina più piccola era così. Si ricordava il suo primo giorno di asilo, l'aveva accompagnata con un braccio ancora rotto, retto da una fascia che aveva appesa al collo. La bambina indossava un grembiulino blu scuro e aveva i capelli raccolti in due sottili treccine biondo platino. Lo zainetto rosa sembrava enorme sulla sua schiena minuta. Quando erano giunti all'ingresso della scuola, si era subito allontanata coi coetanei, prendendo per mano una delle giovani maestre e scordandosi di salutarla. Proprio lei che fino a qualche ora prima piagnucolava a colazione, cercando le sue attenzioni e quelle di Marianne. Lei che non dormiva mai sola, ma sempre nel suo letto, che faceva la doccia solo se lei l'insaponava e le faceva lo shampoo, che non stava un attimo ferma a meno che qualcuno non la prendesse in braccio.

Chloé. La sua sorellina.

Ulrik le chiese almeno una decina di volte se il braccio le bruciasse, se volesse una benda, se avesse bisogno di fermarsi per disinfettarlo ancora una volta.

In effetti, per i ragazzi, quei tagli rossi, ancora gocciolanti di sangue, così nitidi sulla sua pelle chiara, erano davvero impressionanti.

Hans blaterò qualcosa sui rischi di infezioni dovute alle ferite inferte dagli animali: tetano, rabbia e malattie varie, tutte con esito potenzialmente mortale.

Eva non li stava nemmeno a sentire.

Quando arrivò la sera e si accamparono, la lesione si era rimarginata e sottili croste marroncine si erano formate per proteggere gli strati sottocutanei dall'aggressione di agenti esterni.

«È peggiorato?» chiese Ulrik.

Evangeline scosse la testa. Ma il ragazzo fece un ultimo tentativo per avvicinarsi.

«Sta guarendo, okay? Ora basta!» esplose. Tutti la guardarono stupefatti. «Siete tutti dottori qua? Avete una laurea in medicina? Si studia infettivologia Umana all'Accademia?! Guarisce da sola! Bisogna solo lasciarla stare, non va bendata. Se hai una ferita in fase di cicatrizzazione bisogna lasciarla all'aria aperta. Riducendo la quantità di ossigeno, coprendola, bendandola o nascondendola, si spianerebbe la strada proprio a quei batteri che amano vivere sotto copertura

«Ma se hai un'infezione questa potrebbe propagarsi ad altre parti del corpo! Eva è proprio a causa di un taglietto come questo che io sono arrivato a perdere entrambe le...»

«Tu non eri Umano!» ribatté la ragazza. Non aveva mai alzato così tanto la voce. Subito se ne rammaricò vedendo gli occhi dorati del professore inumidirsi per l'umiliazione subita. «Mi dispiace Hans. Sono stata crudele. Ma gli Umani non perdono un braccio a causa di un graffio da nulla come questo.»

Lui fece un cenno di assenso con la testa.

Poi ricominciò a suddividere le poche provviste rimaste per la cena.



Shani le si avvicinò dopo aver mangiato.

«Posso parlarti?» Il suo tono era gentile e formale allo stesso tempo. Eva si guardò intorno, si chiese cosa le fosse successo. Era rimasta immersa nei suoi ricordi tutta sera e quel risveglio l'aveva intontita.

«Dimmi.»

«Non qua.» Fece la ragazza, ma Ulrik, seduto poco lontano, le ammonì con un cenno di non allontanarsi troppo.

Si spostarono di qualche passo, Eva con molta riluttanza, Shani con le spalle curve e il volto afflitto. Ovviamente avevano ancora di più gli occhi puntati su di loro e sarebbe stato difficile mantenere la conversazione confidenziale. Ma nessuna delle due ci fece troppo caso.

Si sedettero sulle radici di una grossa quercia, vicine in modo insolito. Eva si sporse verso la ragazza per poterla ascoltare meglio. Ma Shani restava zitta.

Passò un lasso di tempo indefinibile, in cui si sentivano solo le lamentele di Tomas e l'odore penetrante del fumo.

«Volevo ringraziarti» pronunciò infine. Sollevò gli occhi castani su di lei. Era arrossita, ma la carnagione scura non lasciava trasparire l'imbarazzo a dovere.

Eva assunse un tono interrogativo e si tirò indietro.

Si era immaginata uno scontro. Sapeva di essere antipatica alla soldatessa, le era stato chiaro fin dall'inizio. Si aspettava una ramanzina, una discussione, al massimo qualche consiglio non richiesto. Tutto tranne che dei ringraziamenti. Si chiese se avesse perso qualche puntata: forse aveva passato troppo tempo immersa nel suo mondo interiore e nel frattempo erano successe cose di cui non aveva serbato memoria.

«Mi hai salvato la vita» aggiunse, col volto moro sempre più bollente.

L'illuminazione arrivò in ritardo, per la ragazzina.

Scosse la testa divertita.

«Shani, era solo un gatto...»

«Se non ci fossi stata tu, mi avrebbe uccisa!» Anche la guerriera iniziò a scuotere il capo con veemenza. Aveva parlato ad alta voce, incurante del fatto che gli altri potessero udirla.

Eva abbassò il tono, come per ricordarle che l'aveva presa da parte per un valido motivo. «Dubito che ti avrebbe uccisa, al massimo avresti avuto i miei graffi, con poco titanio sarebbe scomparso tutto rapidamente.»

«Non è vero! Non abbiamo scorte sufficienti di titanio per curare i fori di pallottola di Hans! Io l'ho visto, prima che comparissi tu, lui mi stava puntando. Mi avrebbe cavato i bulbi oculari coi suoi artigli... Non potevo fare nulla per evitarlo, c'è mancato così poco che se ci penso ho ancora la pelle d'oca...» Le vennero le lacrime agli occhi.

Eva avrebbe voluto avvicinarsi, metterle una mano sulla spalla, consolarla. Ma quell'improvvisa vulnerabilità la pietrificò. Non la conosceva abbastanza bene, non avevano un'intimità sufficiente. Era anche lei in imbarazzo, ora.

«Stai esagerando» rispose, ma si pentì subito, così sembrava denigrarla ancora di più.

Shani non ci fece caso. «Tu mi hai salvato la vita. Ed io ti ho sempre trattato di merda! Sono stata una stronza con te, ti ho presa di mira perché non riuscivo a capire che cazzo ci facessi qua, a cosa servissi, perché avessero scelto te, con tutti gli studenti che c'erano, le eccellenze dell'Accademia! Una bambina in una missione pericolosa come questa! Ti ho insultata parecchie volte e ho pensato delle cose orribili. Non ho nemmeno il coraggio di confidartele. Ma se non ci fossi stata tu io ora sarei morta... No, non contraddirmi, o morta o sfigurata, non cambia la realtà! Un Titans non guarisce da ferite simili! Le mie braccia sono in titanio, come quelle di Hans, ma i miei occhi sono umani! Capisci? Mi hai salvato la vita senza chiedere niente in cambio, dopo tutto quello che ti ho detto...e ancora non capisco perché tu l'abbia fatto.»

I suoi singhiozzi riempirono il silenzio. Ora era evidente che tutti fossero in ascolto.

Eva non si trattenne e con timidezza le prese le spalle con le mani fredde.

«Tu mi hai salvato la vita, Shani. Forse non ricordi, ma se non fossi arrivata tu, l'Antico mi avrebbe stuprata, dopo aver ucciso Ulrik. Io non ho dimenticato.»

Shani ruppe i singhiozzi, tornando a guardarla in viso. «È stato diverso, ti avevamo abbandonata lì da sola, poi abbiamo sentito i rumori... Ulrik è stato più veloce di me, sono arrivata tardi...»

«Non sei arrivata tardi, sei arrivata in tempo. Ci hai salvato entrambi. E mi avresti cercata di salvare anche al torrente, contro quei lupi... Anche se sarebbe stato un vero e proprio spargimento di sangue. Non ho dimenticato nulla, Shani. Ti devo la vita, e non sarà certo un gatto spaventato a pareggiare i conti con te.» La ragazzina le sorrise.

Ulrik, da lontano, la imitò, in silenzio. Un sentimento nuovo gli scaldò il petto. Non avrebbe saputo né descriverlo né tanto meno dargli un nome. Non era bravo a decifrare le emozioni. Capì solo che era piacevole, un calore intenso e rilassante.

«Eva...» Shani si avvicinò al suo orecchio. Aveva un profumo intenso e speziato e i suoi capelli ricci le solleticarono il collo. «Quando sono entrata in quella stanza, io ho sparato. E mi sono arrabbiata con Ulrik perché lui non l'aveva fatto. Ricordi?» La ragazzina annuì. «Aveva ragione lui. Avrebbe potuto colpirti, per questo non ha preso la mira, ha preferito il corpo a corpo. Mi capisci? Io no. Io non ci ho pensato due volte a sparare. Anche se lui era praticamente su di te...»

Le lacrime calde le bagnarono entrambe. Con imbarazzo Shani si scostò, cercò di asciugarle col dorso delle mani.

«E ci hai salvato» concluse Eva, con tono deciso.

Rimasero per un po' in silenzio, sedute ancora l'una accanto all'altra.

«Devi essere più cattiva, Eva!» proruppe Shani, all'improvviso. Poi scoppiò a ridere. «E' questo il tuo problema!»

Anche l'altra cominciò a ridere, e portò la mano davanti alla bocca.

«So essere molto più cattiva di quanto immagini» rispose infine. Si rialzò e sgranchì le gambe intorpidite.

«Se fossi entrata all'Accademia, io e te avremmo fatto a botte.» Shani le fece l'occhiolino.

«Probabilmente le avrei prese» replicò l'Umana con un sorriso sulle labbra e tornò a sedersi accanto al fuoco. Shani si sistemò vicino a lei.

La guardava con la coda dell'occhio. I capelli, non erano più rigidamente legati come all'inizio, ora le piovevano sulle spalle, sempre più voluminosi e dorati. Le occhiaie stavano scomparendo e, anche se la magrezza non si accentuava, il suo colorito era più roseo, più salubre.

«Ti prego, non nominare i graffi, almeno tu!» la riprese, all'improvviso Eva. Aveva notato che la stava fissando di sbieco.

Shani ammiccò divertita e le tirò una gomitata leggera.

Non aveva mai avuto amici all'Accademia. Questo non l'aveva mai confessato, nemmeno a se stessa.

Si chiese se forse le cose avrebbero potuto essere più facili in compagnia.

Perché adesso così le sembrava, la situazione, la loro missione, la sua stessa vita.

Più facile.

Continue Reading

You'll Also Like

1M 49.7K 94
*Primo volume della saga di Sentimenti Oscuri* Anno 1626. Meredith è una giovane ed inesperta donna di appena diciotto anni. Sin dall'infanzia ha cap...
332K 13.2K 26
#BOOK ONE (Crush series) @MichRoov ti ha inviato un messaggio: "quello nella foto sono per caso io?" Dove una ragazza utilizza foto della sua crush i...
1M 66.7K 50
(1) PRIMO LIBRO DELLA SAGA DEGLI SPECCHI. Shannon McCartney ha dei banalissimi occhi marroni e vive una vita discreta all'interno di una normale fami...
815K 41.9K 78
Glaphyra è una dea, o almeno deve diventarlo. I suoi poteri sono sorprendenti e al di fuori di ogni limite, ma lei non ne è a conoscenza. Ha un vuoto...