Anime Affini

Por Mikki2298

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(COMPLETA) Inghilterra, 1880. Vincent Jenkins 猫 un giovane borghese tormentato da un oscuro passato. Freddo e... M谩s

Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo sedicesimo
Capitolo diciassettesimo
HAIKU di @DeliLahLou89
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventitreesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo trentaquattresimo
Capitolo trentacinquesimo
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

Capitolo decimo

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Por Mikki2298

Il pranzo sembrò interminabile mentre la discussione si accese particolarmente quando, durante l’ultima portata, arrivarono a toccare il problematico tema della povertà, che di giorno in giorno non faceva altro che crescere ed era argomento di continuo dibattito.

«L’East End è la macchia di Londra ed il quartiere di Whitechapel è la macchia dell’East End.» sentenziò infine il signor Wilkinson dopo un interminabile discorso su eventuali riforme politiche, «La criminalità e la povertà in quella zona hanno raggiunto livelli non più indifferenti. Ormai nessun uomo perbene dovrebbe più avvicinarsi a quell’area.»

Vincent osservò Thomas che a sentire quell’affermazione abbassò timidamente la testa, come per nascondere la vergogna di aver frequentato assiduamente quei luoghi malfamati e avervi comunque trovato pace e serenità, molto più che in luoghi rispettabili.

«Vi è troppa differenza tra l’East End ed il West End: è questo il vero problema!» affermò con tono di voce alto la signora Agnés e, dopo essersi pulita le labbra frettolosamente con il tovagliolo, continuò in modo solenne: «Il fatto è che la ricchezza crea altra ricchezza e la povertà crea altra povertà; finché il mondo non troverà una soluzione a questo eterno divario non vi sarà una via d’uscita per quelle povere anime.»

«Se tutto il mondo fosse West End non vi sarebbe nulla di interessante!» esclamò squillante l’artista, «Il mondo ha bisogno di differenze; vi sono intrattenimenti che i ricchi e la loro morale non sarebbero mai in grado di dare!» aggiunse sogghignando sotto ai baffi scuri.

«Cosa intendete?» domandò Agnés.

«Parla del problema della prostituzione.» affermò il signor Hughes.

«Le prostitute sono buone compagnie e vere e proprie opere d’arte», rispose il signor Henry divertito, «Ne ho dipinte giusto due questo mese! Non avete idea di quale meraviglia ho avuto davanti agli occhi, miei signori: hanno posato completamente nude!»

«Tacete, per carità!» esclamò il signor Wilkinson scuotendo il capo contrariato, e aggiunse: «Offendete le nostre signore a parlare in questo luogo di tali oscenità!»

«Oscenità!» ripeté indignato l’artista, «Si vede che siete un bigotto che non capisce nulla d’arte! L’artista è una delle creature che più si avvicina a Dio, ha il compito di plasmare e dare ulteriore forma a ciò che è stato creato, di catturare su tela cose belle: se il Signore ci ha concesso qualcosa di tanto meraviglioso come il corpo femminile perché non rappresentarlo in ogni dettaglio? Meno male che vi sono queste buone signorine pronte a spogliarsi!»

Lo sguardo del signor Wilkinson rivolto al signor Henry Campbell si fece di fuoco, e la moglie e la figlia stettero entrambe immobili ed in silenzio. Vincent sorrise nell’osservare tale discussione, come se l’aver messo due personalità opposte allo stesso tavolo lo divertisse.

«Calmatevi, signori miei.» interruppe dopo poco Vincent battendo le mani sul tavolo per attirare l’attenzione, «Non siamo qui riuniti per discutere di un argomento tanto irrazionale e difficile come l’arte, lasciamo ai critici la parte tecnica! Un’opera d’arte non apparirà mai allo stesso modo ad individui differenti, se così non fosse è perché la si guarderebbe solo con gli occhi, dunque ora lasciate le vostre sublimi interpretazioni nelle vostre illustri teste.»

Il signor Wilkinson si ricompose voltando lo sguardo sul giovane Vincent mentre il signor Campbell fece ancora una smorfia di divertimento, aggiudicando a sé stesso di essere nella ragione. Ci furono alcuni minuti di silenzio che vennero interrotti con poche parole da Emily Winspeare, la moglie di Thomas, che affermò con un’espressione addolorata: «Se vi sono così tante cose brutte è proprio per la troppa povertà, dev’essere una condizione tremendamente umiliante.»

«Provo compassione per quelle anime.» aggiunse rapido il marito per appoggiarla.

«Umiliante, sì!» esclamò il signor Wilkinson, «La povertà è come una terribile condanna; ma per quale reato?» aggiunse facendo sempre riferimento al tema politico e giudiziario.

«A tutto vi è sempre una spiegazione; solo non ci è sempre dato averla.» affermò il signor Edgar Hughes con fare enigmatico e con suo solito tono pacato.

Sophie rimase ad osservare quelle persone che parlavano di povertà senza sapere davvero di cosa stessero parlando, ignare di tutto nel loro benessere. Quando stette per aprire bocca a proposito notò Vincent con un’espressione di disappunto.

«Signor Jenkins, voi cosa ne pensate?» la precedette nel domandare la signora Agnés notando anche lei la disapprovazione del giovane.

«Non credo che la povertà sia umiliante», rispose Vincent, «Lo è solo quando priva un soggetto di libertà. Non vi è nulla di più umiliante di non poter disporre di sé stessi secondo il proprio libero arbitrio; dunque per me la libertà d’agire e di esprimersi è la vera ricchezza, nessuna creatura di Dio dovrebbe mai esserne priva. Sotto questo punto di vista il ceto povero è spesso più ricco dei ceti elevati.»

«Che teoria deliziosa!» esclamò la francese battendo le mani, e continuò dicendo: «È per questo che mi piacete tanto, signor Jenkins! Voi siete dotato di una mente sensibile! Se solo fossi stata più giovane!»

«O io più vecchio.» rispose Vincent sorridendo.

«Oh, no!» sbottò la donna, «Non vi è nulla di più bello dell’innocente giovinezza! Quando si è fanciulli tutto ha un sapore diverso, tutto è bello! I vecchi invece hanno la mente oscurata da troppe conoscenze, questo li rende ciechi alle sottigliezze della vita!»

«Così state elogiando l’ignoranza.»

«Lo sto facendo? Credo di sì! Una mente vuota è davvero adorabile! Questo perché è ancora aperta ad ogni sfumatura della vita! Non lo pensate?»

«Posso dire di tollerare l’ignoranza, ciò che non sopporto è invece la stupidità; se dovessi fare un paragone direi che la prima è un vaso da riempire e la seconda anche, con la differenza che è un vaso bucato.» disse Vincent, la signora Bourgeois rimase un attimo in silenzio a fissarlo.

«Un’ignoranza da riempire però è anche pericolosa!» affermò Sophie intromettendosi e facendo uno dei suoi soliti sorrisi.

«Affermazione corretta, mia piccola Sophie!» esclamò compiaciuto Vincent puntando l’indice contro la ragazzina. «Se affiancata alla stupidità può essere riempita da cose sbagliate; per voi non vi sarà mai rischio perché siete ignorante ma intelligente.» aggiunse dandole una carezza sulla spalla.

«Exactement!» esclamò alla francese Agnés dopo un attimo di esitazione e poco dopo aggiunse con un’altra sorta di applauso: «State istruendo a dovere la vostra pupilla, siete eccezionale, signor Jenkins!» Vincent rispose alla donna con un bel sorriso e presto trovò l’approvazione dei presenti alle proprie parole.

Terminato il pranzo iniziò una lunga serie di giochi che intrattenne gli ospiti. In particolare una o più persone si cimentarono nei famosi Tableau vivant, ovvero si misero immobili  senza dire una parola a rappresentare una scena o un quadro famoso mentre gli altri partecipanti dovevano riuscire ad indovinare di cosa si trattasse. Sophie decise di non partecipare ma di rimanere comunque a guardare siccome non conosceva le opere rappresentate e per lei sarebbe stato impossibile indovinare, però pensò comunque che potesse essere una visione divertente e costruttiva. Al termine del gioco i signori si sparpagliarono a gruppi nella sala a chiacchierare, in attesa che i servitori concludessero in bellezza la serata con dei fuochi d’artificio. Vincent si mise davanti alla finestra a discutere con Thomas e la moglie.

«Avete fatto un’opera davvero generosa ad adottare la piccola Sophie. Sapevo che eravate una persona buona.» mormorò Thomas cercando di non far intendere ad Emily che la conoscesse.

«Sophie è buona.» rispose Vincent fumando una sigaretta.

«Non ne dubito!» esclamò Thomas sorridendo.

«Come procede il vostro matrimonio?» domandò Vincent espirando del fumo. Thomas abbassò leggermente lo sguardo, come se l’argomento gli desse ancora preoccupazione, ed osservò la moglie a lui vicina che però sembrava non ascoltare e pensare ad altro.

«Bene, suppongo. Non ho esperienza su cui fare paragoni!» rispose infine il giovane con una risata sforzata. 

«Capisco. Siete una bella coppia.» affermò Vincent sorridendogli.

Thomas sorrise imbarazzato e poi disse: «Vado a prendere qualcosa da bere, credo che la serata sarà ancora lunga e sento la gola un po' secca!» Con tale scusa si allontanò per sviare l’argomento, Vincent lo fissò mentre tra la strada da lì a prendere la bevanda si fermò a parlare con Sophie che si trovava su un divanetto.

«Signor Jenkins», richiamò la sua attenzione Emily che gli era rimasta accanto, «Volevo dirvi che ho apprezzato le vostre parole a tavola, quelle che facevano riferimento alla libertà.» disse. Vincent voltò lo sguardo su di lei ed inspirò del fumo. La donna dopo alcuni istanti aggiunse: «Credete che quelle parole possano essere valide anche per una donna?»

«Una donna non è forse una creatura di Dio?» rispose Vincent. Emily lo fissò intensamente coi suoi occhi verdi, dopodiché abbozzando un sorriso annuì.

Passarono alcuni minuti di silenzio poi la donna parlò nuovamente dicendo: «Mi rendo conto di aver parlato a sproposito a tavola.»

«Quello non era il vostro pensiero?» domandò Vincent.

«No. In realtà non penso che la povertà sia umiliante; volevo solo dire qualcosa e fare bella figura.» rispose facendo un sospiro, «In verità non mi interessa. Anche domani, parteciperò al Boxing Day e donerò beni ai poveri, ma non mi interessa. Lo faccio per la società ma non mi interessa nulla, capite? Non è la pietà il sentimento che provo quando mi trovo di fronte alla povertà, non provo nulla! Anzi ciò che mi invade la testa è malvagio ed egoistico, li guardo e la prima cosa che penso è che sono felice di non essere al loro posto! Sono tanto sbagliata? Credete che io sia senza cuore? Che questa mia visione sia un difetto intollerabile?»

«Sì, avete un grande difetto comune a molti: siete umana.» affermò Vincent.

«Cosa intendete dire?»

«Che in questo momento non sto più parlando con una bambola della società. State esponendo il vostro pensiero, giusto o sbagliato che sia, non vi sentite più libera?»

Emily annuì con vigore «Sì, signor Jenkins!» sbottò «Io penso, penso un sacco di cose! Ma, Dio mio, non posso mai dire nulla! Davvero non siete disgustato da una donna che pensa? Non sono ora una disgrazia per la società a credere di poter pensare come un uomo?»

«No, affatto. Pensare è vostro diritto e dovreste approfittarne. Mi piacciono le persone che pensano.» rispose sorridendo.

La donna arrossì lievemente, «Siete diverso da chiunque altro, signor Jenkins. Voi mi state trattando come una vostra pari!»

«Se non fosse per i nostri corpi saremmo tanto diversi?»

Emily a quelle parole prese una mano a Vincent in una stretta forte anche se tremolante, come per tenerlo legato a sé. «Ora mi batte forte il cuore, sento che con voi posso parlare senza limiti, posso essere me stessa. È strano, non riesco a spiegarlo, mi sento euforica e mi chiedo se non sia perché abbia bevuto troppo a pranzo! Ma, mi chiedo, se continuassi a parlare voi mi ascoltereste?»

«Fino alla fine.»

«Era ciò che speravo!» esclamò la donna, «Mi state facendo sentire felice!»

«Forse è questa la libertà.» rispose Vincent.

«Voglio essere libera!» aggiunse la donna sorridendo, in preda all’energia del momento.

«Siatelo!» affermò Vincent stringendole la mano.

Dopo alcuni minuti la servitù invitò i presenti ad uscire in giardino per poter vedere i fuochi d’artificio. Ognuno fu occupato a coprirsi con pesanti cappotti per proteggersi dal freddo. Sophie era parecchio stanca ma non poteva permettersi di andare a riposare prima dell’ultimo importante evento  della giornata. Guardandosi attorno notò che mancava Vincent così lasciò gli ospiti che stavano uscendo e si addentrò nel lungo corridoio, ad attirare la sua attenzione fu la luce offuscata che proveniva da una porta socchiusa; si avvicinò a passo lento e silenzioso ad essa da dove poté sentire dei gemiti, quando osservò al suo interno vide Vincent nudo sopra ad una donna dai capelli castani che riconobbe qualche istante più tardi: era la moglie di Thomas.



NOTA DELL'AUTRICE:

Mi scuso per non aver pubblicato mercoledì scorso! Ma il troppo caldo mi ha fuso il cervello così ho preso una settimana di pausa...

In ogni caso finalmente il capitolo è qui con un finale un po' particolare! Quale sarà la reazione di Sophie dopo ciò che ha visto?

Fatemi sapere cosa avete pensato del capitolo, la vostra opinione per me è sempre molto importante!

Come sempre ringrazio di cuore tutti coloro che sono arrivati fin qui e che continuano a sostenere questa storia! Spero possa continuare a piacervi!

Un bacio

Mikki ❤

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