UMANA ∽ Ritorno sulla Terra

By AriaWriter

190K 13K 9.3K

Una squadra di giovani esploratori sbarca sul pianeta azzurro dopo che quest'ultimo era stato abbandonato per... More

AVVISO e BOOKTRAILER!
Umana
Prologo
1. La partenza
2. In Viaggio
3. I Titans
4. L'atterraggio
5. Le lavanderie
6. Lo sbarco
7. Alberi enormi
8. La foresta
9. Il furto delle parabole
10. La città sommersa
11. Gli Antichi
12. La battaglia
13. Summer
14. I nemici
15. Le regole del gruppo
16. Stanchezza
17. Il lago
18. I lupi
19. Pietà
20. Hans
21. Il Nuovo Potere
23. Amicizia
24. Eden
25. La mina vagante
26. Tramonto
27. La cattura
28. Prigionieri
29. Il villaggio
30. La tigre
31. In trappola
32. La storia del villaggio
33. Umanità
34. Liberazione
35. Ulrik
36. L'Anziano
37. Libertà
38. Possibilità
39. Sogno o realtà?
40. Oppio
41. Resterai?
42. Oscure presenze
43. Paura
44. Rivendicazione
45. Guarigione
46. Speranza
47. Vita
48. Ritorno
UMANA - L'Antico Potere
Ringraziamenti
Novità, Copertine e Bollini!

22. Fardelli pesanti

3.1K 260 207
By AriaWriter

Il cammino riprese il mattino seguente, come consueto.

Incominciava a intravedersi, tra la fitta vegetazione, una catena montuosa granitica, non troppo imponente. Il paesaggio, aspro e selvaggio, incuteva loro timore e, un po' per convenienza, un po' per l'eccessiva fatica che avrebbe comportato la salita, decisero di procedere per la valle, seguendo ruscelli e corsi d'acqua, e costeggiando le montagne.

Evitarono con cura di addentrarsi in altre città, anche se talvolta scorsero, tra i rami alti degli alberi, qualche edificio abbandonato, in lontananza.

La foresta era diventata il loro luogo sicuro, paradossalmente. Allontanarsi dai faggi, dalle querce e dai pini silvestri significava per loro nuove insidie, oscure minacce, trovarsi "allo scoperto", nudi di fronte a quel pianeta ostile che li aveva accolti mal volentieri.

Non fecero più visita i lupi. Né alcun animale feroce. Videro qualche gufo spiare a notte fonda coloro che facevano da sentinelle.

Aveva ragione Hans: gli animali si appostavano vicino a dove dormiva Eva, con i grandi occhi tondi spalancati sulla ragazza. La fissavano da lontano, in silenzio. Poi svanivano, senza far rumore.

La presenza di rivoli d'acqua alleggerì il viaggio. La mattina presto si alzavano all'alba, per sciacquarsi il viso e le ascelle. La notte, invece, prima di accamparsi, facevano un bagno veloce, lavavano a mano calze, biancheria e magliette e li lasciavano asciugare fino al mattino successivo appesi ai rami.

Era stata Eva a mostrare come si faceva a Shani e Tomas. Bolliva in acqua i panni in un contenitore tondo, abbastanza fondo. All'inizio avevano usato un coperchio destinato alle provviste, ormai quasi esaurite, ma era troppo piccolo e poco capiente. Poi avevano trovato, lungo il cammino, una vecchia pentola abbandonata a terra, insieme con altre suppellettili che però erano state troppo corrose dallo scorrere del tempo. Tomas si era offerto, entusiasta, di portarla legata allo zaino. Se gli abiti fossero stati particolarmente sporchi, Eva avrebbe utilizzato il potere abrasivo della cenere per sgrassarli. Infine li stendevano vicino al fuoco aiutandosi con dei paletti.

Questo piccolo espediente li aveva alleggeriti. Il loro stesso odore, la sensazione di putridume, l'umidità del sudore sempre a contatto con la pelle, li aveva resi irritabili i primi giorni. Era strano come fosse bastato davvero poco per attenuare il peso opprimente delle mille preoccupazioni, ansie e timori. Ricominciare a prendersi cura del proprio corpo, svegliarsi con l'acqua fresca sul viso, indossare indumenti puliti e addormentarsi con il tepore conciliante di un fuoco acceso. Erano bastate queste tre piccole azioni a rendere il cammino più sostenibile.

A volte i ragazzi fingevano di trovarsi in campeggio, o di essere dei veri abitanti del pianeta terra, degli esploratori o un'allegra famiglia in vacanza, come avevano visto nei vecchi film sull'arca.

Shani e Tomas scherzavano spesso su questo.

«Cara, mi stireresti i pantaloni?» sbuffava lui, sempre insolente.

«Solo quando ti degnerai di pagare la bolletta del gas, mio caro.» Rideva lei, mentre attizzava il fuoco.

«Lo sai che sono troppo impegnato! Oggi a lavoro il mio capo ha rifiutato la mia richiesta di un aumento!» rispondeva ammiccando in direzione di Ulrik. «Se andrà avanti così, per Natale non ti potrò regalare l'anello che volevi tanto...»

«Non preoccuparti, me lo comprerò da sola l'anello che volevo tanto. E mi sa che mi troverò anche un uomo molto più ricco di te!»

Tomas allora si buttava in ginocchio e implorava in modo melodrammatico la sua mano. Proposta sempre rifiutata con eleganza da Shani, che millantava di voler sposare un ricco sultano del Medio Oriente. O un attore di Hollywood. O un nobile lord inglese.

Il teatrino poteva andare avanti molto a lungo.

Nessuno diceva loro nulla, perché alla fine anche agli altri faceva bene vedere qualcuno sorridere, vivere la loro spensieratezza per interposta persona.

Alcuni rapporti, invece, erano peggiorati in modo drastico dopo l'episodio dei lupi.

Eva aveva smesso di rivolgere la parola ad Hans e Ulrik. Evitava qualsiasi contatto, fisico o visivo, non rispondeva loro nemmeno se chiamata per nome.

Parlava un po' con Shani e Tomas, il minimo indispensabile: aveva insegnato loro come lavare i panni e si era fatta prestare dalla ragazza un piccolo zaino in cui potesse anche lei portare alcune delle sue cose. In questo modo non c'era davvero più bisogno di avvicinarsi al comandante, il quale dopo l'atterraggio aveva unito i loro due bagagli con una sola cinta, per portarli entrambi sulla schiena.

Per il resto, se ne stava per i fatti suoi, lo sguardo perso nel nulla, spento, né triste, né felice. La sera si coricava presto e si addormentava quasi subito, il mattino era l'ultima a svegliarsi. Erano spariti gli incubi, ma anche la fame.

Mangiava pochissimo, uno spicchio di mela, qualche noce, mezza barretta energetica. Aveva lo stomaco chiuso come da una cintura di ferro: ne sentiva il peso, nell'addome, un fastidio continuo, un senso di oppressione e allo stesso tempo di vuoto.

Era questo uno dei motivi per cui Hans insisteva tanto nel recuperare la relazione con lei.

Ulrik, orgoglioso e allo stesso tempo attanagliato dal suo senso di responsabilità, si era stizzito quando la ragazzina non gli aveva voluto parlare a quattrocchi, dopo la sua rivelazione. Aveva insistito parecchio per chiarire quanto successo, per ripetere i motivi del suo silenzio. Si era preparato un discorso, durante il ritorno all'accampamento, quella fatidica notte. Riguardava il vincolo del segreto militare, quanto alcune informazioni potessero rivelarsi dannose per gli interessi della missione (avrebbe potuto scatenare il panico o istigare una defezione), come questo reato fosse punibile penalmente, in alcuni casi con la condanna a morte, come lui l'avesse infranto per lei, perché si era reso conto del pericolo cui stavano andando incontro se lui non l'avesse rivelato. Insomma, tante belle parole, qualche formula retorica e molte scuse maldestre. Il giorno dopo aveva cercato di prenderla da parte, di mattino presto, mentre gli altri erano intenti a raccogliere i sacchi a pelo. La ragazza aveva fatto finta che non esistesse. Nemmeno quando lui aveva alzato la voce si era girata nella sua direzione. L'aveva umiliato. Il suo orgoglio aveva ceduto e ora entrambi mantenevano un atteggiamento passivo-aggressivo: ognuno si era ritirato nel suo mondo emotivo, avevano rotto i ponti della comunicazione, sia diretta sia indiretta, e, in sintesi, si tenevano il broncio. Come due bambini.

Hans invece non faceva altro che incalzarla.

Era fastidioso e patetico il modo in cui lei lo guardava disgustata e il modo in cui lui cercava le sue attenzioni.

«Lasciala stare!» Inveiva ogni tanto Kuran, che parteggiava per la ragazzina.

Anche il pilota si era ritirato in un silenzio ostile. E quando interpellato dava risposte strafottenti e scurrili, anche a Ulrik, che lo guardava sempre più preoccupato da quell'improvviso cambiamento.

Tutto degenerò quando per la quarta sera di seguito, dopo l'assalto del branco, la ragazza rifiutò la sua porzione di proteine.

«Eva, non puoi andare avanti così...le proteine sono indispensabili per garantire un apporto di amminoacidi utili per la costruzione delle cellule e il loro ricambio.»

«Ma smettila!» scoppiò Kuran. Allontanò Hans con una spinta e lo fece cadere senza volere, insieme alle barrette energetiche che stringeva al petto.

«Ora basta!» tuonò Ulrik.

«Ma vaffanculo!» gli rispose il ragazzo, gettando con forza addosso ad Hans la propria razione di cibo.

«Ho detto basta!» Ulrik aiutò Hans a rialzarsi. Il giovane era paonazzo, si sistemò nervoso gli occhiali sporchi di polvere sul naso, raccolse le provviste e si pulì i pantaloni. Stava cercando di riottenere un briciolo di contegno, quando spostò inavvertitamente gli occhi su Eva e incrociò per la prima volta il suo sguardo.

E ne approfittò.

«Il tuo comportamento denota un'espressione emotiva immatura» le disse, tutto d'un fiato, senza respirare.

«Hans hai sette anni più di lei, cosa ti aspettavi?» rispose Tomas, al posto di Eva, mentre sbucciava una mela acerba e fibrosa.

«Eva.» Hans non demorse. «Io lo so cosa hai passato. Non è poi così difficile da immaginare. Hai una sorella, vero? Marianne. A volte la chiami nel sonno, ti ho sentita. Ma non chiami mai tua madre. Non è così? Eppure ce l'hai, l'abbiamo vista tutti urlare alla partenza. Suppongo che sia la persona che meno ti manchi in questo momento. Ti stai chiedendo come lo so? Le cicatrici dell'abuso a volte sono difficili da individuare. Ma le tue sono ben evidenti. Le abbiamo notate tutti, anche se, per rispetto, non ti abbiamo chiesto nulla. Avremmo potuto immaginarlo, prima ancora di vedere quei segni rossi sulla tua schiena. Una delle conseguenze emotive di un evento traumatico nella vita di una bambina è l'ipervigilanza: per questo Eva, hai paura di ogni cosa, il tuo sistema umano di autoconservazione ti mette in un'allerta permanente come se il pericolo potesse ripresentarsi da un momento all'altro. Per questo eviti così tanto le persone, tendi a stare per conto tuo, a non parlare con nessuno, sei riservata e introversa: non ti fidi, l'esperienza ti ha insegnato che sono poche le persone su cui puoi fare affidamento.» Le iridi di Hans emanarono un bagliore quasi ambrato.

«Non mi è difficile derivare il resto. Venivi da una famiglia molto povera, l'ultimo piano dell'arca, le lavanderie e i motori. Il titanio costa molto, non bastava lo stipendio di tua madre per procurartene un po' illegalmente. Posso dedurre che tua sorella avesse problemi di salute e per questo fosse già sufficientemente difficile mantenere e sostenere il vostro piccolo nucleo famigliare. So che non hai un padre, l'avevo letto nella tua cartella. Come può una donna in difficoltà far curare una bambina col titanio se lei... guarisce spontaneamente? Non può! I medici dell'arca dovevano essere stati allertati che era nata un'Umana nelle lavanderie. Gli ordini erano molto chiari: non si somministra l'Hc34Fc987 a chi non ne necessita. Tu non ne avevi bisogno! Sei un'Umana! Era l'arca ad avere bisogno di te! Molte madri sarebbero state orgogliose di avere una figlia speciale, di aver dato al mondo un essere unico, raro e prezioso. Ma tua mamma non era stupida, deve aver capito, prima di tutti noi, il risvolto della medaglia. Perché la propria figlia, la figlia di una lavandaia, dei piani bassi, senza padre e non scolarizzata, dovrebbe essere così importante? Cosa se ne fa l'arca di una bambina che guarisce da sola? Non sei una ragazza sciocca, anche se sei stata educata a casa. Quindi immagino non lo fosse né tua mamma né tua sorella. Non credo sia stato facile, per lei, prendere quella decisione, non credo che riusciremo mai a capirla fin in fondo. Solo tu sai quando ha iniziato a picchiarti, quando le botte sono divenute così frequenti, così forti che hai smesso di chiedere aiuto, di cercarla quando avevi bisogno. Probabilmente è stata tua sorella ad assisterti nella guarigione. Per questo quando hai gli incubi, la chiami disperata.» Si erano tutti pietrificati. Statue d'argilla troppo attonite per ribattere, interrompere o fare rumore.

«Il piano di tua madre era rendere necessaria una cura in titanio. Ti portava dal medico col braccio rotto e sperava che quello decidesse per l'amputazione, o almeno infiltrazioni di titanio, le sarebbe bastato un antidolorifico con Hc34Fc987. Ma il tuo curante sapeva, aspettava pazientemente e tu, tu guarivi. Allora tua madre continuava a picchiarti. Finché, probabilmente, la frustrazione, la paura e l'alcol, molto diffuso nella tua zona, hanno preso il sopravvento. E le botte iniziarono ad arrivare anche senza un motivo preciso. Perché tu resistevi e ti riprendevi, le ferite si rimarginavano, le ossa si ricalcificavano, il dolore si attenuava e tu riacquistavi la salute. Immagino che nella sua mente contorta sua figlia non sembrasse collaborare.

Io so cosa hai passato, il fardello che ti porti appresso.» Hans trasse un respiro profondo prima di proseguire. «Perché anch'io ho il mio, di fardello. Mia madre era Umana. Si chiamava Selene. Sposò mio padre molto, troppo giovane. Aveva appena diciannove anni. E mio padre... Mio padre è il presidente. Il mio nome completo sarebbe Hans Brandt.»

A Tomas sfuggì di bocca il pezzo di mela che stava masticando.

Perfino Ulrik, che conosceva la provenienza del suo vice, si accasciò a terra, con la testa tra le mani. Non sapeva nulla della madre.

«Non ricordo molto di lei, anzi sarebbe meglio dire che non ricordo nulla. Morì quando ero molto piccolo. Era sempre dolce con me, m'incoraggiava in qualunque cosa facessi, diceva che ero il suo orgoglio, il suo tesoro più grande.

Purtroppo ora so che non era così. Mia madre si tolse la vita. Una lunga ed estenuante depressione, iniziata forse con la gravidanza. Ho scoperto cose terribili, prima di partire. Psicosi post-parto, è il termine psichiatrico. La sintomatologia comprende allucinazioni, stato confusionale, sbalzi d'umore e tentativi di fare del male a se stessi e al proprio figlio. Alla fine, prevalse la prima.

Sono stato Umano anch'io. Non l'ho mai detto a nessuno. Probabilmente fu solo fortuna, una svariate serie di coincidenze che fecero sì che il mio corpo, Umano, resistesse fino al compiersi dei miei undici anni, senza entrare mai a contatto col titanio. Mi sentivo unico, speciale. Mi sentivo soprattutto legato a lei, ero la sua unica eredità.

Poi, una banale ferita instaurò nel mio corpo una sepsi, ovvero una sindrome clinica caratterizzata da un'anormale risposta del sistema immunitario. Il taglio che mi ero procurato non guariva, anzi, continuava a infettarsi, mentre la mia temperatura corporea sfiorava i trentanove gradi, cominciava ad accusare difficoltà respiratorie e un'attività cardiaca anormale.

Per farla breve: mi dovettero amputare entrambi gli arti superiori, attaccarmi tempestivamente a una macchina in titanio e privarmi per sempre della mia Umanità. Privarmi per sempre di mia madre.

Ognuno di noi porta sulle spalle un fardello, più o meno pesante. Non possiamo semplicemente lasciarlo andare, fa parte di noi. Il peso ingombrante del nostro passato ci ha resi quello che siamo. Nel bene e nel male.

A volte basterebbe trovare il coraggio per condividerlo. Essere forti vuol dire anche chiedere aiuto. Io ti offro il mio e tu mi offri il tuo. Solo così possiamo continuare a camminare insieme.»

Dopo questo discorso, anche Hans si sedette. Ora erano tutti accucciati attorno al fuoco, che crepitava indifferente, e scandiva col suo scoppiettio il passare dei secondi.

Shani guardava Eva e Hans come se assistesse a un'invisibile partita di tennis. Entrambi erano ora immobili, muti, con lo sguardo basso. Se fosse successo a lei, pensava la ragazza, sarebbe stato come far esplodere una bomba atomica. Sentiva la rabbia accumularsi come un vortice d'energia incontrollabile. Non aveva alcun diritto di dire quelle cose, di svelare quei segreti! Chi era lui per predicare con quel buonismo? Con che coraggio poteva chiederle di condividere il suo passato, dopo quello che le aveva tenuto nascosto?

Si aspettava che anche Eva scoppiasse, che anche lei reagisse?

Forse era proprio quello lo scopo di Hans: farla reagire. Convincerla a esteriorizzare i propri sentimenti.

Purtroppo la ragazza rimase chiusa a riccio, nonostante dentro di sé si stesse combattendo una guerra assordante.

«Anch'io ho qualcosa da confessare.» Spezzò il silenzio Kuran. «Prima di partire, avevo una ragazza, anzi, una fidanzata. Summer.»

«Summer? Quella Summer? Perché Summer si è messa con uno come te?» chiese sconvolto Tomas, ma Shani gli tirò una gomitata nel fianco, che lo fece piegare dal dolore.

«L'amavo come non ho mai amato niente e nessuno. Ma l'ho dovuta lasciare. Pensavo fosse la cosa giusta da fare. Ma ogni giorno che passo, in questo inferno, ogni giorno in cui comprendo quanto stupida, inutile e fallace sia questa stramaledetta missione... ogni giorno io mi pento. Per la mia madre-arca, per l'onore e la gloria, perché era il mio lavoro, la mia più grande ambizione, la mia professione, per tutte queste cose l'ho lasciata. Ora lo posso dire ad alta voce: è stato il più grande sbaglio di tutta la mia vita.»

Scoppiò a piangere. Un pianto incontrollabile, fatto di singhiozzi e di lacrime troppo amare per essere inghiottite.

Tutti gli altri si commossero.

Il fuoco scricchiolava in sottofondo, ma il suo calore sembrava sempre più misero.

«Anch'io ho un segreto» proruppe Shani. Guardò dritta negli occhi Eva, sorpresa come tutti da quella rivelazione. «Non sono stata scelta perché ero la più brava guerriera.»

«Questo non è vero!» la interruppe Ulrik, manifestando con veemenza il suo dissenso.

«Sì, è vero, lo sappiamo entrambi. Origliai una conversazione tra due ministri e...tuo padre, Hans, il presidente. C'erano altri soldati che avevano più qualifiche di me. Ma io rientravo nella quota rosa, per così dire. Sappiamo tutti che questa non è solo una missione di esplorazione e soccorso dei superstiti. Anzi, semmai saranno loro a dover soccorrere noi. Questa è una missione di ripopolamento. E non si può ripopolare la Terra senza... le donne.»

«Shani...» cercò di interromperla Ulrik, ma la sua contestazione gli morì in gola.

«Beh, è il mio turno, no?» Tomas sorrise. «Allora i miei segreti li conoscete tutti. Ero in carcere, in isolamento, accusato di associazione a delinquere con finalità sovversive, terrorismo, furto, vilipendio e... non ricordo ora tutti i capi d'accusa, non è importante adesso. Comunque ero dentro da quattro anni, quando il nostro capitano è venuto ad aprire la cella. Il mio fardello? Potrei dire di essere passato dalla padella nella brace, ma mentirei. La realtà è che sono felice di essere qui. Ovvio, da un momento all'altro potrei essere sgozzato da uno zombie, divorato vivo da un lupo o chissà quali altre splendide avventure ci riserverà questo magnifico cammino insieme. Ma sono vivo. Voi non avete idea di cosa voglia dire stare chiusi in una stanza di quattro metri per quattro, parlando solo con una sentinella benevola o qualche compagno, nella cella accanto, senza nemmeno poterli vedere in faccia, senza poterli toccare, abbracciare, anche solo sfiorarli. Che voi condanniate o no ciò che ho fatto, non m'importa. Non mi sono mai pentito e mai mi pentirò. Che fossi molto vicino a togliermi la vita... quello lo posso comprendere solo io. Anche questo inferno è più vita di quel carcere.»

Una fiammata divampò, trasmettendo loro un'ondata di ardore.

Tutti gli occhi erano rivolti, speranzosi, a Eva e Ulrik, che però sembravano voler mantenere il loro riserbo.

Finché la ragazza non si pronunciò, dopo qualche interminabile minuto, col suo tono deciso: «Non ho solo una sorella. Ne ho quattro.»

«Quattro?» ripeté Shani incredula. Lei era senza famiglia e quello era un tema cocente.

«Triste verità del sottoproletariato» commentò a sproposito Tomas, nel tentativo di sdrammatizzare.

«Marianne è la maggiore. Poi ci sono Guendaline, Isabelle e Colette. Mia madre amava molto i nomi... ricercati. Avrebbe voluto che noi divenissimo donne rispettate, come le eroine dei romanzi classici che soleva leggere. Il mio nome viene dal greco: "eu" e "angelma", significa "buona notizia". Ma questo lei non lo sapeva, me lo riferì Marianne. Non credo che se ne fosse stata a conoscenza mi avrebbe nominata così, io fui una pessima sorpresa, come tutte le mie sorelle. Non condividiamo gli stessi padri. Eva è un nome biblico, la prima donna. Per noi era solo più comodo e comune. Anche le mie sorelline le avevamo rinominate Gue, Isa e Chloé.»

Era comparso un sorriso, mentre parlava di loro. I ragazzi si sorpresero di quella rivelazione un po' bizzarra, non un vero segreto forse (d'altra parte, Hans aveva rivelato l'indicibile su di lei), ma una confessione più dolce, intima, anche se terribilmente melanconica. Ed era il discorso più lungo che la ragazza avesse mai pronunciato.

«È il tuo turno, Ulrik» commentò Tomas con un po' di sarcasmo, dopo qualche istante di silenzio.

Il comandante s'irrigidì, si stropicciò gli occhi, affaticato.

Alcuni si aspettavano che parlasse di quel caso, la ragazza morta. Era il segreto per eccellenza, il dubbio che affliggeva le loro menti. D'altra parte, nessuno ci sperava poi così tanto.

«Odio il mio nome.»

«Come?» chiese Tomas, visto che il tono era insolitamente basso.

«Odio il mio nome!» ripeté il giovane, arrossendo.

A qualcuno scappò da ridere. Anche Eva, nonostante fosse ancora in collera con lui, non riuscì a trattenersi.

«Odio il mio nome, significa "patrimonio, eredità". Era del mio bisnonno. Odio il suo suono, dovermi girare quando gli altri mi chiamano.»

«E questo sarebbe il tuo segreto? Il tuo fardello?» lo provocò Tomas.

Ora ridevano tutti. Anche Kuran, che si era asciugato le lacrime.

«Tu hai un nome comune, non puoi capire.» Ulrik era sempre più rosso in volto.

«Ci prendi in giro o fai sul serio?» lo punzecchiò Shani.

«È per questo che gli amici mi chiamano Rik» sentenziò il ragazzo, per concludere l'imbarazzante confessione.

«È un modo per dirci che vorresti essere nostro amico?» Tomas gli fece l'occhiolino. «È così... Rik?»

A Shani venne un vero e proprio attacco di ridarella.

La stessa Eva scoppiò a ridere.

Quell'ilarità fu così contagiosa che perfino Ulrik, umiliato e un po' offeso, non riuscì a trattenere un timido sorriso.


Visti così, da lontano, sembravano davvero un gruppo di amici in campeggio.

Continue Reading

You'll Also Like

594K 15.5K 26
INIZIO: 01/06/19 FINE:29/12/21 Ringrazio @Koaluch per la copertina! *Crystal è una ragazza di sedici anni, con un carattere un po' pazzo ed esuberant...
30K 864 9
𝐏𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐚𝐠𝐚 𝐈𝐦𝐦𝐨𝐫𝐭𝐚𝐥𝐞 Il Consiglio, composto dai maggiori esponenti tra Angeli, Demoni e Cacciatori, ha deciso...
17.1K 780 56
La diffusione di un virus, trasforma la gente in vaganti...ben presto le cittá vengono invase e le persone che ancora riescono a sopravvivere, sono i...
8.5K 856 54
❤️ Shortlist Wattys 2022 ❤️ (COMPLETA) "Si narra che la stia ancora cercando, che non si fermerà fino a quando non la stringerà tra le braccia. Quan...