QUANGLE. La libertà di sparire

By FlavioJack

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Timothy è un ragazzo introverso ma eccezionalmente brillante. La sua stessa genialità rischia tuttavia di con... More

1. Un ragazzo speciale
2. La fuga
Capitolo 4: Scalette di metallo
5. Mattoni rossi
6. Gelido fulmine
7. Roma
8. L'acqua non cade su di noi
9. Dignità di uomo
10. Momenti di ordinaria infelicità
11. Rampa di lancio
12. Momenti di infelice ordinarietà
13. QUANGLE
14. Onniscienza
15. Un mostro dalle tante zanne
16. Sensi di colpa
17. L'indizio della luce
18. Che l'abito non faccia il monaco
19. Bollito di manzo
20. Eureka

3. "Ce la faremo"

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By FlavioJack

Quella giornata era un fiume di emozioni, non c'era bisogno di dare adito alle parole in quella chiarissima confusione. Le espressioni, gli sguardi, i gesti parlavano già abbondantemente da sé. È facile descrivere un'ingiustizia, è relativamente facile parlarne, ma essere protagonisti passivi di un'ingiustizia e dover lenire il dolore di averla subita, quello è realmente difficile. Frank diede uno sguardo al tabellone dei voli internazionali alla ricerca di quella destinazione. Si sforzò di alzare la testa. Un volo per Londra delle 15:27, un altro per Budapest... non importava. I cuori sfranti, le membra deboli ed un'improvvisa tentazione di finire tutto lì una volta per tutte. Alla frequente domanda:"Cosa mi spinge a proseguire?" ora nessuno dei due avrebbe potuto rispondere né trovare un senso. Chris si lasciò cadere su una panchina, si protrasse in avanti, chinò il capo e strinse con forza con entrambe le mani quella folta chioma di capelli. Poi le lacrime irruppero senza dare conto a nessuno e scesero su quel volto giovane ed innocente marchiandolo così come lo aveva marchiato Lagos, così come lo aveva marchiato la società, come lo aveva marchiato il mondo. Forse non era pronto per vivere così. Frank era già vicino a lui, si faceva forza, fingeva di non soffrire per non far soffrire Chris mentre gli stringeva l'avambraccio sulla spalla: "Ce la faremo. Te lo prometto".

Un viavai continuo di turisti, uomini con completi di tutto punto, donne e bambini si riversava e si rifletteva nella spaziosissima vetrata di fronte a loro che sembrava essere la fonte di quella matassa indistinta di rumori. Poi un voce limpida e metallica risuonò con vigore: "SIGNORI E SIGNORE, BUONGIORNO, INIZIAMO L'IMBARCO DEL VOLO 3592, PARTENZA PER BOSTON, ATTRAVERSO L'USCITA DI IMBARCO NUMERO 13...". Frank si alzò di scatto, non era il momento di perdersi in lamenti e lacrime, ne era perfettamente a conoscenza la sua indole pragmatica. Tese la mano a Chris e lo guardò con aria comprensiva e simultaneamente speranzosa. Sembrava ancora profondamente straziato mentre alzava e mostrava il viso smorto e cadente bagnato dal pianto. Ma la determinazione di Frank lo scosse per un attimo. Vide quel volto che amava coperto d'energia e determinazione e si sentì trasalire al solo pensiero di non poterlo più offrire alla propria vista se non dietro ad una cella. "Dobbiamo andare subito, altrimenti..." Frank non ebbe il tempo di finire la frase che Chris era già in piedi rigido e si apprestava a muoversi in ricerca dell'uscita di imbarco con in viso un ghigno di vendetta che avrebbe terrorizzato il più temerario dei serial killer. Ora era Frank a seguire i movimenti del compagno in preda prima allo stupore e poi al compiacimento per la pronta reazione. Eccola lì l'uscita 13. 'Che possa essere il nostro nuovo inizio'. Avanzò a passo spedito e nutrì il cuore con grande conforto quando la vista cadde su quella scritta: FLIGHT TO BOSTON. Era giunta l'occasione di tornare a casa finalmente e gettare nel dimenticatoio la brutta parentesi in Nigeria, benché sarebbe stato impossibile cancellare i profondissimi segni che essa ormai aveva inevitabilmente scolpito. Eppure dimenticava qualcosa... Avanzarono ancora districandosi agilmente dalla folla con qualche leggera smanacciata qua e là, mentre il bancone giallo limone con la scritta 'GATE 13' si ingrandiva sempre di più prospetticamente. Frank avvertì qualcosa al petto, forse una fitta leggera e un improvviso senso d'ansia. Alzò gli occhi squadrando il soffitto regolare dell'ala dell'aeroporto e corrucciò leggermente le sopracciglia. Aveva dimenticato chi fosse l'artefice di quell'inferno, chi lo ha reso possibile. Sentì per un attimo il respiro irregolare, poi annaspò e pensò di cadere, ebbe un senso di vuoto, ma le gambe ripresero a tenere il ritmo serrato della marcia. Ancora una fitta al petto, il rimorso era sceso senza preavviso, come una pioggia di falde di fuoco e pian piano finiva di devastare ciò che il mondo aveva già distrutto. Ma l'imminente bisogno di rimediare si catapultò nell'animo di Frank con ancor più caparbietà. Rimaneva solo una cosa da fare: uscire dall'Inferno. "Ce la faremo" disse con tono flebile. Poi stramazzò a terra.

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