UMANA ∽ Ritorno sulla Terra

By AriaWriter

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Una squadra di giovani esploratori sbarca sul pianeta azzurro dopo che quest'ultimo era stato abbandonato per... More

AVVISO e BOOKTRAILER!
Umana
Prologo
1. La partenza
2. In Viaggio
3. I Titans
4. L'atterraggio
5. Le lavanderie
7. Alberi enormi
8. La foresta
9. Il furto delle parabole
10. La città sommersa
11. Gli Antichi
12. La battaglia
13. Summer
14. I nemici
15. Le regole del gruppo
16. Stanchezza
17. Il lago
18. I lupi
19. Pietà
20. Hans
21. Il Nuovo Potere
22. Fardelli pesanti
23. Amicizia
24. Eden
25. La mina vagante
26. Tramonto
27. La cattura
28. Prigionieri
29. Il villaggio
30. La tigre
31. In trappola
32. La storia del villaggio
33. Umanità
34. Liberazione
35. Ulrik
36. L'Anziano
37. Libertà
38. Possibilità
39. Sogno o realtà?
40. Oppio
41. Resterai?
42. Oscure presenze
43. Paura
44. Rivendicazione
45. Guarigione
46. Speranza
47. Vita
48. Ritorno
UMANA - L'Antico Potere
Ringraziamenti
Novità, Copertine e Bollini!

6. Lo sbarco

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By AriaWriter

La navicella si staccò dalla sede centrale dell'astronave con un frastuono da far esplodere i timpani. Sobbalzò di colpo e prese velocità quando entrò nell'atmosfera terrestre.

I ragazzi portarono le mani alle orecchie, protette dal casco, e chiusero gli occhi.

Ulrik no. Lui teneva le pupille fisse su Eva, seduta davanti a lui.

Se fosse morta, la missione sarebbe fallita.

Questo pensiero non l'aveva fatto dormire nemmeno un secondo negli ultimi giorni. Le sue iridi, ormai iniettate di sangue per lo sforzo, cominciavano a sfocare l'immagine della ragazza.

Uno strano ronzio iniziava a pulsargli nelle orecchie.

Non aveva più il controllo su di lei. Doveva solo pregare, affidarsi all'Universo.

Se almeno avessero scelto un Umano più robusto... Un uomo. Ma anche una donna come Shani sarebbe andata bene.

Gli scossoni aumentarono.

Il suo corpo si preparò all'impatto un minuto prima che esso avvenisse: aveva provato la simulazione almeno diecimila volte. Ma non andò proprio come si aspettava...

Lo schianto fu spietato, fragoroso, la navicella affondò nelle acque nere dell'oceano, si capovolse due o tre volte, riemerse e riprese la sua folle danza. Ruotava come una sfera impazzita. Le onde la colpivano senza pietà. L'abitacolo di trasporto galleggiava sull'acqua ma nulla poteva contro la l'infinita prepotenza di un mare in tempesta.

Tomas, Shani e Hans urlavano spasmodicamente. Ulrik cercava di sovrastare le loro grida, ma il fragore delle onde contro le pareti rendeva sordi anche alla propria voce.

Kuran aveva gli occhi annacquati di lacrime. Pensava a lei. Ancora una volta, forse l'ultima. Forse per questo con maggiore intensità.

Eva avrebbe voluto urlare ma non riusciva. Il suo corpo minuto sbatteva contro i braccioli e lo schienale. Il casco le rimbombava in testa. L'aria le mancò dai polmoni.

Non respirava.

Non respirava più.

Cercò di togliersi la cintura, senza riuscirci. Voleva tanto poter sfogare la sua paura strillando, sentiva l'eco lontano di voci sotto il baccano dell'acqua.

La morte arriva così allora, si disse, prima lo stordimento, poi la sorpresa, un po' di dolore e infine... non respiri più.

Così semplice, così elementare. Eppure, non ci aveva mai pensato.

Annaspò, gli occhi all'improvviso ciechi, la bocca spalancata in un ultimo grido muto.

Poi perse conoscenza.

Ulrik ci mise più di quanto avrebbe ritenuto necessario per mettere a tacere i compagni. Dovette togliersi le cinture, afferrare con forza le spalle di Hans, scuoterlo con veemenza e fare la stessa cosa con Shani e Tomas.

Quest'ultimo non smise comunque di imprecare e bestemmiare, ma il volume della sua voce era nettamente migliorato.

Kuran gli fece capire di essere in ascolto e il capitano cominciò il suo discorso, aggrappato con difficoltà prima a una sedia, poi a un'altra, alla ricerca di una posizione centrale in equilibrio precario.

«Ascoltate, l'atterraggio non è andato a buon fine. Ripeto: l'atterraggio non è andato a buon fine.»

«Ma dai, cazzo! Non l'avevamo capito!» rispose Tomas stizzito.

«Se non taci, sarò costretto a strapparti la lingua a mani nude. Tanto quella per la missione non ti serve.» Attraverso la visiera il suo sguardo era così feroce che Murphy temette che stesse parlando sul serio. Si acquietò.

«Siamo atterrati in mare.» proseguì il capitano. «Come faccio a saperlo? Ho già fatto la simulazione. Era previsto un atterraggio di fortuna o con previsioni erronee, quindi niente panico. Abbiamo una scialuppa d'emergenza.»

La navicella compì un altro giro su se stessa, spinta dalle onde. Ulrik si aggrappò al sedile di Eva e si rese conto che la ragazzina era svenuta. Il panico lo fece trasalire. Le prese il polso e spinse il pollice verso l'interno, cercando la vena cefalica. Lì sentì, con sollievo, il pulsare del sangue.

«È viva.» I compagni non erano né sollevati né particolarmente felici.

Hans gli chiese cosa avrebbero dovuto fare.

Ulrik cercò allora, negli zaini sotto i sedili un borsone rosso. Kuran fece il gesto di slacciarsi la cintura per aiutarlo, però il comandante lo fermò con un cenno.

«Tenete le cinture, è pericoloso. Ci penso io. Resistete.»

In silenzio, il gruppo osservò il ragazzo, alto e muscoloso, accovacciarsi sotto i sedili e venire spinto di volta in volta a destra, a sinistra, avanti e indietro. Si aggrappò con fatica ai braccioli, per sfilare un'enorme borsa vermiglia da sotto il sedile di Eva. Estrasse un gommone sottovuoto e due minuscoli remi, e lo stese, meglio che poteva, sul pavimento.

«E come lo gonfiamo?» chiese Hans, il volto sempre più incredulo.

Ulrik si tolse il casco

«No! Non è sicuro! Rik! Non puoi, l'aria potrebbe essere tossica! Potrebbe non esserci ossigeno qua dentro, non riuscirai mai a gonfiarlo da solo!»

«Hai qualche altra idea?»

Più che un gommone sembrava un enorme materassino.

Dovettero aspettare che il mare si calmasse. Ulrik aprì il portellone con una leva e lo calò in mare il canotto, legato a una cima.

Solo allora fece slacciare le cinture ai compagni.

Hans si tolse il casco malvolentieri, il semplice fatto che riuscissero a respirare non significava che l'aria non fosse avvelenata.

Tomas ripeteva, senza sosta, tra sé e sé: "È un suicidio, è un suicidio, è un suicidio." Un mantra caustico che avrebbe forse dovuto placare la sua angoscia. Di sicuro aumentava quella dei compagni.

Ulrik levò il casco di Eva, provò a chiamarla in ogni modo e alla fine la svegliò con uno schiaffo, che gli sfuggì involontariamente troppo forte.

La ragazza che giaceva inerme sul bracciolo da più di un'ora si svegliò con il sapore del sangue in bocca.

«Scusami. Dobbiamo andare, non abbiamo più tempo!» La tirò a sé e la caricò in spalla, come fosse uno zaino.

Eva si divincolò, cercò di lottare ma era senza forze, le braccia e le gambe intorpidite, la gola secca e un fortissimo mal di testa.

«Calmati, okay? Salteremo insieme. Non avere paura.»

Eva sembrò svegliarsi solo allora, strillò con tutto il fiato che aveva in gola che non voleva scendere e si buttò contro il muro, a peso morto, quando vide il mare nero e il materassino rosso su cui i compagni stavano di volta in volta saltando dalla navicella.

«È solo acqua!»

Ulrik cercò di afferrarla, come fosse un gattino impaurito da portare in salvo.

«Lasciami, io non vengo! Co-cos'è quello?»

«È acqua. Siamo atterrati in mare. Atterraggio sbagliato. Evangeline, ti prego, dobbiamo uscire da qui. Se la navicella si capovolge imbarcherà acqua e annegheremo!»

«Non so nuotare!»

«Ci penso io.»

«No!» Il suo voltò si riempì di lacrime disperate.

Ulrik riuscì ad avvicinarsi, approfittando del continuo ballonzolare degli assi. La sua morsa di ferro spaventò ancora di più la ragazzina che cominciò a piangere e protestare con maggiore intensità.

«Calmati, okay? Calmati! Dobbiamo saltare, non abbiamo tempo, sono tutti a bordo. Devi fidarti di me, non lascerò che ti accada nulla.» Eva si gettò di nuovo dalla parte opposta a quella del suo presunto aggressore, tirando con tutto il suo peso il braccio intrappolato.

"Sembra una bambina capricciosa", pensò Ulrik.

Forse fu per una distrazione momentanea, forse un'onda particolarmente violenta, forse la stanchezza e il panico crescente, fatto sta che il capitano perse l'equilibrio, dopo averlo mantenuto per così tanto tempo prima che la ragazza si svegliasse. Cadde a terra, sopra di lei. La navicella, spinta sempre più al largo, ricominciò a girare vertiginosamente su se stessa.

Eva non aveva mai visto degli occhi così severi. Nemmeno quelli di sua madre. Il cuore le cedette mentre sentiva il peso di quel ragazzo che lottava per rialzarsi.

Troppo tardi.

L'acqua cominciò a entrare dall'apertura. Prima fu solo qualche spruzzo, poi intere ondate. Il livello aumentò in modo repentino. Eva non aveva più voce per gridare, tantomeno le forze per lottare.

Ulrik ne approfittò, la strinse forte tra le sue braccia e si arrampicò a fatica verso il portellone, lottando contro la corrente, che lo ricacciava indentro. Fece un salto, con la ragazza ancora in grembo, e si tuffò in mare aperto.

«Perché ci avete messo così tanto?» Shani era bagnata fino all'osso e li fissava in cagnesco.

«Non siamo riusciti a recuperare tutti gli zaini, solo lo stretto indispensabile» lo informò Hans, indicando le cinque enormi borse che occupavano buona parte del gommone.

«Comunque non ci sarebbe stato spazio per il resto» rispose pragmatico Ulrik, mentre spingeva con le braccia Eva verso la loro scialuppa di salvataggio. La ragazza fece fatica a staccarsi dal suo collo, ancora terrorizzata e ora anche ammattita dal freddo. Hans fu l'unico a porgerle una mano per aiutarla.

Ulrik salì in fretta senza quel peso addosso.

Eva provò l'impulso folle e incontenibile di fuggire ancora tra le sue braccia, al sicuro. Le onde si infrangevano addosso ai corpi, il gommone era in balìa dei cavalloni, sembrava un giocattolo, li avrebbe presto portati alla deriva. Non aveva più niente a cui aggrapparsi ma si contenne. Un nuovo e strano malessere la pervase. Un giramento di testa, un brivido freddo lungo la schiena, la fronte le si imperlò di sudore: iniziò a vomitare l'anima in mare, aggrappata con tutte le sue forze ai bordi viscidi del canotto.

Questa fu quasi la sua salvezza: la nausea terribile non le permise di guardarsi attorno. Uno spettacolo agghiacciante, a cui forse non sarebbe sopravvissuta.

Attorno a loro, c'era solo acqua, fino all'orizzonte. Acqua nero pece, agitata, salata, che si increspava, sciabordava e tornava a infrangersi contro il canotto, direzionata non si sa dove. Acqua per chilometri e chilometri, illuminata solo dalla flebile luce di uno spicchio di luna, un satellite ormai dimenticato dai cittadini delle arche, che la scorgevano di rado durante le sue orbite.

«Cos'ha?» chiese Shani, disgustata. Anche la sua attenzione cercava di focalizzarsi solo sul qui e ora, su quel piccolo rettangolo in cui si erano tutti ritrovati, straordinariamente sani e salvi. Nessuno volgeva lo sguardo verso il vasto spazio circostante. Nessuno alzava gli occhi apposta.

«Mal di mare» le rispose Hans. «Lasciala stare, si deve solo abituare.» Poi si rivolse al capitano. «E adesso?»

«Adesso remiamo.»



➳ Ciao a tutti!!! Bentornati sulla Terra ;) Scrivetemi cosa ne pensate di questo sbarco turbolento! ♡

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Copertina fatta da me Banner di ¶Sequel di Ventiquattr'ore 1 e Ventiquattr'ore 2 - Sins Ultimo della trilogia Ventiquattr'ore¶ Inizio:??/??/?? Fine:...